SULLA STRADA DEGLI UOMINI E DELLE DONNE
VIVERE L’OGGI… APRIRE L’AVVENIRE
Incontro internazionale PO / Strasburgo, 2-4 giugno 2001
PO spagnoli
I PO in Spagna sono nati nel 1964. Prima ci sono stati casi isolati di preti al lavoro. Fu decisiva per essi l’influenza esercitata dalla JOC, HOAC, da altri movimenti ecclesiali, dai “Prêtres Ouvriers” francesi e dal Vaticano II.
La realtà attuale nel nostro paese è molto relativa e l’età di tutti essi è oltre cinquanta anni. Pochi preti giovani hanno ora questo carisma ed opzione, orientati dai seminari e dai Vescovi verso un servizio più istituzionale o, i meno, verso gli esclusi e gli emarginati.
Siamo circa cinquanta i PO in Spagna. Molti già sono pensionati ed alcuni sono già morti. Ci sono inoltre trenta PO nel Collettivo Catalano che si incaricano della propria informazione.
Guadagnare il pane col lavoro
Stiamo in lavori professionali di ogni tipo: metallurgici, elettricisti, giardinieri, pittori, spazzini, muratori, braccianti agricoli, autisti, sanità, amministrativi, educatori, informatici, professori, etc. Il lavoro civile è il modo normale di guadagnarci la vita e la forma di inserirci tra la gente.
Alcuni hanno contemporaneamente responsabilità parrocchiali, nei movimenti di A.C., nelle comunità di base, etc. Alcuni si sono sposati e hanno figli. I PO in Spagna non hanno fatto distinzione tra il ministero sacerdotale esercitato da preti sposati o celibi, pur di vivere a fondo la realtà operaia e la “missione”.
Inseriti nel mondo operaio
La nostra vita gira intorno all’attività del lavoro e tutti i suoi condizionamenti: la vita nel quartiere, il movimento sindacale, il compromesso politico, o la presenza in ambiti della emarginazione o della esclusione sociale. Qui è dove vive e soffre la gente e quello è il posto dove si costruisce il Regno di Dio. Il nostro inserimento nel mondo dei lavoratori è per stare con essi al servizio della vita. Quella che ci occupa è la lotta per la giustizia, per il diritto al lavoro, e per tutti, con condizioni degne, con il rispetto dei diritti umani. Tutto ciò fa parte inseparabile “dell’annuncio” della Buona Notizia. Siamo compromessi nel rimuovere le cause dei problemi, delle ingiustizie e della disperazione della gente. Crediamo di stare nel nostro posto, dove dobbiamo stare, e dove viviamo il nostro “ministero”. Ostinati nel fare crescere la vita, la speranza e la liberazione insieme a molti altri militanti credenti o non, lottando insieme contro i sistemi di morte.
Nella periferia della società e della Chiesa
In genere, ci situiamo nella “periferia” sociale ed ecclesiale, perché è lì precisamente che vogliamo stare. A volte, ci sentiamo dentro la Chiesa, come gli immigrati “senza carte”, senza permesso per restare, ignorati, senza riconoscimento del nostro ministero. Così è la nostra realtà: silenziosa, semplice, qualcosa che è diventato normale col passare degli anni e che non richiama l’attenzione tanto quanto ai suoi inizi.
E lì continuiamo a costruire il Regno di Dio tra i lavoratori e la gente semplice. Siamo quasi indifesi, quasi sguarniti e privi del calore della comprensione di molti, nelle frontiere della Chiesa (o nel cuore della stessa, come si guarda), ignorati o direttamente esclusi ed emarginati dalla gerarchia episcopale spagnola che preferisce dedicare il suo presbiterio ad una Chiesa più vivibile ed organizzata affidando ai laici il compito-missione di fare sorgere la chiesa nei settori scristianizzati o mai evangelizzati.
Un altro modo di essere prete
La fedeltà a Gesù Cristo ci ha portato a vivere in una fedeltà esigente con la classe operaia, essendo lì testimoni della Presenza misteriosa e di un volto differente di Chiesa e di essere prete. Condividendo la lotta ed il compromesso, la povertà ed i rischi, la emarginazione e lo sfruttamento.
Fedeltà alla vita
Col passare del tempo, i nostri progetti sono stati approfonditi, riveduti o riorientati secondo l’itinerario personale di ognuno. Collettivamente, il nostro processo è stato di superamento dei progetti iniziali. La mistica sulla povertà ha continuato a trasformarsi e non è oramai solo questione di “salvare”, di “stare con” o di “liberare” i poveri. Ora, vogliamo essere uno di essi, fare veramente parte di essi, vivendo la condizione operaia dall’interno. Soffrendo sulla propria carne la stanchezza, lo sfruttamento, la disoccupazione, la pensione, etc. come uno di tanti.
Coerenza della nostra opzione
Guardando la nostra storia constatiamo che siamo gente normale e che siamo contenti delle nostre opzioni. Ci guadagniamo il pane col nostro lavoro e ci sentiamo liberi davanti alla struttura ecclesiastica. Viviamo la felicità della coerenza. Non viviamo della religione, bensì del nostro lavoro e offriamo gratis il Vangelo.
La nostra opzione è valida benché non vi si sia fatto molto caso né nella Chiesa né nel mondo operaio. Né pretendiamo di essere un’alternativa, né cerchiamo che tutti vadano nella nostra direzione. Lì sta la nostra testimonianza per chi voglia accettarla nella chiesa o fuori di lei.
Lavorare per il Regno
La cosa centrale e prioritaria è annunciare e lavorare per il Regno di Dio. Questo significa per noi che non c’è distinzione tra sacro e profano, tra temporale e spirituale. Come insegnava Sant’Ireneo: “La gloria di Dio è che l’uomo viva, e la gloria dell’uomo è amare Dio”.
Abbiamo voluto sempre essere presenti nella vita, lottando per la giustizia, e d’approfondire la nostra opzione di incarnazione — “amare il fratello che vedi è amare Dio che non vedi” — con una partecipazione progressiva nei gruppi e nei collettivi del settore operaio (quelli storici e gli attuali movimenti sociali).
Una Chiesa in movimento
Stiamo in una Chiesa del piccolo, del lavoro, del gruppo o comunità, della famiglia. Una Chiesa in movimento, non di monumento, del lievito e del sale, come un grano di senape.
Una Chiesa piccola, nella periferia dell’istituzione, aiutando ad agglutinare gruppi attivi con speranza e creando reti. Per seguire le orme di Gesù: “Non è questo il figlio del falegname?… Da Nazaret può uscire qualcosa di buono?”.
Discretamente, silenziosamente. Ma lì, sempre lì: con gli ultimi, condividendo con altri collettivi progressisti della Chiesa che ha come oggetto una chiesa rinnovata e servire i settori più bisognosi del mondo di oggi (come sono “We are Church”, Comunità Ecclesiali di Base, “Reti Cattoliche per il Cambiamento”… e, naturalmente, il Movimento di Azione Cattolica”.