Il grido di Gaia (4)


 

Nel 2012 più di cinquanta tra politici e intellettuali di rilievo hanno inviato all’ONU un documento nel quale si chiede una Governance mondiale solidale e responsabile. Esso conclude un libro di più autori con questo titolo: “Le monde n’à plus temps a perdre: appel pour une gouvernance mondiale solidaire et responsable”. Qui riportiamo la prefazione del libro e l’appello.

 

La prefazione

 

Noi umani siamo apparsi e ci siamo sviluppati sul terzo pianeta del sistema solare. La terra che abitiamo, allo stato attuale delle conoscenze, è l’unico pianeta conosciuto ad ospitare degli esseri umani e probabilmente il solo a ospitare la vita.

Le condizioni che hanno reso la vita possibile, in particolare la nostra, sono numerose: una regolazione del clima grazie all’effetto serra, una grande quantità di acqua, dolce e salata, e immense risorse naturali minerali, vegetali e animali.

Questo patrimonio ci è comune. Già la crescita del nostro numero ci impone di accordare la nostra capacità di valorizzare le risorse con questo problema. Inoltre è venuto il tempo in cui le nostre attività mettono in pericolo le condizioni necessarie alla vita.

Ci siamo organizzati fin dall’origine in gruppi distinti secondo il colore della pelle, la lingua e la religione. Poi i nostri gruppi, spesso si sono riuniti fra loro, hanno creato le nazioni.

Ciascuna è proprietaria di un territorio che gestisce a sua discrezione. La nostra organizzazione collettiva riconosce la necessità di un potere sugli umani per stabilire tra di loro l’ordine e il diritto. Essa non riconosce tuttavia un tale potere che alle nazioni, con la libertà per ciascuna di esse di decentralizzarne l’esercizio, ma senza alcun potere di imporsi a loro, neppure per la gestione della nostra casa comune.

Ora ci siamo dotati di un sistema di organizzazione materiale che noi tutti in gran parte condividiamo. Esso non ha né un comando, e neppure una regolamentazione comune. Gravi recenti disordini richiedono di colmare questo vuoto.

Inoltre la veemenza di questo sistema ci ha fatto consumare in maniera più rapida parte delle nostre risorse non rinnovabili. Le nostre generazioni contemporanee di fatto sono le prime a minacciare la vita di quelle che ci seguiranno.

La stessa impetuosità produce rifiuti e inquinamenti che superano le nostre possibilità di smaltimento.

Sempre la stessa impetuosità pregiudica la stabilità del nostro clima, facendo così pesare una minaccia mortale per la nostra specie e per la vita. Per tutte queste ragioni dobbiamo riconoscere la nostra mutua interdipendenza.

Il necessario cambiamento passa attraverso una regolamentazione comune del nostro ambiente, il pianeta terra, i suoi abitanti, la sua natura e la sua atmosfera.

A condizione che ogni nazione e ogni popolo siano rappresentati, ascoltati e rispettati, accettiamo che una o più autorità con la responsabilità della regolamentazione ecologica del pianeta, e della circolazione delle risorse tra gli uomini, abbiano la possibilità di fissare delle misure costrittive a questo scopo.

Impegnamoci alla costruzione di tali istituzioni e rinunciamo a obiettare, in nome della nostra sovranità, a ogni misura che difenda l’interesse generale dell’umanità contro gli interessi nazionali, anche se sono legittimi.

Michel Rocard


 

Appello per una Governance mondiale solidale e responsabile

 

1. Una «poli-crisi»

 

Il mondo non ha più tempo da perdere: o ci si unisce per affrontare la «poli-crisi» oppure questo nostro mondo è destinato alla «poli-catastrofe».

Noi dobbiamo fronteggiare una congiunzione di crisi di portata mondiale che non ha precedenti nella storia: esaurimento delle risorse naturali, distruzione irreversibile della biodiversità, deregolamentazione del sistema finanziario mondiale, disumanizzazione del sistema economico mondiale, carestie e penurie, pandemie virali, disgregazioni politiche…Ora nessuno di questi fenomeni può essere considerato in maniera isolata. Essi sono tutti fortemente interconnessi e formano una sola «poli-crisi» che minaccia di condurre questo mondo a una «poli-catastrofe». E’ tempo di prendere la misura sistemica del problema, per apportarvi finalmente delle soluzioni adeguate, primi passi per ridefinire i principi che dovranno ispirare per l’avvenire la conduzione globale delle questioni umane.

 

2. Riconoscere la nostra interdipendenza

 

Poiché queste grandi crisi del XXI° secolo sono planetarie, gli uomini e le donne del mondo intero devono riconoscere le loro interdipendenze multiple (tra continenti, nazioni, individui). Catastrofi avvenute e catastrofi imminenti: affrontate come urgenze, è tempo per l’umanità di prendere coscienza della propria comunità di destino. Qui punto dell’effetto farfalla, ma la realtà grave e pesante, è che la nostra casa comune ha tutto che minaccia di affondarla e che non ci può essere salvezza che salvezza comune.

Lezione per eccellenza della mondializzazione: nessuno dei nostri stati o alcuna istituzione internazionale oggi è più in grado di far rispettare un ordine mondiale o di imporre le necessarie regolamentazioni globali. La fine delle tentazioni imperiali, l’agonia della sola dominazione occidentale e l’intervento crescente degli attori non governativi indicano oggi i limiti della nozione di sovranità statale e lo scacco della sua espressione internazionale: l’inter-governo.

Gli interessi nazionali non possono essere salvaguardati che da misure comuni a tutti, tanto che troppo di frequente gli egoismi locali trasformano la scena internazionale in forum di mercanteggiamenti spesso sporchi.

Che si tatti di protezione dell’ambiente o di lotta contro il riscaldamento climatico, della stabilizzazione degli scambi di materie prime e prodotti di base, di pianificazione delle risorse energetiche, della riduzione degli squilibri economici e finanziari, come delle conseguenze potenzialmente destabilizzanti dei flussi migratori, dell’aumento delle disuguaglianze e delle esclusioni sociali, la sicurezza collettiva urta contro l’inevitabile miopia degli interessi nazionali.

In questo gioco a somma zero, ogni concessione sembra sempre vissuta come una sconfitta. Anche dietro la promozione della multipolarità troppo spesso non si dissimula che il precario equilibrio delle aspirazioni nazionali al dominio. Per porre rimedio a questo scoglio, conviene elaborare modelli d’organizzazione alternativi all’egemonia, integrati e pluralisti.

 

(Traduzione dal francese di Roberto Fiorini)


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