SULLA STRADA DEGLI UOMINI E DELLE DONNE
VIVERE L’OGGI… APRIRE L’AVVENIRE
Incontro internazionale PO / Strasburgo, 2-4 giugno 2001


 …APRIRE L’AVVENIRE

Le relazioni conclusive:

1°. gruppi regionali francesi
2°. collettivo di lingua tedesca
3°. gruppo anglofono
4°. collettivo belga
5°. collettivo di lingua spagnola
6°. PO italiani


 

1°. MINIASSEMBLEE DEI GRUPPI REGIONALI FRANCESI

 

PRIMO GRUPPO

 
1. Capire e vivere… tutti con semplicità.
Uno di noi diceva: “Dobbiamo di nuovo tirare in ballo la scuola … sapere e ricevere”.
Nel Vangelo di Giovanni (cap. 4) “Sul bordo del pozzo, Gesù stanco, si era seduto là, con semplicità”. Essere là, con semplicità; è così ordinario che non si sa che cosa dire … e tuttavia…

 
2. Il futuro dipende da noi.
È oggi che inizia e con gli altri:
– nella globalizzazione, con i suoi rischi e le sue possibilità: ciò che germoglia nell’incontro tra le nuove e le vecchie organizzazioni;
– nelle ricerche sul posto e nel significato del lavoro per gli uomini e le donne di oggi, ma tra chi è logorato per il lavoro, tra i precari e gli esclusi ai quali bisogna dare la parola, così pure nella società e nella chiesa, piuttosto che parlare “per loro”;
– nella volontà di essere radicati in popolo, sia per ricevere che per dare.

 
3. Ricerche in corso.
Occorre continuarle, condividerle e farle conoscere. “quello che voi vivete qui è un’onda che si ripercuote ai confini del mondo”, dice un compagno del Giappone. Occorre continuare a incarnare la parola di Dio nelle situazioni umane, perché se uno non parla chi parlerà? Come annunciare con parole umane le parole di Dio? Ci sono ambienti dove noi siamo praticamente i soli a poter dire una parola umana che apre alla tenerezza di Dio.
 
4. Testimoni e operatori in Missione Operaia.
Sono pezzi importanti della ricerca attuale dei P.O. e del suo futuro.
L’intuizione evangelica di questo ministero è una risorsa per il mondo, per gli operai e per la chiesa. E come ogni risorsa: perché non condividerla?
Non siamo in molti in Missione Operaia, militanti laici, religiosi e religiose, diaconi, preti e vescovi per fare chiesa in classe operaia. In altre parole è imparare a pensare collettivamente la missione della Chiesa.

 
5. Il futuro non ci appartiene.
Così pure la libertà delle risposte degli uni e degli altri su ciò che diverranno le nostre esperienze e le nostre ricerche.
Servitori della parola: essa resta tuttavia sempre affidata allo Spirito, che, come si sa, soffia dove vuole. Questo non significa che egli soffi in maniera stravagante, ma che soffia dappertutto.
Si raccoglie sempre ciò che si è seminato prima di noi. È lo Spirito che fa germogliare ed altri raccoglieranno. Gesù lo conferma: “Lo Spirito vi farà conoscere le cose nuove”.


SECONDO GRUPPO

 
1 – gli ambienti dove noi siamo testimoni sono portatori di speranza del mondo dei lavoratori.
a – L’incontro di popoli con le loro culture resiste a una globalizzazione uniforme.
b – l’emergenza documenti di cittadinanza per coloro che il sistema esclude dal lavoro e dalla società.
c – lo sviluppo delle associazioni esprime un desiderio di vivere e agire insieme.
Questi movimenti sono portatori di speranza perché tendono a realizzare ciò che non è ancora acquisito.

 
2 – Radicati nella vita operaia (lavoro, volontariato, associazionismo…) i preti operai sempre di più hanno un’attenzione particolare alla fede vissuta a nome dei compagni detti “non credenti”. Noi ci ritroviamo nelle lotte comuni dove sperimentiamo con loro dei valori e un certo modo di vivere. Condividere con i compagni ci permette di misurare tutta la dimensione spirituale della loro vita. È una fecondazione reciproca tra vangelo da parte dei P.O. e questa ricerca dell’umano giammai acquisito, attraverso tutte le lotte condotte all’interno della classe operaia. Insieme a molti altri noi tentiamo di lanciare una sfida: sì!, una vita più umana oggi è possibile … malgrado le ingiustizie e le atrocità attuali.
 
3 – Dimensione ecclesiale.
Sottolineiamo la necessità di continuare la condivisione in Missione Operaia.
Pensiamo che siano importanti luoghi di scambio e di ricerca dell’umano. Noi continuiamo a raccontare, a testimoniare ciò che si vive e a dire che questo ci rende beati.


TERZO GRUPPO

 
La globalizzazione ultraliberale accresce il suo potere in tutti gli ambiti e ogni giorno ne constatiamo i danni: chiusure e dislocazioni di imprese, crescita dell’esclusione e della miseria nei nostri paesi e ancor più nel Terzo Mondo. Gli uomini sono condannati ad essere vittime e a resistere senza speranza?
Vediamo nascere qui e là iniziative diverse, localmente o su scala più grande, per creare alternative a questo sistema inumano. Qui c’è di mezzo l’uomo che non può continuare a subire ingiustizie. Anche se rimane l’incertezza delle lotte, esse, sovente modeste ma determinate, non sono forse portatrici di futuro? Questa globalizzazione è vissuta dai preti operai nelle loro situazioni di lavoro e ne sono essi stessi vittime. La loro presenza da militanti, le loro azioni con gli operai e le loro organizzazioni sindacali contribuiscono in maniera attiva alla lotta contro i danni della globalizzazione. Gli impegni nei quartieri, nelle associazioni antiglobalizzazione sono costruttivi. Questo primo incontro internazionele di Strasburgo diviene allora un segno importante e portatore di futuro.
Abbiamo ricevuto dal Vangelo l’appello a seguire l’opera di incarnazione di Cristo Gesù nel mondo di oggi. Tutto ciò passa attraverso questa lotta, nella linea dei profeti per l’umanizzazione di questa società, contro gli idoli del denaro e del potere a servizio di ogni uomo e donna, iniziando dai più piccoli, i disprezzati, i reietti, gli oppressi e coloro con cui condividiamo la vita. Che per essi il Vangelo possa essere realmente una lieta notizia nella loro umanità ritrovata, nella scoperta della fraternità in Gesù Cristo, invitandoli a riconoscersi come figli dello stesso Padre.
Questo dovere di umanizzazione è un grande impegno per la chiesa. L’invio di nuovi preti operai ne fa parte. Così pure per coloro che possono inventare a loro volta, insieme agli altri, percorsi della presenza di Cristo in questo mondo in costruzione.

 

QUARTO GRUPPO

 

 
1. A partire dai fatti concreti vissuti dai partecipanti, quali sono gli avvenimenti portatori di futuro?
a – Una lotta più dinamica nella mobilitazione, particolarmente nelle piccole e medie imprese che, a causa della precarietà e dei sub-appalti subiscono un nuovo sfruttamento, messo in opera dal neoliberismo.
b – Mobilitazioni su scala più larga per rivendicazioni più ampie (sanità, pensioni, ecologia…) che si trovano nei movimenti a livello europeo dopo Seattle, Porto Alegre, Nizza…
c – Categorie nuove che lottano, tipo: tecnici, disoccupati, levatrici, settore agro-alimentare.
d – Una volontà di difendere la dignità del lavoro contro una degradazione accelerata dalle condizioni di lavoro, di vita e di precarietà.
e – Sviluppo di azioni messe in opera non solo per la difesa dei diritti ma anche per l’acquisizione di nuovi diritti fondamentali.
 
2. Questioni sollevate
– Quello che stiamo facendo è alternativa chiara e globale al sistema che ci tormenta ogni giorno?
– La nostra azione ha una coerenza tale che possa durare?
– Ciò non richiede forse un continuo discernimento per adeguare la lotta alle nuove forme di sfruttamento?
 
3. Che fare del nuovo?
– Esigenza di un rapporto e dialogo nuovo con i più giovani: noi abbiamo bisogno del dinamismo dei più giovani e meno giovani.
– Aggrapparsi sempre alla coscienza di classe e alle organizzazioni di rivolta contro l’ingiustizia.
– La rivendicazione del diritto di tutti (persone e popoli) alle decisioni economiche e culturali.
 
4. Il Vangelo ci interpella
a – Se si vuole che il Vangelo ci interpelli è necessario rileggerlo collettivamente.
b – Il Vangelo ci chiama ad essere attenti ai problemi concreti degli uomini e delle donne.
c – È necessario che i nostri “rami comunitari” siano ben aggrappati al tronco.
d – Restare ben piantati nella vena profetica che ci fa vedere quello che passa e quello che viene.

QUINTO GRUPPO

 
Il mondo cambia in fretta e profondamente. Questo cambiamento è percepito come un fenomeno promettente: è un mondo che prende coscienza della sua unità.
La nostra terra appare sempre più come un villaggio globale. I mezzi di comunicazione si sviluppano con grande rapidità e permettono dei cambiamenti inimmaginabili. I popoli si riscoprono con le loro particolarità e la ricchezza delle loro culture.
Il cambiamento è percepito ancor più come inquietante , dominato dall’ideologia liberista, dove solo il denaro conta, dove tutto è valutato in funzione del profitto. In una tale prospettiva l’uomo non può essere che sacrificato e ridotto a mercato. Questo pensiero liberista pretende di appoggiarsi a leggi scientifiche, ritenute intangibili. È la legge del mercato. Le dislocazioni diventano inevitabili, così pure i licenziamenti in massa.
Di fronte ad una tale minaccia, contro questo totalitarismo, delle resistenze si fanno avanti. Si percepiscono dei fremiti portatori di speranza: Seattle, Porto Alegre, Nizza… Noi preti operai siamo solidali e parte integrante con le nostre organizzazioni e movimenti di resistenza. Siamo contenti quando la Chiesa richiama il primato dell’uomo.
– Fin dagli inizi i Preti Operai hanno concepito il loro ministero in sintonia con quello di Cristo: un ministero di liberazione dell’uomo, di giustizia e di pace. Spesso incompresi nel passato, oggi con forme nuove e in situazioni cambiate, vogliono vivere questo ministero fino alla fine nella prospettiva di un comune destino con i lavoratori.
Dei preti operai sono presenti ed attivi nei comitati dei disoccupati, nelle organizzazioni di difesa degli immigrati (particolarmente i “senza permesso”). Altri continuano a vivere nelle periferie che militanti convinti lasciano per le difficoltà di vivere colà. Con altri, spesso immigrati, cercano di rispondere a problemi posti da questi quartieri difficili.
Allo stesso modo, in pensione, continuano la lotta sindacale nella quale erano impegnati durante il periodo lavorativo. Talvolta assicurano la difesa degli operai come consiglieri del salariato.
In questo mondo che cambia e nella fedeltà al loro vissuto, i preti operai restano attenti alle nuove situazioni, adatte al nostro tempo:
– dialogo interreligioso e in particolare con i musulmani;
– i segni dello Spirito scoperti nei compagni che non condividono la fede. Si lasciano ugualmente interrogare sull’opportunità di dire di più sulla fede in Cristo e vogliono vederci anche là un segno dello Spirito.

SESTO GRUPPO



Abbiamo condiviso il nostro modo di vivere il ministero di preti operai, la sua evoluzione e la sua grande diversità. Risulta evidente che noi tutti in diversi modi abbiamo completato un lungo percorso in classe operaia. Questo ministero non ci ha solo arricchiti personalmente, ma ha segnato la chiesa e da un certo punto di vista anche il mondo operaio. La lotta nelle organizzazioni operaie è spesso aspra, ma vissuta anche con una permanente ricerca di felicità. E questa raggiunge la gioia della liberazione in Cristo.
– La partecipazione al nostro incontro di preti operai provenienti da diversi paesi (Europa, Asia, America Latina) ci ha fatto scoprire in maniera nuova la dimensione internazionale della condizione operaia, in situazioni e culture differenti.
– Se il modo che abbiamo avuto di vivere il nostro ministero sta cambiando, ciò non distrugge le nostre convinzioni profonde. Anche se in maniera radicalmente nuova, l’avventura del prete operaio deve continuare.
– Noi sosteniamo le ricerche dell’équipe nazionale in unione con la Missione Operaia, per l’innesto di nuovi gruppi di testimoni (preti, diaconi, religiosi ed altri battezzati) in ambienti significativi. Questo non ci dispensa dall’essere attenti ai giovani nelle nostre relazioni abituali.
– Anche se le nuove generazioni di salariati hanno un altro modo di partecipare alle lotte, non associandosi a quelle che noi chiamiamo “a lungo termine”, essi non sono meno capaci di mobilitarsi per azioni qualche volta dure, dove essi scoprono l’arroganza e la rigidità padronale. A modo loro insegnano anche a noi quando la lotta sindacale richiede intelligenza e perseveranza.
– Riscopriamo la lotta anche nelle associazioni di quartiere. Soprattutto lì scopriamo un’immensa risorsa di umanità con il desiderio di stimolare uomini e donne feriti dall’esistenza, a prendere il loro posto nella lotta per una nuova umanità, divenendo cittadini attivi.
Noi, là, scopriamo questo appello insistente a non accontentarsi di agire sulle conseguenza, ma sulle cause inumane e sulle radici dello sfruttamento e della miseria.


 

2°. Cercare il centro in periferia

Collettivo di lingua Tedesca

 

Con molti compagni di lavoro stiamo sperimentando la deregolamen-tazione e la fusione di nuove imprese. Così l’economia assicura la sussistenza ad una grande parte della popolazione mondiale. Allo stesso tempo essa ostacola la tranquillità del nostro lavoro e della nostra resistenza.
Per i detentori della flessibilità, l’economia fornisce da un lato l’impiego delle alte tecnologie e molte ore straordinarie e dall’altro impieghi a part- time o a un quarto di tempo.
Per molti, la disoccupazione è stato un fattore determinante.
La reazione contro questa disumanità, dipendenza e mondializzazione, deve trovare tra salariati e consumatori nuove capacità e nuove organizzazioni ovunque nel mondo.
A questo processo, contro la riunificazione e con la scoperta delle nostre possibilità creative, noi vorremmo, fratelli operai, assieme ad altre organizzazioni, condividere le nostre esperienze. Noi vogliamo, come ha detto Urs Häner “Cercare ai confini ciò che è centrale ”.
Noi reagiamo contro il sacrificio della natura e degli uomini sull’altare del dio mammona, il sacrificio delle persone anziane, dei più giovani, dei malati, dei “sans papiers” e degli esclusi dall’economia. Ogni essere umano ha la propria dignità.
Noi viviamo della instancabile tradizione biblica della storia della liberazione.
Noi vogliamo ricordarci di questa Liberazione, attraverso il nostro impegno, la nostra vita con tutti gli esclusi di tutti i paesi.
In solidarietà con loro, incoraggiati da questa assemblea internazionale di Pentecoste, noi vogliamo ancora, pur conoscendo i nostri limiti e contraddizioni, intraprendere un cammino contro l’oblio di questa liberazione.



3°. I nostri doveri

Gruppo Anglofono


Noi crediamo sia nostro dovere:
– Lasciar cadere le nostre analisi stereotipate per orientarci verso una nuova analisi critica delle istituzioni e delle grandi potenze del XXI secolo, e i cammini attraverso i quali i popoli pensano di assicurarsi la loro sicurezza.
– Ascoltare le voci dei giovani che lavorano nei nuovi settori dell’economia e dell’industria e nel contesto delle dimensioni sociali del XXI secolo
– Identificare e non buttare le verità che sono sempre valide, anche attualmente.
– Continuare a cercare e consolidare la fede e la presenza di Dio in seno ad ogni popolo e in ogni luogo e liberare la fede dagli sconvolgimenti dell’istituzione ecclesiastica.
– Avere il coraggio di cercare Dio in luoghi nuovi ed inaspettati.
– Confermare e sviluppare le relazioni Nord-Sud ed Est-Ovest per tutti i problemi sociali, economici, culturali e umanitari.



4°. Siamo responsabili dell’avvenire di Dio?

Collettivo Belga


Il collettivo Belga, Fiamminghi e Valloni, interpellati nel bel mezzo dell’incontro internazionale di Strasburgo, sul modo nel quale è possibile, con e tra gli altri collettivi,

aprire l’avvenire:

1. Si tratta per noi di aprire il futuro dei piccoli operando in tre direzioni: – Togliere quello che non si può tollerare
– Fare quello che si deve fare
– Assicurare un collegamento politico alla nostra azione. Non possiamo dimenticare l’importanza delle strutture e dobbiamo sapere che la società deve cambiare se stessa.

2. Si tratta pure di aprire l’avvenire dei P.O. La priorità del P.O. è d’andare verso i più poveri. Questa è stata la scelta di partenza dei primi P.O., questa è la strada da seguire. La ragione rimane imperiosa, oggi come agli inizi: i poveri sono sempre le vittime del sistema. Il ministero di domani sarà ancora e sempre quello dei P.O., ma anche di uomini e di donne.
3. Un fatto nuovo : la secolarizzazione è un fenomeno crescente. Essa avanza a grandi passi ed esige da parte nostra un essere più che mai fedeli. Ci chiede lo sforzo per inventare un nuovo linguaggio nei rapporti con i nostri compagni del sindacato, del volontariato e nell’azione a livello dei quartieri. Gli incontri sulla secolarizzazione ci hanno lasciato nella nostra fame: perché questa paura, se non di constatare, di parlare dell’Assenza di Dio? “In tutti i casi, non un giorno di Pentecoste!” .
4. Saremmo noi responsabili dell’ Avvenire di Dio ? Il fatto è che anche per noi è difficile dire qualche cosa su Dio. Dal nominarlo “interamente” al nominarlo, come nella Bibbia, con le consonanti: consonarlo (= essere in sintonia). Abbiamo noi esplorato veramente la gratuità di Dio ?
Per inoltrarci in queste quattro vie del futuro, noi dobbiamo molto alla ricchezza delle testimonianze commoventi, provenienti da una lunga esperienza vissuta e comunicate in questi tre giorni. Tutte queste testimonianze ci hanno interpellato, comprese quelle dei vescovi, degli uomini pubblici: una parola più impegnata, capace di assumere rischi più grandi.
Chiudiamo questo intervento dicendo che noi Belgi (Valloni e Fiamminghi) abbiamo una innata paura dinanzi alle parole, alle molte parole; parliamo troppo o troppo poco? Dovremmo ancora trovare, creare, lo stile dei nostri racconti? Forse anche lì dobbiamo inventare l’avvenire!



5°. Folli di speranza

Collettivo di lingua spagnola


Questo incontro internazionale di preti operai ci ha dato la possibilità di riconoscerci di nuovo e di celebrare in maniera speciale, come collettivo di compagni e compagne pieni di gioia nello Spirito.
In tutta semplicità e verità, noi siamo soddisfatti, spiritualmente e umanamente, delle nostre vite esposte e piene di senso. Questa profonda gioia non è condizionata dalla riuscita o dagli insuccessi vissuti, né per il futuro incerto come collettivo di preti operai. Il senso della nostra vita ci viene dal nostro servizio al progetto di Gesù.
Questo servizio ci vede ostinati ed attenti sui seguenti elementi che sono portatori di avvenire:
– mantenere una attitudine alla ricerca permanente, partecipando alle preoccupazioni della gente con la quale viviamo: dubbi e speranze;
– attenzione alle iniziative della società, unendo gli sforzi e creando dei legami locali ed internazionali tra associazioni, collettivi solidali e nella e con la chiesa;
– aiutare a umanizzare la realtà, specialmente nel lavoro e nel sindacato, luogo di nuove prospettive, dove noi portiamo delle alternative talvolta che disturbano, ma alle quali teniamo.
Dinanzi alla mondializzazione che genera strutture di insicurezza, soprattutto per le donne e i giovani, che il sistema tenta di addomesticare a suo piacimento, noi vogliamo essere in ascolto dei senza voce, facilitare l’e-spressione e la relazione al di là delle barriere che escludono e separano. Esclusione che minaccia soprattutto gli emigranti che non hanno che il desiderio di vivere e di lavorare e che la società tende a considerare come terroristi e delinquenti.
Noi vogliamo vivere questi elementi nella chiesa, sacramento d’unità: una chiesa serva del Regno, più democratica e corresponsabile, dove i ministeri siano definiti dalla passione per il Vangelo, per l’uomo, per la comunità, ove i poveri non siano una parola globale, ma dei volti concreti.
In una chiesa in dialogo, anche interreligioso, e luogo d’inclusione di tutti gli esclusi della società: emigranti, lavoratori illegali, marginali sessuali, tutti coloro che sono “senza”.
Una chiesa che anche attraverso noi, preti operai, religiosi, laici, faciliti veramente l’apertura alla trascendenza, sorgente di pienezza umana.
Noi continuiamo, folli di speranza.



6°. Non è il momento di tirare i remi in barca

PO italiani

 

Viviamo tempi difficili per la società e per la Chiesa: qualcuno parla di inverno e di notte.
Non vogliamo essere delle foglie morte su un fiume che va alla deriva.
La nostra vita di pretioperai ci ha dato la possibilità di vedere e leggere i meccanismi perversi di questa società. Possiamo riconoscere la menzogna e affermare che questo modello economico porta alla distruzione della terra. Possiamo dire qualcosa di Dio, perché conosciamo il linguaggio degli umani, per la scelta che abbiamo fatto. Per questo abbiamo delle responsabilità precise verso gli altri: non è il momento di tirare i remi in barca.
La situazione in Italia è critica ed oggi più di ieri c’è bisogno di resistenza. Molti cattolici hanno optato per il nuovo corso politico con la promessa di qualche aiuto alle scuole private e alle famiglie. Il centro destra parla di politica della famiglia, ma per molti i diritti fondamentali non esistono, soprattutto per i giovani che non hanno la possibilità di formarsi una famiglia per l’incertezza del futuro e la precarietà del lavoro.
Nessun politico parla più di riduzione delle spese militari: si parla solo di consolazione e di emozioni, mentre non si parla di verità e di giustizia.
Le celebrazioni giubilari terminavano sempre con le acclamazioni al papa, mai con una preghiera.
È il momento di riprendere in mano il testo dell’Apocalisse dove si parla della Bestia e della lettera alle sette Chiese.
È il momento di gridare forte che la fede non è possibile senza legami con la vita, senza ascoltare, camminare con gli uomini e le donne.
Il futuro dei preti operai: donare agli altri la perla preziosa che noi abbiamo trovato ed aiutare gli altri a ritrovarla.


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