Il 22 novembre dello scorso anno, io e don Roberto Fiorini, con altri 8 pretioperai di varie regioni italiane (8 in pensione e 2 ancora al lavoro) siamo stati invitati dal presidente della Cei , mons. Matteo Zuppi, a trascorrere una giornata con lui in Episcopio a Bologna, per conoscerci e per scambiare alcune riflessioni in merito alla nostra scelta di vivere il ministero sacerdotale in condizione operaia.
Ci siamo trovati così bene che il Card. Zuppi ha dato incarico a noi e al segretario della commissione episcopale , don Bruno Bignami, di organizzare un prossimo incontro, che sarà a livello nazionale, a Bologna il 19 giugno, invitando tutti i preti italiani che dal Concilio Vaticano 2° ad oggi hanno, in qualche modo, condiviso nell’esercizio del loro ministero sacerdotale la condizione di lavoro manuale/operaia.
Ritengo importante ricordare che la figura del “preteoperaio” ha fatto il suo ingresso ufficiale nella Diocesi di Mantova per volontà del Vescovo Mons. Carlo Ferrari, quando nel gennaio del 1971 alla settimana invernale di aggiornamento dei preti giovani mantovani invitò i responsabili della comunità parrocchiale di Spinea: il parroco don Umberto Miglioranza, il curato don Bruno, don Sergio Pellegrini, preteoperaio, e il diacono Riccardo, che lavoravano già al Porto di Marghera.
Era chiaro l’obiettivo di Mons. Ferrari: offrire (riferendosi al numero 8 della Presbyterorum Ordinis) un possibile cambio di paradigma nell’esercizio del ministero sacerdotale, rispetto al paradigma offerto nella formazione sacerdotale ricevuta in seminario.
Io in quegli anni ero curato in sant’Andrea. Di ritorno da quel corso chiesi a Mons. Mantovani, mio Parroco, di passare una settimana nella comunità di Spinea. E questo avvenne. Ritornai molto in crisi (sono tutt’ora in crisi!): lo scrissi anche sul settimanale la Cittadella con una lettera aperta rivolta a tutto il presbiterio mantovano. Passarono, però, alcuni anni prima che maturasse in me la decisione, anche perché il Vescovo non era del tutto convinto. Avvenne nell’estate del 1974, quando mi trovavo curato a Ostiano con don Mario Chittolina. Feci domanda di assunzione al Calzaturificio Belvedere (una fabbrica del paese con oltre 200 dipendenti: assumevano operai generici dai 14 ai 32 anni, e io ci stavo appena dentro!).
La domanda fu accettata con assunzione dal 20 settembre 1974. Allora, in accordo con don Mario, andai a comunicare al Vescovo la mia decisione. Dopo un accalorato ma fraterno confronto ci salutammo con un abbraccio, e mi disse: “ Sappi che dovrai pagare molto di tasca tua”.
Il 20 settembre entrai in fabbrica e vi rimasi per 30 anni, fino alla pensione, maturata con 30 anni di fabbrica e 5 anni di insegnamento della religione alle medie.
Il resto lo sapete. Sono passati 50 anni e sono ancora qui.

Gianni Alessandria

(pubblicato sul settimanale della diocesi di Mantova il 19 marzo 2023)


 

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