“A 40 anni dal Concilio: dov’è la Chiesa dei poveri?”
“Io vi dico: ogni ricchezza puzza di ingiustizia:
voi usatela per farvi degli amici;
così, quando non avrete più ricchezze,
i vostri amici vi accoglieranno presso Dio”.
(Lc. 16,9)
“Poi Gesù raccontò anche questa parabola: “C’era una volta un uomo molto ricco che aveva un amministratore. Un giorno alcuni andarono dal padrone e accusarono l’amministratore di aver sperperato i suoi beni. Il padrone chiamò l’amministratore e gli disse: – È vero quel che sento dire di te? Presentami i conti della tua amministrazione, perché da questo momento tu sei licenziato. Allora l’amministratore pensò: – Che cosa farò ora che il mio padrone mi ha licenziato?
Di lavorare la terra non me la sento e di chiedere l’elemosina mi vergogno. Ma so io quel che farò! Farò in modo che ci sia sempre qualcuno che mi accoglie in casa sua anche se mi viene tolta l’amministrazione…” (Lc. 16,1ss).
C’è un nuovo volto dell’umano e del mondo che oggi sta apparendo. Esso è fatto soprattutto di tre elementi:
1) I dominatori di questo mondo hanno sempre più difficoltà a dominarlo senza il consenso di tutti. Per potenti che appaiono con le loro armi inimmaginabili, possono fare ben poco se non ammazzare, ingannare, rovinare.
Con le armi e con i soldi non si produce nulla di bene, vero, giusto, bello. E non solo: non riescono a sottomettere nessuno in modo permanente.
2) L’unica potenza dei potenti e dei dominatori sta nel cervello dei dominati, i quali sono così, cioè dominati, per due semplici motivi:
o perché la pensano con il pensiero dei dominatori
o perché accettano esternamente di servire i dominatori e si tengono dentro la loro diversità pensando di non aver potere.
In tutti e due i casi l’essere dominati non è più un aggettivo, ma un sostantivo. È sostanza.
3) Il nuovo che appare nell’umano e nel mondo è la fine di un vecchio modo di potere e la nascita di una nuova forma di potere: il potere del popolo, della società civile, in cui i senza potere sono l’unico vero potere vitale. È quello che dice Arturo Paoli sul Nuovo Organo Deliberante:
“La decisione sta nelle mani dei poveri: – Fatevi degli amici perché quelli vi ricevano. Posso disporre dei beni e di me, ma non posso decidere se sarò uomo o non uomo, persona o non persona, perché questa decisione sta nelle mani di quelli che non hanno voce. Loro risolveranno se sono da accogliere come amico, o mi rigetteranno.
Guardato da questo angolo, il mondo pare senza rimedio, perché quelli che tengono il potere nelle loro mani sono disposti a tutto, a spogliarsi nudi, …fuorché a supplicare i poveri di accoglierli, di lasciare che loro prendano le decisioni.
Tutti gli appelli alla Pace , alla convivenza dei gruppi, delle nazioni, cadono nel vuoto perché si dirigono alla responsabilità, alla buona volontà di quelli che hanno il potere nelle loro mani.
Si cerca di convincerli con le minacce o con le adulazioni che il problema della pace è un problema di buona volontà.
I potenti escono dalle conferenze e dagli incontri convinti che il potere di decidere la pace nel mondo sta nelle loro mani. L’ONU, le Chiese, i dottori della legge li hanno persuasi che fare del mondo una convivenza pacifica dipende da loro. Così si aggrava la loro situazione perché si obbligano a gonfiare il potere, a farlo più astuto, più circospetto, più tecnicamente efficace.
In tutte le riunioni di borghesi cui ho assistito, i benpensanti si chiedono: ‘Che fare?’. Il vero messaggio che dovrei dare per essere onesto sarebbe: “Voi non potete fare niente”. Questa non è la sede dove si prendono le decisioni. Non è un organo deliberativo: gli manca l’autorità e il potere.
Tutti siamo colpevoli di un equivoco: abbiamo creduto ‘gruppi storici’, cioè capaci di movimento, di trasformare il mondo, di cammino in avanti, quelli che sono gruppi di potere. L’educazione impartita (e che continua ad essere impartita) è caduta grossolanamente in questo equivoco, e ora ne paga le conseguenze.
A nessuno viene in mente di riunire l’ Organo Deliberante , quello che ha in mano il potere della decisione. Certo, è molto più facile riunire un gruppo di persone coscienti. Però queste persone hanno il potere di dare, non quello del ricevere, mentre il Vangelo parla inesorabilmente del ricevere: “Fatevi degli amici perché vi ricevano presso Dio” .
Il nuovo mondo più vero, più giusto, più buono, più bello, nascerà solo se i poverí lo vorranno. Tutte le altre cose sono parole che finiscono nel deserto o nella morte.
“Poi vidi, seduti in trono, coloro che Dio ha incaricato di giudicare: vidi le anime dei decapitati, uccisi perché si erano messi dalla parte di Gesù e del Progetto di Dio , e vidi quelli che non si erano mai inginocchiati davanti al mostro e alla sua statua e non hanno avuto il suo marchio segnato sulla fronte o sulla mano”. (Ap 20,4)
Si è “Chiesa dei poveri” non solo se si pone al centro dei propri interessi, della propria attenzione i poveri, ma soprattutto se si sceglie di guardare il mondo, la società, la stessa Chiesa dalla loro angolatura, perché è l’angolatura giusta per poterli valutare se sono veramente secondo il Progetto di Dio Padre oppure se c’è qualcosa che occorre cambiare, soprattutto cosa cambiare.
“Beati voi poveri, Dio vi darà il suo Regno ”. (Lc 6,20)
Anche il Battista venne a sapere queste cose dai suoi discepoli. Chiamò allora due di loro e li mandò da Gesù a chiedergli: – Sei tu quello che deve venire oppure dobbiamo aspettare un altro? In quello stesso momento Gesù guarì molta gente dalle loro malattie e dalle loro sofferenze; alcuni li liberò dagli spiriti maligni e a molti ciechi restituì la vista. Poi rispose così ai discepoli di Giovanni: Andate a raccontargli quello che avete visto e udito: …la salvezza viene annunziata ai poveri“. (Lc 7,18ss)
Dov’è la “Chiesa dei poveri?”
Così il teologo José Comblin in un suo scritto apparso sulla rivista Concilium n. 4/2005 Intitolato ‘I segni dei tempi’:
“Mi sia permesso proporre una interpretazione diversa dei segni dei tempi. Ciò che provoca sfiducia è il fatto che nella Gaudium et Spes , come nel Concilio in generale, i poveri sono ben lungi dall’essere riconosciuti come si dovrebbe in virtù del Vangelo e del Nuovo Testamento in generale. Il posto centrale è occupato dalla modernità, ovverosia dallo sviluppo. Tutto è avvenuto come se l’insieme dell’episcopato fosse caduto nella trappola dell’ideologia dello sviluppo. Erano convinti che la povertà era un accidente del percorso evolutivo e che lo sviluppo ne avrebbe fornito la soluzione. Il problema della povertà era lontano dalle preoccupazioni, e soltanto una piccola minoranza cercò di introdurre questa problematica, senza peraltro riuscirci.
Il nostro punto di partenza è la questione della luce della fede. Se non si esplicita che cosa è la luce della fede, non si arriverà a niente e la fede confermerà semplicemente il sistema stabilito, aggiungendovi pie esortazioni.
Ora, la fede non consiste nell’accettare intellettualmente delle verità precise tratte dalla Bibbia. La fede consiste nel riconoscere il piano di Dio , l’avvento del Regno di Dio , che non è una situazione e nemmeno una istituzione: è un movimento.
Più esattamente, il Regno di Dio è il movimento di Liberazione dal dominio nel quale esseri umani sottomettono altri esseri umani per mezzo della violenza, dell’inganno, della menzogna…
L’avvento del Regno di Dio è una Lotta contro forze umane, contro istituzioni umane che esercitano oppressione.
Gesù si scontrò con una espressione fondamentale di dominazione qual era la dominazione religiosa. Una casta di sacerdoti, dottori o grandi proprietari dominava il popolo mediante una religione inventata da loro e che si presentava come la parola di Dio.
La vita di Gesù è stata una lotta per liberare il suo popolo dal regno della menzogna, dell’ingiustizia, della violenza. Gesù non lotta contro un peccato misterioso, nascosto nel recinto della coscienza individuale. Egli lotta contro un peccato che ha nome e cognome, molto concreto, con istituzioni altrettanto concrete: il tempio, il sacerdozio, la legge.
Nella sua umanità Gesù era un essere limitato e non poteva affrontare tutte le oppressioni della storia. Scelse la più significativa, la più dissimulata, nascosta, quale è la dominazione religiosa. È la più pericolosa perché invoca l’autorità di Dio .
Gesù essendo creatura umana poteva soltanto farsi carico di una piccola parte della lotta tra il peccato e il Regno di Dio, tra la menzogna dei dominatori e la lotta di emancipazione dei dominati. Dopo di lui la medesima lotta prosegue, ma le circostanze cambiano e la dominazione ha diverse manifestazioni.Oggi c’è una diversa forma di dominazione e di distruzione della vita, e ci sono altre forme di lotta contro questo peccato sociale, peccato del mondo, peccato persino istituzionale. La luce della fede mostra la presenza attuale della medesima lotta di Gesù in ogni momento della storia. Essa non mostra semplicemente delle situazioni: mostra il cammino del Regno di Dio di fronte a nemici tanto forti.
I “segni dei tempi” sono le lotte dei poveri, degli esclusi, dei dominati. Perché lì sta Dio. Perché lì sta Gesù e si tratta di scoprire o riconoscere questa presenza nel nostro mondo.
Le forze dominanti negano la dominazione, nascondono la realtà, fanno bei discorsi per giustificare e consolidare il proprio dominio. Gesù viene a strappare queste maschere e a manifestare la verità del mondo.
I “segni dei tempi” mostrano quello che sta accadendo nel mondo, ma che rimane nascosto perché gli uomini cercano di occultarlo, non perché è un mistero.
Il peccato del mondo non è affatto un mistero: è visibilissimo per le vittime, ancorché i privilegiati lo neghino.
I “segni dei tempi” erano i segni della lotta di liberazione degli oppressi in quell’epoca.
Dovevano mostrare dove stava Cristo e dove stavano i suoi avversari e dove si situava la lotta. Dovevano mostrare dove stavano i poveri, gli esclusi, gli oppressi e dove stava il movimento di liberazione del Regno di Dio”.