Bergamo, 27 aprile 2013 / gli interventi (11)


 

Leggendo un intervento di Antonietta Potente, teologa Domenicana delle Sorelle dell’Assunzione, fatto ancora nel 2009, in un incontro a Genzano dal Centro interconfessionale della Pace (CIPAX) sono rimasto scosso da come lei affronta il tema della crisi sociale, economica, politica. Penso sia utile a  tutti, non perché pone soluzioni, ma per l’approccio diverso dalle nostre analisi ferme a meccanismi maschili ed  occidentali. Il  tema  era “ come restare presenti in tempi di crisi”. Tento di presentare i passaggi più  significativi.
Non possiamo partire dalla crisi o dalla reazione degli altri, ma da come la nostra storia, nonostante la crisi, continui ad ispirarci, partendo dai nodi che noi incontriamo. La prima sensazione è che ci troviamo  di fronte ad una realtà  ingarbugliata e molto complessa. Ci sentiamo spiazzati perché abbiamo sempre avuto la presunzione di semplificare la realtà attraverso analisi chiare e distinte con soluzioni coerenti. Un errore fatto dalle ideologie omnicomprensive, dalle religioni  e dalle dottrine sociali della bellezza plurale, dalle azioni politiche cosiddette coerenti è l’assolutismo. Riconosciamo che alcuni di questi processi  hanno contribuito al miglioramento della convivenza umana, ma ci inducevano a rimanere nella storia con la nostra sicurezza. Il processo di semplificazione della realtà è avvenuto attraverso una modalità di conoscenza fondata sul dualismo e sul suo continuo superamento ( tesi-antitesi: sintesi) e sul continuo processo del divenire storico necessariamente conflittuale (classe operaia-capitale; bene-male; sacro-profano; anima-corpo…). La realtà si mostra molto più complessa di questi procedimenti  e, forse, quello che noi chiamiamo crisi ci mette di fronte ad  una molteplicità di ricchezze e possibilità.
E’ vero che ci possiamo sentire spaesati, ed alle volte naufraghi; ma è proprio dall’emergere della complessità che emergono possibilità impensate, e quello che sembrava un groviglio fa emergere problemi mai presi in considerazione come la finitezza della terra , ridotta a miniera e discarica. La complessità abita anche dentro di noi e, se non ci stanchiamo, possiamo scoprire le molteplici possibilità di stare nella vita superando i nostri dualismi che ci bloccano.
Una immagine ulteriore della crisi è rappresentata dalla rottura di un bicchiere di cristallo finissimo. I frammenti sono tantissimi e non sembrano più collocabili al loro posto, un fatto irreparabile. Sembra che dobbiamo convivere con la frammentarietà del sistema e della vita. Difficile operare una unità di senso, di scelte, di visione politica. La conseguenza risulta la precarietà del nostro vivere e stare nella storia. Vivendo con i poveri si è acuito questo senso della precarietà, ma abbiamo anche colto le diversità e le ricchezze della vita. Il mondo della politica è rimasto fermo e bloccato dal vecchio pensiero unico dei burocrati, mentre altri si sono affacciati a forme di vita non omologabili. La crisi presenta anche questi frammenti da accogliere.
Quando parliamo di “crisi” intendiamo la parola nel suo vero significato di pensiero : discernimento, giudizio, capacità di osservare nel profondo , conservando il dubbio. Anche il dubbio è un motore della storia, perché impedisce le troppe sicurezze che generano disastri o rotture profonde. La vita e la storia si impasta pensandola, ristrutturandola, senza perdere “le cose vecchie e  rinunciare alle cose nuove” Bisogna “osare”. Davanti a noi sta la Natura ed i problemi ecologici che ci pone. Noi parliamo di crescita, di sviluppo e produzione di beni di consumo. Quale sviluppo per conservare questo bene anche per il futuro?
Ma non conosciamo bene nemmeno noi stessi, come possiamo conoscere gli altri ed il mondo in cui viviamo; come possiamo stabilire giuste relazioni tra i viventi. Il primo modo di pensare la crisi è quello di sentirsi dentro la crisi con la nostra sofferenza, i nostri dubbi e le nostre fatiche ed il nostro attendere. Lo sguardo attento dei profeti scrutava l’oltre…e lo attendeva. Quello che già sappiamo, forse, lo dobbiamo buttare per non portarci rimpianti od inciampi. Restare svegli ed attenti  è quello che ci assicura  la vita.
La nostra vita  era stata impostata sui sogni del bene comune, della partecipazione di massa, del senso omogeneo di una storia collettiva ….ora proviamo il senso del vuoto. Anche la comunità dei discepoli,alla morte di Gesù ha provato il vuoto e la dispersione; ma poco alla volta, i discepoli, hanno ripensato all’esperienza fatta con Gesù, hanno preso coraggio ed hanno compreso in maniera non distorta il messaggio che ha coinvolto la loro vita anche nelle diversità  di esperienze. E’ questa assenza, questo vuoto che apre futuro.

Alcuni appelli che derivano da questa esperienza:
– Ci è chiesto di restare dentro la storia, di non assentarci da essa  a causa della lentezza dei tempi, o delle contraddizioni degli avvenimenti
– Di dialogare con noi stessi  per scoprire le trame nascoste che danno il senso al vivere oggi.
– Alcune soluzioni sono già dentro questa storia; soluzioni anche parziali e da sperimentare (vedi il sacrificio di Isacco: l’ariete era già presente)
– Imparare a vedere questi tempi nel segno della precarietà: cosa dobbiamo tenere e cosa lasciare.
– La vita continua anche con la vita dei figli di altri (guardare con occhi nuovi le migrazioni).
–  Imparare a pensare e vedere anche con altri e curare il pensiero che diventa “teoria.”
–  Sostenerci  a vicenda nel cammino per  restare con umanità nella storia.
– Coltivare la sete di futuro.
– E per i credenti: restare aperti al Mistero e all’Incontro.

Luigi Forigo


 

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