CIVILTÀ TECNOLOGICA, SFRUTTAMENTO, EMARGINAZIONE
“La fede interroga i progetti”
Convegno nazionale PO 1986
4) Contributo dei PO del Veneto
Lavoro e civiltà
I grandi mutamenti storici sono sempre avvenuti concomitanti-conseguenti la modifica di quella fondamentale attività umana che ò il lavoro.
Esso risponde a tre grandi esigenze dell’uomo:
— provvede al soddisfacimento dei bisogni primari
— costituisce un mezzo per realizzare la propria capacita ed espressione creativa,
— assegna ad ogni persona un ruolo ed una identità sociale.
La Costituzione italiana stessa definisce la repubblica “fondata sul lavoro”: mutando radicalmente le fondamenta, si modifica anche la costruzione che ad essa si rapporta, in questo caso la società,
Le diverse tappe della civiltà presero forma (nome addirittura), si strutturarono sulla base di specifiche abilità dell’uomo a trasformare e piegare a sé con il lavoro le risorse della natura,
Il nomade errante struttura la società mobile nella tribù. Il passaggio all’agricoltura, in un contesto necessariamente stabile, fa nascere la città.
La lavorazione della pietra, del bronzo, del ferro segna il passaggio ad altrettante civiltà ben distinte e diverse. Ulteriori conoscenze determinano l’introduzione della macchina e con essa la civiltà industriale con la conseguente rivoluzione del lavoro e della società nel secolo scorso.
In tutte queste trasformazjonì storiche però un dato rimane costante: si trattava pur sempre di produrre manufatti. Sia il fuso e la conocchia che il modernissimo telaio producono fili e tessuti; varia la quantità ma l’ambito e il piano sostanziale rimane lo stesso.
Informatica: un salto di qualità
I mutamenti in atto con l’introduzione dell’elettronica e dell’informatica determinano un vero salto di qualità che cambia il contenuto stesso del lavoro, il modo di produrre, di relazionare, quindi la società.
Le finalità del lavoro sopra accennate vengono scomposte e ridefinite,
È un cambiamento non più quantitativo ma qualitativo che si realizza per di più in un arco di tempo molto breve.
Nasce da qui la grande difficoltà a capire quanto sta avvenendo e ad elaborare analisi precise perché salta qualsiasi riferimento e memoria del passato: siamo di fronte al nuovo,
Il primo dato macroscopico subito evidente conseguente l’introduzione di nuove tecnologie sono le ristrutturazioni e il drastico ridimensionamento dei grandi complessi e poli industriali (e con essi della ‘centralità’ della classe lavoratrice, fulcro dell’attività produttiva e punta di diamante del movimento sindacale).
Sorge parallelamente un tessuto flessibile e frantumato di tante piccole e medie realtà produttive, molte volte segmenti decentrati della grande industria. Queste possono reggere ed espandersi proprio grazie all’informatica che rende loro possibile l’accesso ad una quantità enorme di informazioni, ieri possibilità esclusiva della grande industria con il suo mastodontico apparato. Quindi non tanto “piccolo è bello”, ma piccolo “è possibile” grazie all’informatica e politicamente è più manovrabile e dominabile.
Il problema del controllo
Al di là degli evidenti risultati produttivi, l’introduzione di nuove tecnologie viene colta però dagli imprenditori soprattutto nella sua valenza “politica”: un’occasione storica cioè per ridefinire i rapporti di forza e uno strumento ideale per riprendere il controllo dell’intera organizzazione del lavoro. Un uso mirato quindi per pilotare i mutamenti tecnologici ai fini di una modifica radicale dei comportamenti.
Progetto padronale
Uno studio recente ad uso interno della Federmeccanica delinea con chiarezza le linee strategiche di questo progetto:
1. L’introduzione di tecnologie progredite e diversificate in imprese sempre più articolate e flessibili deve portare al superamento di ogni relazione (contrattazione) collettiva per creare invece rapporti individuali o tutt’al più di ‘gruppo’.
2. L’egualitarismo, sorto come esigenza nel contesto delle grandi masse operaie che ora vengono dalle ristrutturazioni inesorabilmente allontanate dal ciclo produttivo, deve lasciare il posto al “soggettivo”, fino alla personalizzazione dei rapporti con ogni dipendente, in base all’esclusivo ‘merito’ di ognuno.
3. Le nuove tecnologie di produzione devono portare ad una netta distinzione e separazione dell’attività economica (a cui deve essere garantita la massima libertà di iniziativa secondo le leggi del mercato) dall’assistenza, che invece deve accollarsi lo stato verso tutti coloro che per deficit personali o strutturali sono tenuti lontani dal ciclo produttivo.
Quindì le tematiche sociali (occupazione, classi deboli…) non devono interagire con la vita autonoma delle imprese ma essere campo di intervento assistenziale dello Stato.
4. Le nuove tecnologie non possono essere oggetto di contrattazione o negoziazione, perché esse sono “attinenti esclusivamente al rischio imprenditoriale”.
5. Il carattere ‘scientifico’ delle tecnologie esclude che esse possano essere rapportate a valori e dimensioni estranei, quali la solidarietà: “non c’è alleanza possibile tra solidarietà e nuove tecnologie”.
Azzeramento del passato, frantumazione della solidarietà a tutto vantaggio del merito individuale, divisione tra produttori e assistiti: questo con chiarezza il progetto che i detentori delle tecnologie vogliono perseguire cogliendo l’attuale occasione storica.
Difficoltà del sindacato
Il sindacato e il movimento dei lavoratori incontrano notevoli difficoltà nell’articolare una risposta adeguata. C’è una indubbia difficoltà ad elaborare analisi precise di ciò che sta avvenendo: non delle apparenze dei processi, ma dei loro reali meccanismi.
Il sindacato è costretto spesso a risposte immediate non sempre coerenti e mature. Il quadro di relativa stabilità costruito in tanti anni (statuto dei lavoratori, tutela dei deboli, della salute e del posto di lavoro) si sta sgretolando.
Il dato che più pesa è una grande carenza (avvertita soprattutto a livello di strutture di base perché con più evidenza quotidianamente ne subiscono l’impatto) di conoscenze teorico-tecniche e di informazioni. Questa mancanza mette chiaramente in posizione subalterna.
La difficoltà a “capire”, soprattutto per il carattere integrato e sistemico delle nuove tecnologie, impedisce di intervenire in tempo sui processi di ristrutturazione e costringe a cercare di intervenire, con molto minore efficacia, solo sui risultati.
A questo si aggiunge ancora la debolezza derivante dalla difficoltà di aggregare e unificare interessi sempre più frammentari.
Verso dove?
Ora quali prospettive sembrano aprirsi con le nuove tecnologie relativamente alle tre finalità insite nel lavoro umano?
1. soddisfacimento dei bisogni primari: è innegabile che le nuove tecnologie aprono opportunità immense e possono portare allo sviluppo di forti ricchezze. La robotizzazione allevia fatiche e nocività, apre spazi più ampi per il “tempo di vita” rispetto al tempo di lavoro.
2. realizzazione ed espressione creativa: le nuove tecnologie porteranno il superamento delle linee di montaggio e della parcellizzazione tayloristica del lavoro, simbolo quasi della passata rivoluzione industriale; ma non sembrano, per come vengono introdotte, portare al superamento dell’alienazione del lavoro. Se infatti è superata la parcellizzazione delle mansioni, non lo è affatto quella delle conoscenze. Anzi si sta notando invece un passaggio del patrimonio di conoscenze dal lavoratore alla macchina. La complessità della conoscenza dei processi produttivi viene ricomposta dalla macchina e non più dal lavoratore. Stanno infatti scomparendo nei processi di ristrutturazione quasi tutte le figure professionali intermedie, sostituite dai computers che “dialogano” tra di loro.
3. Lavoro: ruolo e identità sociale: la fondamentale rilevanza e la grande complessità delle conoscenze, nell’epoca dell’informatica, lasciate al libero gioco delle concentrazioni e dei rapporti di forza, sembrano configurare una futura realtà sociale dai contorni preoccupanti. Accanto ai pochissimi detentori del controllo delle informazioni e ai pochi supergarantiti ad altissima professionalità ci saranno il gran numero delle basse professionalità e soprattutto il vasto esercito degli assistiti.
La sfida tecnologica sta aprendo enormi possibilità ma anche nuove contraddizioni: contraddizioni che non nascono dai progressi scientifici e tecnologici, ma dal modo con il quale i pesi e i benefici del progresso vengono distribuiti.
Vecchie dinamiche di concentrazione e di espropriazione della ricchezza sociale, valide un tempo solo per la terra e poi per il denaro, paiono oggi estendersi anche al tempo, al sapere, all’intelligenza.
È su queste nuove disuguaglianze, nuove esclusioni, nuove forme di subordinazione che occorre approfondire le analisi ed agire per modificare le situazioni. Occorre uno sforzo di vaglio critico per cercare di coniugare solidarietà ed efficienza, tutela e flessibilità, evitando gli scogli del garantismo e dell’arbitrio.
La rivoluzione tecnologica sta eliminando sudore, polvere e fatica ma non lo sfruttamento e l’alienazione. Eliminare anche questi comporta una rivoluzione che oggi è difficile intravvedere in mezzo a tante difficoltà: essa è affidata alla nostra capacità di darci un progetto ed una pratica di ricomposizione del lavoro e del sapere sociale.
Pretioperai del Veneto