“Carico leggero e pesanti fardelli: l’Evangelo in Italia”
Incontro nazionale PO 2008 (23)


 
La cosa più importante tra noi è il sapersi ascoltare. Siamo in pochi, ma tutti diversi ed ognuno di noi ci porta sempre qualcosa di bello. Sapersi ascoltare è la nostra ricchezza. In questi giorni, prima di venire qui avevo scritto alcune sensazioni di questo periodo, guardando l’ultimo numero della nostra rivista. Sapere quello che è successo a Torino ti mette tanta tristezza dentro e la lista continua. Quando si parla di dolore non è una cosa che ti fa piacere, sembra non la scoperta di cose nuove, ma tutto è normale.
Quando tra le prime cose della vita si è messo l’accumulazione del denaro, tutto sembra diventare lecito. Allora il rispetto delle persone passa in secondo piano, al terzo e oltre. Fare investimenti per evitare incidenti nel lavoro non è la cosa più importante, tutto diventa normale e non ti meravigli più di niente.
Anche Paolo, scrivendo a Timoteo, diceva la stessa cosa: “l’attaccamento al denaro è la causa di tutti i mali”. Una espressione forte. Qualcuno mi diceva: “Se il tuo Dio veramente ci fosse, egli non dovrebbe permettere tutto questo”. Voleva dire: incidenti e ingiustizie. Da notare che la lista aumenta ogni giorno. Del resto la stessa cosa succedeva più o meno venti secoli fa. L’autore del salmo – il breviario lo dico ancora, non sempre ma spesso, e alla mattina appena posso mi ci fermo – afferma:

Perché, Signore, te ne stai lontano
e nel momento dell’angoscia ti nascondi?
Il misero soccombe all’orgoglio dell’empio
e cade nelle sue insidie,
Di sé si vanta il traditore,
l’ingordo bestemmia e si fa scherno di Dio.
È sempre l’empio che dice
dall’alto della sua insolenza:
“Dio non se ne cura, Dio non esiste”.
Queste le sue convinzioni.
E i suoi piani hanno sempre successo:
tu stai troppo in alto per i suoi pensieri,
con disprezzo tiene a bada i suoi avversari.
Così egli pensa: “Mai nulla e nessuno
mi potrà soppiantare,
sventura non mi tocca”.
Di spergiuri e inganni ha piena la bocca,
Sotto la lingua nasconde soprusi e malizia.
Dietro la siepe attende in agguato,
restando nascosto, assassina innocenti.
Con gli occhi avvolge la vittima;
in agguato, nell’ombra, continua
come un leone nel covo.
In agguato a ghermire infelici,
a ghermire poveri entro la rete
Di nascosto, in agguato, s’accovaccia e rannicchia
e infelici cadono sotto i suoi colpi.
“Dio è senza memoria”, dice fra sé,
“ha bendato i suoi occhi: nulla egli vede”

E il salmista poi conclude:
Sorgi, signore, innalza la tua mano,
non dimenticarti dei tuoi miseri,
spezza il braccio dell’empio”.

 
Il salmista dice di spezzare il braccio, io non lo dico, ma traduco: aiuta il misero.
Non facciamoci illusioni, anche allora c’era tanta rabbia, non è cambiato niente. Noi veramente, da vecchi metalmeccanici, siamo abituati a sentire una nuova traduzione di questo salmo e qualche volta l’abbiamo recitato insieme:

Muore la pecora, muore l’agnello,
muore la mucca e l’asinello,
muore la gente che ha dei guai,
i rompiglioni non muoiono mai”.

E pare che questa sia la traduzione esatta del salmo. Lui sa sorridere delle nostre parole, sa capire molto bene e sa tradurre senza rimproverarci. Se poi guardiamo ai personaggi della storia di oggi, non c’è che l’imbarazzo della scelta: è tutto vero. È facile capirsi senza fare nomi, senza pericolo di sbagliarsi.
Questa è una prima riflessione che facevo sul dolore. Poi è successo qualche altra cosa. Leggendo il breviario in questo periodo di Pasqua, mi sono accorto che il protagonista è Giovanni. Nella prima lettura si parla dell’Apocalisse. Di guai in guai, ci manca appena l’apocalisse! In questo periodo mi sono preso in mano con pazienza il testo dell’Apocalisse con il commento di Ravasi. Questo libro non è un libro di guai, ma di gioia, non vuol essere un indovinello del futuro, ma un aprire gli occhi sui guai di oggi. È perciò una descrizione della realtà.
Quando Giovanni lo scrisse era più vecchio di noi, ma ancora giovane nell’anima, con tanta angoscia nel cuore ma anche una grande speranza. Parlava dei cristiani del suo tempo, ma anche dei cristiani di oggi, anche a me, a noi vecchi e giovani. Quando ha scritto il vangelo era della mia età, ottant’anni, più o meno e quando scrisse l’Apocalisse era più vecchio ancora: un vecchio che parla ad uno che è più giovane. Quest’uomo mi ha stimolato per la sua età. Per capirlo bisogna mettersi nella sua personalità, bisogna rifarsi al primo capitolo del suo vangelo. Egli non è come i nostri scrittori, è l’autore che racconta ad altri e ha dato il compito ad altri di scrivere. L’autore è sempre lui anche se lo scrivano è un altro.
Il Vangelo, le lettere e l’Apocalisse sono scritte a più mani, ce lo dicono lo stile, l’uso dei vocaboli e tutto il contesto. Egli è l’autore e scrisse quando aveva una certa età, ricordava bene quel che era successo ed ha voluto trasmettere agli altri quello che aveva veramente capito di Cristo. Ha trasmesso soprattutto quello che ha macinato dentro e maturato con l’età. La rivelazione di Giovanni non si è fermata a quando Cristo è morto in croce, ma ha continuato a rimbalzare nella sua mente quello che Cristo aveva detto. È stato un rimuginare e meditare insieme ad altri il progetto di Dio sull’uomo. La prima pagina è importante per capire Giovanni: In principio era il Verbo. Per Giovanni Dio e il Verbo sono la stessa cosa.
Alla mia gente semplice che non ha studiato ho cercato di spiegare la Trinità. Non è una cosa facile. Io gliel’ho spiegata così: quando voi sentite la mia voce, sentite un rumore. Se io dico che questo è un pezzo di legno, voi capite che questo è un pezzo di legno. La mia parola è qualcosa che esce da me, ma non sono io, io sono fatto di carne, di intelligenza. La voce è una cosa diversa. Il Verbo forse è la stessa cosa, il verbo che esce da Dio forse è qualcosa di diverso, ma anche la stessa cosa. La parola è qualcosa di diverso, ma anche la stessa cosa: questo l’hanno capito.
Giovanni ci dice: Dio è la parola, il Verbo è il primo atto: in principio era il Verbo, tutto fu fatto per mezzo di lui, secondo atto: Dio che crea, il grande artista, architetto e ingegnere che crea le galassie e il profumo di un fiore. Il grande artista: è un invito a cantare la gloria di Dio: tutto fu fatto per mezzo di lui e niente fu fatto senza di lui”. E qui viene spontaneo il ricordo di Francesco che canta e loda per tutte le cose belle.
Il terzo atto. Il Verbo che si fa carne e viene ad abitare in mezzo a noi. Giovanni ci racconta il progetto di Dio, non ci racconta della nascita di Gesù, ma ci parla di Dio. Questo egli l’ha scritto quando era già vecchio. In tutto questo tempo ha passato chissà quali guai, come noi, la sua vita è qualcosa di simile alla nostra.
Quante cose sono cambiate da quando siamo diventati preti ad ora? Anche nella teologia, quante cose sono cambiate? Siamo diventati adulti, tutti diversi, ognuno ha fatto la sua storia, ognuno diverso dall’altro ma che ha come base qualcosa in comune: Giovanni forse ha sentito la stessa cosa, ha camminato, si è incontrato con degli amici, ha cercato di spiegare il progetto di Dio. Ha vissuto, è cresciuto ed è andato avanti, si può dire che è cresciuto insieme ad altri.
C’è stato poi un secondo round: l’Apocalisse. Fattosi più vecchio ha visto quello che era successo e succedeva e che sarebbe successo nella storia e nella chiesa. Ha diviso bene l’Apocalisse: ha inviato una lettera alle sette chiese. Vedeva che nella chiesa di allora c’erano guai, delle cose che non andavano troppo bene. All’ultima chiesa, quella di Filadelfia, dice. Tu sei ricco.
Egli usa uno schema preciso: prima c’è la lode, il rimprovero e poi l’invito alla conversione, è lo schema per tutte le chiese.

“Tu sei ricco, ma non ti rendi conto che ti sei arricchito di cose che non sono ricche?
Le cose ricche sono altre, perciò ti rimprovero, cambia vita”.

Lui rimprovera la chiesa. Qualcuno dice che è la prostituta di cui parla. Ma non è vero, perché l’avrebbe detto subito. Egli ha scritto prima alle sette chiese: “conosco la tua fede, conosco i tuoi difetti, ti rimprovero e convertiti perché questo è il tempo per convertirsi”. Ma glielo ha detto con carità.
Quando ha poi descritto la grande prostituta è stato terribile e questo mi ha fatto molto piacere. Poi finisce tutto con il grande trionfo. Dopo la punizione della grande prostituta c’è la visione della Gerusalemme nuova.
Giovanni come noi, da giovane ha sognato, ha incontrato una persona che si chiamava Gesù, ne è rimasto incantato ed è l’unico che è stato sotto la croce quasi sfidando i suoi nemici.
È stato fedele ed ha sognato. Anche da vecchio ha continuato a sognare. Nell’Apocalisse si sente la gioia di quest’uomo. È bello questo e credo che questo sia un messaggio anche per noi.
Noi siamo diversi, ma sempre innamorati di quest’uomo che si chiama Cristo. Giovanni ci dice di conservare la fede: questa è la cosa più importante. Paolo scrivendo a Timoteo dice di lasciar perdere le bischerate e guardare invece alle cose importanti.
La fede è la cosa importante, rimanere fedele a questo Cristo credo sia importante.
Vorrei arrivare all’ultimo giorno ed aver conservato la fede, nonostante tutto. Vorrei invitare anche voi a sognare, come ha sognato Giovanni, e quando uno sogna non è vecchio.

Dino Fabiani


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