“PRETIOPERAI QUALCHE ANNO DOPO”
Convegno nazionale 1989
Interventi personali (6)
Questa comunicazione, pur portando le tracce di quello che io sono, esprime un tema di fondo unificante che accomuna tutto il gruppo di Milano. Essa è fatta quindi anche a nome di Bersani, Consonni, Sommariva.
Una parabola
È un episodio avvenuto nella fabbrica in cui io lavoro.
Tre fabbri stanno lavorando al premontaggio di un grosso componente per centrale a carbone. Un lavoro che impone condizioni di lavoro particolarmente penose.
Arrivano alcuni dirigenti aziendali con una équipe di fotografi.
I lavoratori, sporchi e sudati, vengono fatti uscire dal pezzo: si chiede loro di ripulire il posto da tutti gli elementi di disturbo: via scale, tiranti, mole, saldatrici, mazze, cannelli…
Da ultimo vengono fatti spostare anche loro e vengono sostituiti da tre giovani indossatori, freschi e contenti, con tute nuove fiammanti. Si accendono i fari… e si fotografa la menzogna.
In qualche parte del mondo qualcuno sta guardando i patinati dépliants dell’Ansaldo che reclamizzano il prodotto e ingannano il mondo sul modo di produrre.
Ma io che in quell’angolo di reparto in cui si è consumata la menzogna c’ero e ho visto, non ho avuto alcun dubbio su cosa era doveroso fare.
Una spiegazione
— Nella vita si fanno scelte che mettono in gioco idee e ipotesi. Scelte di questo tipo sono facilmente adattabili alle variazioni del clima culturale dominante o ai progressivi spostamenti dei rapporti di forza e di potere.
Sono le scelte degli intellettuali, dei “chierici” di ogni tempo e di ogni sponda. Quelli facili a tradire. Quelli che “come sacchi vuoti, quando soffia il vento si gonfiano pomposamente e quando il vento cala te li ritrovi tra i piedi come stracci ammosciati ad intralciarti il cammino“.
— Il giorno in cui io ho deciso di collocare il prete-che-ero nella condizione materiale di operaio, avevo la sensazione che questa non era una di quelle scelte di cui sopra. Qui ci mettevo in gioco anche il mio corpo.
È da 14 anni che, tutti i giorni, 8 ore al giorno, in un angolo di un vecchio, polveroso, rumoroso capannone io espongo il mio corpo a questa sfida. E da 14 anni sto ancora tentando di ritessere, con un corpo così segnato, uno sguardo nuovo sul tutto. Questo è l’unico modo di pensare che attingo dalla condizione operaia.
— Sento che in questi anni molte vicende e molti cambiamenti sarebbero avvenuti. E che diverse sono le strade che ciascuno di noi ha percorso.
In questi anni è accaduta una “cosa”, scientificamente perseguita, che non è possibile che i nostri corpi collettivi non abbiano puntualmente registrato. lo confesso senza tentennamenti che in questi anni il mio corpo non ha minimamente smesso di inviarmi gli inalterati messaggi dell’aggressione che subiva. Anzi.
Questa “cosa” avrebbe dovuto avere in noi delle inesorabili e spietate sentinelle. Soprattutto di fronte all’imperversare di una cultura dominante finalizzata a nasconderla e a mistificarla. Vorrei che prima di tradurre in parole, le solite naturalmente, questo “evento” (cosa che scatenerà le prevedibili difese e diffidenze ideologiche!), esso aleggiasse almeno per un attimo su questa assemblea: con tutta la sua pesante presenza di sofferenza e di sudore.
Ci sono appuntamenti storici che se vengono traditi, rendono false tutte le altre problematiche. L’appuntamento epocale con questo evento noi PO non lo possiamo mancare: le domande sul sacerdozio, sul mandato, sull’evangelizzazione… fuori dall’immersione in questo crogiuolo storico, dimostrerebbero che non basta aver cambiata la pelle per perdere gli antichi vizi.
Lo riassumo con una domanda: dove siamo stati, dove siamo, dov’è ciascuno di noi sul fronte della lotta e della ribellione contro il permanere e l’inasprirsi dello sfruttamento e del dominio sulla classe operaia?
Uno strumento di lavoro
Come contributo a questa verifica noi offriamo una raccolta ragionata di fatti. Da anni raccoglievamo in apposite cartellette tutti i fatti che stavano prefigurando un furibondo attacco materiale e ideologico alla classe operaia.
In occasione di un incontro con il cardinal Martini ne abbiamo raccolto alcuni in un libro per offrirgli un angolo di visuale sostanzioso “.
Questo è lo strumento di lavoro che offriamo: ” Per una analisi della condizione operaia dal punto di vista dello sfruttamento. Alcuni cenni di documentazione ragionata sul regresso sociale in Italia” (Ediz. Cooperativa di Cultura Popolare Don Lorenzo Milani).
La griglia da noi usata per raccogliere il materiale potrebbe essere fruttuosamente arricchita da ciascuno: dal suo angolo di visuale.
La citazione con cui concludo
“Viene da molto lontano questo bisogno di nascondere la vita reale di coloro che producono.
Chi apprezzerebbe le purissime forme della scultura greca se venissero rievocati nel suo pensiero il sudore, la saliva, il rumore ossessivo degli schiavi che trascinavano incatenati i pesanti blocchi di pietra?
Anche oggi.
Il momento produttivo è riconosciuto da tutti come fonte della ricchezza: quella grande dei pochi e quella modesta e salatamente pagata dei molti.
Questo basta per legittimare nel silenzio i principi “razionali” che lo fanno funzionare… e i ripugnanti effetti secondari che esso si porta dietro e che originano tante sofferenze individuali e collettive.
La luce abbagliante del progresso e del consumo ha superato Fidia nell’oscurare il tanfo terreno della produzione. E quando non bastano più le mura delle fabbriche a proteggere l’oscenità del tormentato tragitto dalla materia prima al prodotto… allora essa viene celata dalla dispersione, dalla tortuosa geografia del comando, dalle immagini propinateci dalla mitologia postindustriale.
Ma le vite spremute, senza alcun complimento, dagli ingranaggi della produzione non sono sparite.
E’ scomparsa la voce che questo denunciava.
E’ scomparso il suo ascolto.
Chi ha interesse nell’epoca della fabbrica socialmente invisibile a prestare attenzione alle sevizie a cui è sottoposta una “razza in via di estinzione”?
Questa favola dell’operaio e della fabbrica scomparsi, servirà a conservarceli entrambi, in vecchie e nuove forme, per i secoli dei secoli. Amen”. (Marco Bascetta)