Convegno di Bergamo / 2 giugno 2018
MEMORIE PER UN FUTURO
Interventi e risonanze (3)
Il mio intervento parte da un’espressione che ripeteva don Cesare Sommariva agli animatori dell’intervento culturale, in particolare a quelli che con lui sono cresciuti facendo il percorso degli esercizi spirituali – come lui li ha chiamati: ormai sono trent’anni che quei gruppi vanno avanti. Si tratta di gente che ha cominciato con Cesare 30 anni fa e che ormai è arrivata all’età di 60 anni e passa.
Cesare aveva proposto gli esercizi spirituali per “imparare a vivere la fede in solitudine”. Cosa volesse dire esattamente, Cesare non l’ha mai definito con precisione. Oggi io riesco a dire che mi sembra quanto mai vero che vivere la fede in solitudine mi tocca: con questo papa, sì (e meno male che c’è lui) e con questo vescovo a Milano (e meno male che c’è lui) – …però comunque mi tocca viverla in solitudine.
Sì, oggi ti tocca accorgerti che è difficile trovare gente con cui puoi scambiare, riflettere, pensare… non solo sul vivere la fede ma anche sul vivere la vita: questi sono tempi in cui ti senti solo, ti è difficile intenderti con gli altri, …sì, sono tempi di confusione. Nei quali vivere accettando di soffrire per questo tuo sentirti solo, perché il mondo attorno è sempre più difficilmente in sintonia con te.
Nei momenti di comunicazione personale Cesare ogni tanto esprimeva questa faccenda dell’essere solo. Siamo stati in 3 insieme per 31 anni, ma lui diceva (a volte, ma senza inutili insistenze) di essere solo. Ed è vero, perché ognuno di noi in realtà è solo, e quando gli tocca andarsene è solissimo, è costretto ad essere semplicemente lui davanti a Dio, e basta.
Anche di questi tre personaggi di cui oggi facciamo memoria si può dire che abbiano vissuto questa solitudine.
• Sono certo che Martini era uno che si teneva per sé quello che lo agitava dentro; al massimo poteva dirlo al confessore, certamente lo faceva oggetto della propria preghiera (e quanto e per quanti Martini è stato maestro di preghiera!).
Martini ogni settimana se ne andava via un giorno intero nel silenzio delle montagne; ogni mese faceva alcuni giorni in ritiro: io l’ho incrociato la prima volta a Villa d’Adda, in una cascina diroccata in cui abitava padre Ignazio Fontana, il primo gesuita operaio (noi PO lombardi lo abbiamo incontrato una volta sola, una trentina di anni fa proprio in questa sala). Non a caso Martini da Roma, dal Pontificio Istituto Biblico, veniva a ritirarsi in una stanzetta malmessa di quella cascina diroccata dove abitava padre Ignazio, gesuita operaio.
Io ho incontrato Martini almeno una dozzina di volte insieme con Cesare e Sandro. Aveva dentro di sé visioni stupende, cercava il nuovo (e anche per questo voleva incontrare i pretioperai). Leggete “Il silenzio della parola”, un libro di Damiano Modena: 4 o 5 anni prima di morire, Martini gli aveva chiesto: “Te la senti di accompagnarmi a morire”? Quel libro con estrema semplicità riesce a raccontarci il vero Martini nei suoi ultimi anni da parkinsoniano.
• Così Alex Langer, che io non ho conosciuto, ho solo stimato da lontano. A suo tempo, di lui non ho capito granché, ma la sua morte mi ha molto colpito.
Io penso che era così solo… Alla parola solitudine si potrebbe aggiungere anche l’aggettivo impotente. Ieri sera ho risposto a una mail ricevuta da una psichiatra davvero brava, con una storia seria dietro le spalle; mi aveva scritto così: “Tu mi mandi cose stimolanti, però io mi sento sola e impotente”. La mia risposta è stata: anch’io mi sento solo e impotente, è vero; però mi viene da respirare profondo quando incontro qualcuno che vive con le mie stesse sofferenze, con il quale posso condividere questo sentirmi solo e impotente… e poi continuo a sperare che dopo l’inverno arrivi la primavera. Questa speranza la tengo viva; non so quanto sia fondata, forse è fondata solo sulla natura e sulla fede…
• E infine Balducci: anche lui è stato molto importante per me. Io non ho una testa da intellettuale, però “L’uomo planetario” per me è stata una fonte a cui attingere per dissetarmi.
Mi ricordo quanto Balducci sia stato male quando è ripreso il ciclo delle guerre (era il 1991, la guerra del Golfo – l’Operazione Desert Storm) e ha espresso il suo star male in qualche articolo che mi ricordo di aver letto: per lui quello era un cambio d’epoca; era finita l’epoca in cui sognavi la non violenza e la pace. Ecco, Balducci si è sentito anche lui uomo solo e impotente.
Martini, Langer, Balducci e (permettetemi di aggiungerlo) Cesare: tutti e quattro hanno avuto visioni profetiche, hanno visto più avanti. Oggi mentre riconosciamo il bello e il nuovo che loro ci hanno additato, ci diciamo che lì dentro c’è un futuro… È vero: in questo periodo, con questo governo, con questo mondo… con l’andamento attuale del pianeta ci tocca vivere in solitudine, impotenti, sì; ma proviamo il gusto di vivere lungo quelle piste che loro hanno intuito, hanno iniziato a percorrere e hanno tracciato anche per noi.
LUIGI CONSONNI