
Incontro PO italiani ed amici
Viareggio, 20-21 aprile 2002
“Un uomo scendeva da Gerusalemme a Gerico”
È l’inizio di quella storia che Gesù raccontò ad un dottore della legge che per giustificarsi di fronte alla manifesta radicalità della Legge di Dio – “fa’ questo e vivrai” – si pone una domanda che ha sempre imbarazzato l’uomo (un tempo Dio disse a Caino: “dov’è tuo fratello?” e ora “chi è il mio prossimo?”. È una parabola che a me sembra inquadrare, quasi scenicamente, il tema che ci siamo proposti come spunto di riflessione in questo nostro incontro/confronto fraterno e amicale: forza e debolezza dell’ultimum nelle oppressioni della nostra storia.In quel tratto di strada tra Gerusalemme e Gerico avviene un grave episodio di oppressione: un uomo subisce violenza, ingiustamente spogliato dei suoi averi e privato della stessa sua vita se…Quando il sacerdote, il levita e il samaritano giungono davanti a quella scena si sentono costretti a dare una risposta: tutti e tre hanno visto, perciò non possono avanzare la facile scusa “non ho visto!”.
Quel fatto diventa per tutti e tre il loro ultimum di fronte al quale sono chiamati a misurarsi: “è il loro ultimum – come diceva Sandro – non come il dopo della vita, ma come il suo punto d’arrivo cosciente e responsabile di fronte al quale tutte le cose penultime diventano in qualche modo relative”.
Prioritario, irrimandabile, per quei tre, è stato decidere cosa fare di fronte a quel poveraccio che stava morendo: la forza o la debolezza di quel loro ultimum, è stata nella risposta che hanno dato:
– il sacerdote lo vide e lo scansò,
– il levita lo vide e passò oltre,
– il samaritano lo vide e ne ebbe com-passione, non passò oltre.…“un sacerdote che scendeva da Gerusalemme passò ‘per caso’”
L’ultimum non è programmato dall’uomo: entra nella tua piccola/grande storia quotidiana, irrompe sulla tua strada ed esige comunque una tua risposta. Non lo puoi evitare, al massimo lo scansi ma anche questo è già una risposta.
L’ultimum è il nostro oggi quotidiano, fatto di progetti, di regole, di precetti, di stimoli, di speranze ma anche di monotonia, di delusione, di rabbia. È ciò che accade sul tuo piccolo fazzoletto di terra, ma anche quello che accade sulla terra del tuo vicino/prossimo.
È il tempo che stiamo vivendo:
– questo tempo politico che vede i governanti dichiarare ‘giusta’ la guerra e le guerre che stanno sacrificando milioni di essere innocenti, ed affermare che è inevitabile sacrificare l’uomo al dio mercato;
– questo tempo religioso che vede una chiesa cattolico-romana sempre più arroccata nei suoi fastosi palazzi, gelosa dei suoi proclamati privilegi, ancora superbamente certa di essere l’unica depositaria della verità;
– questo nostro tempo mediale in cui chi detiene il potere dei mezzi di comunicazione sta lentamente massacrando la coscienza di tanti uomini;
– questo nostro tempo in cui sembra che la speranza di un mondo migliore si possa costruire e celebrare unicamente nei templi delle ‘borse mondiali’.
La forza del nostro ultimum di fronte a questo dilagare quasi irrefrenabile di disumane oppressioni consiste nel non chiamarci fuori, guardando attentamente le oppressioni per vederne le cause, cercando di costruire insieme delle risposte di resistenza.
La forza del nostro ultimum dipende dal nostro starci dentro, consapevoli della debolezza dei nostri mezzi, ma animati dalla dolce speranza di riuscire a sgretolare la crudele arroganza di questo gigante dai piedi d’argilla.
È l’inizio di quella storia che Gesù raccontò ad un dottore della legge che per giustificarsi di fronte alla manifesta radicalità della Legge di Dio – “fa’ questo e vivrai” – si pone una domanda che ha sempre imbarazzato l’uomo (un tempo Dio disse a Caino: “dov’è tuo fratello?” e ora “chi è il mio prossimo?”. È una parabola che a me sembra inquadrare, quasi scenicamente, il tema che ci siamo proposti come spunto di riflessione in questo nostro incontro/confronto fraterno e amicale: forza e debolezza dell’ultimum nelle oppressioni della nostra storia.In quel tratto di strada tra Gerusalemme e Gerico avviene un grave episodio di oppressione: un uomo subisce violenza, ingiustamente spogliato dei suoi averi e privato della stessa sua vita se…Quando il sacerdote, il levita e il samaritano giungono davanti a quella scena si sentono costretti a dare una risposta: tutti e tre hanno visto, perciò non possono avanzare la facile scusa “non ho visto!”.
Quel fatto diventa per tutti e tre il loro ultimum di fronte al quale sono chiamati a misurarsi: “è il loro ultimum – come diceva Sandro – non come il dopo della vita, ma come il suo punto d’arrivo cosciente e responsabile di fronte al quale tutte le cose penultime diventano in qualche modo relative”.
Prioritario, irrimandabile, per quei tre, è stato decidere cosa fare di fronte a quel poveraccio che stava morendo: la forza o la debolezza di quel loro ultimum, è stata nella risposta che hanno dato:
– il sacerdote lo vide e lo scansò,
– il levita lo vide e passò oltre,
– il samaritano lo vide e ne ebbe com-passione, non passò oltre.…“un sacerdote che scendeva da Gerusalemme passò ‘per caso’”
L’ultimum non è programmato dall’uomo: entra nella tua piccola/grande storia quotidiana, irrompe sulla tua strada ed esige comunque una tua risposta. Non lo puoi evitare, al massimo lo scansi ma anche questo è già una risposta.
L’ultimum è il nostro oggi quotidiano, fatto di progetti, di regole, di precetti, di stimoli, di speranze ma anche di monotonia, di delusione, di rabbia. È ciò che accade sul tuo piccolo fazzoletto di terra, ma anche quello che accade sulla terra del tuo vicino/prossimo.
È il tempo che stiamo vivendo:
– questo tempo politico che vede i governanti dichiarare ‘giusta’ la guerra e le guerre che stanno sacrificando milioni di essere innocenti, ed affermare che è inevitabile sacrificare l’uomo al dio mercato;
– questo tempo religioso che vede una chiesa cattolico-romana sempre più arroccata nei suoi fastosi palazzi, gelosa dei suoi proclamati privilegi, ancora superbamente certa di essere l’unica depositaria della verità;
– questo nostro tempo mediale in cui chi detiene il potere dei mezzi di comunicazione sta lentamente massacrando la coscienza di tanti uomini;
– questo nostro tempo in cui sembra che la speranza di un mondo migliore si possa costruire e celebrare unicamente nei templi delle ‘borse mondiali’.
La forza del nostro ultimum di fronte a questo dilagare quasi irrefrenabile di disumane oppressioni consiste nel non chiamarci fuori, guardando attentamente le oppressioni per vederne le cause, cercando di costruire insieme delle risposte di resistenza.
La forza del nostro ultimum dipende dal nostro starci dentro, consapevoli della debolezza dei nostri mezzi, ma animati dalla dolce speranza di riuscire a sgretolare la crudele arroganza di questo gigante dai piedi d’argilla.