“IL VANGELO NEL TEMPO:
SENSO DI UNA VITA”
Incontro nazionale PO / Viareggio, 28-30 aprile 2000

Interventi




(A seguito delle prese di posizione e alle affermazioni
fatte dal Sindaco di Treviso Gentilini sugli immigrati …“leprotti a cui sparare”).

 

Mi sono augurato in questi giorni, che solo la mia lontananza da Treviso, mi abbia fatto sfuggire una qualche sua reazione alle dichiarazioni del Sindaco Gentilini. Qualcuna, già nota, è presente nell’articolo che le accludo, altre sono state fatte alla trasmissione “Circus” di martedì 8 febbraio. (“…truppe alle frontiere… basta con i buffetti… ci vogliono i pugni, solo chi ha casa e lavoro può entrare… perché, cosa vuole, che uno che è stato rincorso da leoni e ha rincorso gazzelle, possa essere pronto alla catena di montaggio?…”).
Come mi sono vergognato di essere trevigiano, anche perché, gente lontana mi ha telefonato facendomi vergognare come un verme; e come si sarà vergognata la città di Treviso, con tutta la sua storia, con tutti i suoi morti, uccisi sì dagli alleati, ma dentro una realtà di regime fascista (concordatario) e nazista che tutti condizionava.
Le rubo due minuti per dirle anche la mia vergogna di essere cristiano, infatti questa non è politica, è morale; come morale è il conflitto di interessi che sta squassando e avvelenando le virtù e l’impegno democratico di ciascuna persona, senza i quali tutte le altre virtù cristiane e cerimonie religiose sono vane.
Dire che il sindaco Gentilini è stato eletto, ed esprime le idee della nostra cosiddetta “gente veneta”, è ancora più grave: indica che il cancro è in metastasi. Ma se si permette al primo cittadino di dire certe cose, ognuno si sentirà legittimato a ritenerle “idee normali”) che forse prima esprimeva in boutades, di cui poi vergognarsi un po’. Per questo mi sembra urgente fare qualcosa.
Non mi dica che la chiesa fa già tanto… Qui, purtroppo, non si tratta di solidarietà, in cui è vero che la Chiesa fa tanto. Magari fosse questo!
Qui dobbiamo dire che il dato nascosto alla maggior parte è che questi non sono “immigrati”, cioè non vengono da nazioni dove le loro economie hanno una qualche indipendenza. Essi vivono con economie completamente condizionate dalle nostre economie (il petrolio della Nigeria, non è dei nigeriani!). Essi non ci stanno colonizzando, non sono in casa nostra come noi siamo in casa loro, e occupiamo e sfruttiamo le loro risorse, e portiamo fabbriche dove gli operai del posto sono pagati una miseria, e così il prodotto può essere rivenduto con grossi profitti. Questa è economia? Questa è politica? Sì! Ma tutto ciò per un cristiano è religione, perché il Vangelo e la sua forza profetica parlano proprio di cose del genere.
Non creda che io pensi a chissà quali cose lei dovrebbe fare, e non io.
È che, studiando la storia recente, si vede che chi accettò il fascismo e il nazismo, e tutte le altre dittature, erano persone come noi. La loro pericolosa complicità, che fu poi causa di massacri immani, era qualcosa di quotidiano e normale, che conviveva con le solite cose di vita umana e religiosa. C’è anzi da supporre che la vita di un tedesco, dal 1943 al ’45, fosse più confusa e stordita, a causa di propagande incalzanti, e quindi più scusabile della nostra, nella quale niente accade. La mia paura è, che da qui a 50 anni, troveranno noi complici di cose orribili, come noi troviamo i tedeschi, complici delle cose orribili dei loro anni. Noi non abbiamo visto, esattamente come loro.
Di fronte a questo pericolo sento vane le mie preghiere e la mia fede, come fossero qualcosa della quale non sono degno. Non so dei tempi passati, ma confesso che, se oggi celebrassi la Messa, non oserei andare avanti oltre la prima parte, quella del chiedere perdono, per questo intrico di violenza sui cosiddetti “immigrati”, dei quali si osa dire che avrebbero dei debiti nei nostri confronti. Sento sciocco anche il Giubileo, perché non ho capito di quali peccati dovrebbe perdonarci. Oggi i preti hanno preso l’andamento di condonare un po’ tutto. Di quali peccati dovremmo essere perdonati?
Lei signor vescovo, sa che quasi tutta l’economia del Nordest è fondata sul lavoro nero? Eppure tutti, padroni e operai, sono perdonati.
Talvolta penso che noi dovremmo rifiutare di essere perdonati. Come ex lavoratore sono contento del giubileo per il lavoro che porta; ma per il resto, mi pare che siamo di fronte a Dio belli e puliti, mentre non è così. A volte, guardando la TV con amici, ho un soprassalto di fronte a manifestazioni così spettacolari, anche del Papa. Mi sembra impossibile che tutto il patrimonio così grande, presente nel Vangelo, che un po’ a tutti fa paura aprire, sia finito così. Come avete sbagliato, voi Vescovi a trasformare il fatto cristiano e la chiesa in un continuo cantare, battere le mani, inchinarsi, fare festa, sodalizzare, mischiando la fede alle sagre, alle cooperative cristiane, a tutto questo spettacolo del Papa, che è vecchio, che avrebbe diritto ad un po’ di pace, e che invece (complici anche le sue manie presenzialiste) è sfruttato industrialmente dallo spettacolo.
Io so che tante cose sono desiderate dalla gente, e so che molte paure dei pastori a muoversi secondo il Vangelo, sono create dalle abitudini della gente. E la gente, nel suo tradizionalismo, è come una melma difficile da smuovere. Ma è anche colpa vostra però. Avete lasciato che i preti diventassero operatori sociali su un mucchio di cose (dalla droga al volontariato, e poi le sagre, i carri mascherati, la gita per le castagne, ecc.). Ora la gente vi mangerebbe se voi le toglieste queste cose, che una qualsiasi associazione civile potrebbe fare. E così tutti i preti si sentono operatori sociali, si sentono “PO” (oltretutto con lo stipendio dello Stato). E di preti che sentano l’urgenza che le verità della fede costituiscano la sostanza della vita, che riguarda il destino totale della persona, e non facciano solo da cornice al servizio sociale, ce n’è ben pochi. Tutte le verità cristiane sono spalmate sui servizi sociali. Si va in chiesa e non si percepisce più uno straccio di “trascendenza”, cioè del mistero di Dio, della sua grandezza, della sua imprevedibilità, della sua gratuità; tutto è chiaro, tutto è alla mano; niente è più da “credere”, tutto è soltanto “cose da fare”. La religione è stravolta dalla politica.
Vorrei invitare i Vescovi a fare come il Sultano, che alla notte si travestiva e, uscendo dalla sua reggia, andava a vedere come vivevano le persone che poi doveva governare.
Travestitevi anche voi e vedete come e quanti cristiani usano la Liturgia per le feste, ma sulla morale fanno quello che vogliono, senza badare a ciò che dice la Chiesa; e così il Papa è molto amato… ma nessuno lo ascolta.
Ritengo sia giusto ripensare al grande tema del “tramonto del cristianesimo inutile”; quel cristianesimo che rivaleggia con la politica per occupare spazi propri, dimenticando invece il suo proprio irrinunciabile messaggio. Forse anche noi PO potevamo fare di più, affinché la vita del prete e la sua testimonianza non fossero considerati una “professione”.
Resta per tutti la grande domanda sull’intreccio tra fede e vita, fra religione e politica, e sulla loro autonomia.

 

Roberto Berton


 

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