“CHI LOTTA E SOFFRE SU UNA ZOLLA DI TERRA
LOTTA E SOFFRE PER TUTTA LA TERRA”
Viareggio 1998

Interventi


 

Sono Mario Facchini di Pappiana, provincia di Pisa, faccio l’infermiere in un Centro di riabilitazione psichiatrica. Ho famiglia con quattro figli.
Mi sento autorizzato a parlarvi a differenza di altri convegni di Pretioperai, a cui ho partecipato, per l’introduzione che ha fatto Roberto Fiorini dicendo che questo è un incontro e non un convegno. Vorrei proporvi la mia comunicazione utilizzando la forma con cui Maria Grazia ha presentato la vita di Sirio, cioè il paradosso. Prendo sul serio questa occasione e intendetela un po’ come una confessione personale. Mi sento accolto da voi e sento il bisogno di riconciliarmi con me stesso, con voi e con la nostra storia. Il paradosso della mia vita è fra queste due polarità, l’innocenza ed il peccato. Una pennellata per introdurre e per capire questo tipo di problematica. Introdotto ai giochi sessuali da piccolo bambino e all’interno di una famiglia patriarcale, come un grande clan, sono l’undicesimo figlio, nato nella vecchiaia della mia mamma. Questa situazione, come accade per il granellino di sabbia che si insinua nell’ostrica e stimola la produzione della perla, ha creato una ricerca, un movimento interiore nella inconsapevolezza che dopo è stata riletta con gli strumenti anche psicanalitici e psicologici. Questo ha avviato quella cosa che ritengo la più meravigliosa della mia vita, l’amore di Cristo, l’innamoramento di Gesù. Ha avuto una storia strana, particolare, non leggibile nelle reazioni di causa-effetto, non potendo individuare quale cosa viene prima e quale dopo. Quindi tutto un cammino di ricerca, di rigidità, di espiazione, di forte volontà nel realizzare o nel recuperare un’innocenza inconsapevolmente perduta. Questo mi ha portato in seminario, con un amore dilagante che oltre ad investire l’aspetto personale ha risvegliato la riflessione teorica: è il tempo del Concilio. La strada del Vangelo, la scoperta e la scelta dei poveri e di conseguenza la scelta della vita operaia, che mi ha segnato come un’immersione dentro l’amore di Cristo unito all’amore degli altri.
Il superare continuamente i confini, le barriere, i momenti contingenti ha permesso di mescolare ciò che si trovava nella superficie della mia vita con la ricerca interiore attraverso un amore che scaturiva verso persone o nelle cose, vicino alla storia degli altri. Sono arrivato a Viareggio, al Bicchio accolto da Sirio e Rolando e lì ho sentito l’estrema libertà della ricerca. Lentamente ho avvertito anche le contraddizioni che le mie pulsioni profonde creavano all’interno di questo contesto fondato sulla fedeltà e in coerenza richiesta dalla vita del preteoperaio e dalla missione che mi ero mosso ad intraprendere. Ho scoperto che nella mia vita fedeltà ed infedeltà sono impastate, messe insieme. Ho scoperto che solo Dio è fedele. Solo sulla sua fedeltà si può giocare, almeno io potevo giocare la partita della mia vita, con quello che c’è dentro, quindi anche voi tutti.
Il movimento dei pretioperai mi ha assistito in questo cammino, fino al punto in cui ho lasciato l’esperienza di prete nel senso ministeriale. Questa doppia polarità innocenza-peccato, fedeltà-infedeltà mi fa ripensare all’esperienza del cammino di montagna. C’è chi va sul sentiero anche se difficile ed è il caso vostro e chi, è il caso mio, come il ragazzino vaga dentro e fuori e qualche volta ritorna con le ginocchia spaccate o con il naso rotto. Che cosa è rimasto in me della strada che abbiamo fatto insieme? Qualche tempo fa dicevo ad un amico che avrei partecipato ad un incontro di pretioperai e lui mi disse: Ma cosa c’entri tu con loro? Nel momento in cui un prete torna laico è spogliato completamente, perde il potere, non ha diritto di parola.
Noi siamo minorenni all’interno della Chiesa. È strano come questo muro che Sirio ha saltato, è sempre presente davanti a noi. Ci sono delle cose da saltare, oltre cui andare, anche nella condizione di laico. Lida, la mia sposa, i miei bambini Nicola, Sara, Irene, Massimo sono muri nella doppia accezione come vincoli d’amore e come confini da allargare, persone da rispettare e da servire.
Che cosa è rimasto dell’esperienza di preteoperaio? La laicità come spoliazione e servizio e ve la offro come piccolo segno profetico. Nella professione la scelta di non fare carriera, di rimanere a contatto con i pazienti è in continuità con quanto deciso trenta anni fa al Bicchio. Il pesce ha la vescica natatoria, quando la gonfia sale in alto. Rimanere in basso vuol dire aderire a quelle situazioni che il mondo scarta, è un po’ come camminare sul fondo della storia.
Mi occupo di persone che hanno problemi psichici, farlo significa compromettersi, trovare la propria debolezza, il proprio nucleo psicotico di disturbo, ma trovarlo come momento di fraternità e soprattutto di liberazione. È rimasto il rapporto con voi. Questa rete di rapporti umani a cui sono attaccato, anche se da un punto di vista di titolo non ho diritto di appartenere al vostro gruppo, da un punto di vista di riconciliazione mi offro come esterno ad un cammino che possiamo fare insieme con l’unico titolo che ci consente di chiamarci fratelli e sorelle.
Dò valore alle cose che vi dico come di una confessione affidata alla sacramentalità dell’accoglienza reciproca.

Mario Facchini


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