Interventi
Occorre assolutamente vedere i bivi e scegliere da ora.
Penso che i bivi siano diversi, di diversa grandezza.
Ogni dieci metri un bivio, diceva Mao.
Uno di essi – che da qui ora mi appare – è certamente il come immaginare la struttura parrocchiale e la figura del prete.
Vedo di andare per punti, senza ordine, così come mi vengono in mente ora.
Poi penseremo al riordino.
1. È ben diverso se io immagino una figura di prete tipo piccolo fratello che condivide la vita della gente, nella povertà e nel suo stimolare il cammino, dall’immaginare una struttura parrocchiale ben funzionante su tutti i piani sia sociale sia rituale.
2. Tanti fattori / idee / valori / immagini / tradizioni convergono in questo bivio.
Se penso ad una “chiesa / parrocchia” come soggetto sociale in una zona, allora metto dentro nella parrocchia tutte le attività sociali e rituali per convogliare attorno ad essa promotori e gente di ogni tipo. In questa direzione mi vien fuori un modello parrocchiale tipo supermercato, ben gestito, con le varie rivendite… e concorrenze.
Se penso
– ad una autonomia del sociale
– e ad un accompagnamento pastorale del cammino di un popolo,
allora mi vien fuori:
a. la costruzione di una associazione culturale autonoma, fatta da pochi veri promotori / animatori di vita / speranza / soggettività personale e sociale, che lentamente ha una sede propria ed una diffusione diffusa, che ha anche:
– una sua autonomia economica ben definita
– un suo modello organizzativo
– un suo cammino formativo extra parrocchiale;
b. la trasformazione in grande povertà evangelica / pastorale dell’attività parrocchiale che
– offrirebbe spazi seri di ricerca di fede
– una catechesi ben ricercata come linguaggio a vari livelli
– un’attenzione a ricominciare sempre dai più poveri;
c. la figura del prete come “vero anziano nella fede e centro di com-unione”.
3. Ben diverso – a seconda del lato del bivio che scelgo – è ciò che si ritroverebbe il prete futuro e…
In un caso si troverebbe a gestire una struttura con costi enormi e costruzioni da mantenere o migliorare. Fare il prete e fare il manager non avrebbe differenze.
Nell’altro caso si presenterebbe al futuro prete la possibilità di una vita veramente di povertà e semplicità evangelica, di condivisione della vita anche di lavoro della gente….
4. Per esempio, di fronte all’esigenza di fare un locale in San Roque per migliorare il doposcuola, posso scegliere:
– o fare i lavori dentro la struttura parrocchiale
– o cercare di affittare e sistemare la struttura della casa comunale che ho di fronte, cercando poi di renderla sede dell’attività pedagogica, sia di salute che di percorso scolastico
Nel primo caso aumenterei la struttura alle dipendenze della parrocchia, con tutti i vantaggi ed i rischi.
Nel secondo caso, svuoterei dell’attività sociale la parrocchia e darei autonomia, o almeno un cammino di autonomia, alle attività sociali.
5. Se scelgo la seconda ipotesi, è chiaro che il cammino dei prossimi anni sarà quello di
– cercare una sede per l’ipotetica associazione sociale di educatori in salute e in percorso scolastico
vedere quali dei promotori se la sentono di rischiare la vita per diventare soggetti collettivi di una autonomia territoriale, che essi stimolano, animano eccetera
– ne vedrei i costi reali e vedrei come sanarli e così essi diventerebbero un soggetto collettivo territoriale autonomo, che poi può coordinarsi con chi vuole.
In questo caso la struttura parrocchiale potrei modellarla sulla povertà, essenzialità del cammino di fede, dell’evangelizzazione in una ricerca seria di linguaggio per:
a. esprimere la mia / nostra avventura umana di cristiani;
b. comunicarla in modo adeguato.
Luogo serio, di silenzio, di studio, riflessione, preghiera, ospitalità nel vero senso…
Questa ipotesi ha benefici e rischi.
6. Con che criteri scegliere?
Riprendo il tema del bivio della struttura parrocchiale
Dopo averci pensato, ripensato anche con Andrea, ed aver riletto quanto scritto, mi appare – da qui in Italia – il bivio più importante per me nei prossimi anni. Dico alcuni punti ancora:
1. Questo è sempre stato un po’ il mio tentativo: di come rapportare Autonomia e Teonomia. Nel primo fascicolo dei ritiri ho espresso la sintesi della mia storia.
2. Inoltre vedendo la fine che hanno fatto i tre tentativi a Pero, a Sesto, a Cologno, non posso dire che siano tentativi riusciti.
3. Come diceva Gramsci, la chiesa è dilaniata dall’ondeggiare fra le due polarità:
– trascendenza
– incarnazione.
A volte troppo spiritualista, a volte troppo politicizzata. Se vai da una parte, si svuota l’altra. E viceversa. E ti trovi con ciò che non volevi.
4. lI “nodo” è in che senso uno intende la “chiesa”.
Se essa è un “soggetto sociale” oppure no. Se la parola “comunità” deve essere intesa in senso di gruppo sociale che incide sul sociale direttamente, oppure se è una comunità di fede, che si limita a lievitare attraverso la lievitazione dei singoli.
5. Mi sembra che “coloro che lo Spirito chiama e riunisce” debbano certamente avere tutte le loro cose per coltivare, custodire, trasmettere “il dono”, e perciò debbano avere / offrire
– un luogo
– dei riti
– delle forme di annuncio
– delle forme educative.
Però mi sembra che ciò debba limitarsi al minimo. Tutto il resto deve essere reso autonomo.
6. Il problema semmai sarà come relazionarsi con il cammino autonomo del popolo che anche i cristiani hanno contribuito a realizzare in forme autonome. È quello che si chiamava “accompagnamento pastorale”.
Le forme di questo accompagnamento dovranno ricercarsi, stando attenti ai due errori
– della circoncisione
– del corbàn.
Ritengo però necessario uno spazio di relazione fra autonomia e teonomia.
7. Occorrerà porre attenzione almeno anche a due cose:
a. a ridurre al minimo le spese, così che almeno la struttura parrocchiale possa autogestirsi economicamente. Non aumentare le strutture parrocchiali, decentrare al massimo in piccoli gruppi di settore, che possano meglio controllare autonomamente e non essere controllati dall’alto. Massima povertà.
b. Creare “spazi” per l’autonomia dell’azione sociale: luoghi autonomi, proprietà associativa, elementi seri di autoorganizzazione, preventivi economici reali e possibili.
8. Ci si può richiamare al momento della creazione dei diaconi, se si vuole. Con attenzione a “non creare diaconi” nel senso liturgico. Quello però fu un bivio, che potrà essere mal letto, però il problema se lo erano posto.
9. Un’immagine primordiale di come potrebbe in futuro diventare la vicenda può essere composta da questi elementi:
a. un intervento sociale (salute, educazione, territorio)
– con un intervento ben valutato / progettato / programmato
– con sede (almeno una) autonoma
– con 5 coordinamenti di settori
– con una autorganizzazione che rifiuta il modello gerarchico ed il modello democratico, ma cerca di assumere il modello dialettico
– che esige perciò almeno 5 cause esterne coordinate fra loro
– e che anche pensa alla cura della vita dei promotori
– con un bilancio chiaro e pubblico di cui occorrerà cercare le sicure fonti.
b. un intervento pastorale
-con 4 o 5 luoghi che si possono automanterere
– con 4 tipi di attività ben fatte:
– catechesi e charlas
– liturgia tendenzialmente autogestita
– coro ben preparato fino a trasformare il popolo in popolo che canta
– visita agli infermi ed aiuto ai più necessitati
– con 4 o 5 equipos parrocchiali che si riuniscono ogni settimana, a cui possono, se vogliono, partecipare anche alcuni delle attività di intervento sociale, per valutarne non la scientificità ma lo Spirito con cui vengono fatti
– con il consiglio parrocchiale di pastorale mensile, in cui si entra sempre di più nel lavoro pastorale dello Spirito
– con le due Valutazioni – Progettazioni – Programmazioni annuali.
c. le due persone di preti, la cui immagine potrebbe contenere
– una vita in comune fatta
di preghiera assieme
di comunicazione personale
di discussione sul ruolo del prete
di ricerca sul cammino pastorale
– un’attività fatta di divisioni di compiti e riunione dei risultati
– tempi seri di ritiro, riflessione:
– settimanali
– mensili
– con un quaderno che registri le difficoltà, gli argomenti, il cammino.
d. una ricerca di dialogo
– tra le attività sociali salvadoregne e quelle milanesi
– tra la ricerca pastorale salvadoregna e i preti operai milanesi o lombardi.
Un particolare contributo dovrebbe darlo anche Andrea.