
Incontro PO italiani ed amici
Viareggio, 20-21 aprile 2002
In queste ultime settimane ho letto l’ultimo libro di Bauman: La modernità liquida : e l’ho trovato interessante anche perchè mi ha fatto sollevare gli occhi per guardare oltre la realtà del nostro paese. Quello che sta succedendo qui succede in tutto il mondo occidentale. Nella sua introduzione parla di fluidi che viaggiano con estrema facilità: scorrono, traboccano, filtrano, tracimano, colano, gocciolano e trapelano: a differenza dei solidi, non sono facili da fermare, possono aggirare gli ostacoli, scavalcarli o ancora infiltrarvisi.
La fluidità come metafora del tempo attuale in cui avviene la fusione dei corpi solidi, che sono i legami che trasformano le scelte individuali in scelte collettive. I solidi, punti di riferimento chiaro, le sicurezze conquistate i diritti, si stanno sciogliendo. Sta avvenendo l’espropriazione degli spazi e dei luoghi; la politica ridotta a manifestazioni pubbliche di intimità e a confessioni pubbliche e al pubblico esame: censura di virtù e vizi privati, con la questione della credibilità delle persone pubbliche che va sempre più sostituendosi alla riflessione su cosa sia e dovrebbe essere l’arte della politica.
Una società che ha paura, e che di fronte al diverso e alla diversità si blinda. La settimana scorsa il ministro degli interni Scaiola a Bergamo si è congratulato con l’amministrazione comunale perchè 50 strade sono sotto controllo con telecamere. Il ritorno del Grande Fratello.
L’antropologo Levi-Strauss afferma che due sono le strategie di fronte al corpo estraneo: quella di vomitare, dello sputar fuori e vietare il contatto fisico, il dialogo e i rapporti sociali. Sue forme aggiornate e raffinate sono le separazioni spaziali, i ghetti urbani e l’accesso selettivo agli spazi. La seconda è quella di divorare l’estraneo, gli spiriti estranei, in modo da renderli, mediante il metabolismo, identici e non più distinguibili dal corpo che li ingerisce. Una strategia che mira all’annullamento e distruzione delle diversità.
Non voglio dilungarmi oltre su queste analisi perché abbiamo fin troppo chiaro quello che sta avvenendo sul pianeta: la nostra storia personale ci ha messo nella condizione privilegiata di conoscere, vedere e guardare in faccia “la Bestia dell’Apocalisse”. Le forze negative, antiche antagoniste della nostra giovinezza, che ritenevamo sconfitte e prossime a morire stanno riprendendo vigore, ricevono nuovo impulso sotto forme diverse. Non c’è mai stata tanta ricchezza e accumulazione del denaro e non c’è mai stata tanta gente che sta male: la maggioranza dell’umanità.
In una situazione simile invochiamo la presenza della profezia e dei profeti. Ma dov’è il profeta? chi è? Penso che oggi egli abbia cambiato volto. Non è la voce di chi interpreta o di chi si erge a difesa di qualcuno: la profezia oggi è il grido che si manifesta attraverso la voce dei deboli ma anche il silenzio degli esclusi, che è ancora più terribile. Qualche anno fa in un nostro convegno era echeggiata la frase di Isaia: “Sentinella, quanto manca all’alba? quanto è lunga ancora la notte?”.
Si percepiva la notte, essa incombeva nella speranza che finisse: “A’ da passà ‘a nuttata” diceva il buon Eduardo. Forse quel periodo era l’inizio della notte. In questo momento mi sento più vicino ai capitoli della creazione, nella Genesi: “Fu sera e poi mattino: secondo giorno … e fu sera e poi mattino: terzo giorno …” e così via. La creazione continua, fatta di notti e giorni e sta continuando tutt’ora. Probabilmente la notte e il giorno fanno parte della medesima realtà. Non mi voglio consolare, tuttavia guardando all’indietro anche i decenni scorsi avevano le loro notti e i loro giorni. La memoria mi aiuta: sono decenni che si lotta, si è sempre stati in trincea e non mi risulta ci sia stato un anno tranquillo. Il male ha diverse forme, ma è sempre male. Sono gli strumenti che cambiano per affrontarlo e gli strumenti di ieri non sempre sono adatti perché il male di ieri era visibile, con tanto di nome e indirizzo. Oggi è invisibile, è fluido come accennavo all’inizio; non sai con chi prendertela perchè non ha volto, ma gli effetti si vedono e questo ti mette più rabbia dentro.
La memoria aiuta; infatti tutta la fede biblica regge sulla memoria dell’Esodo, la Pasqua è memoria: “Quando sederai all’ombra del fico e dell’olivo, ricordati che un giorno anche tu fosti schiavo in Egitto … per questo abbi cura dello straniero…”. Penso sia importante oggi ricordare, essere testimoni della memoria: tutto dura un attimo, ci si scorda già di quello che è successo ieri, qualche settimana fa. Questo fa comodo per poter continuare ad agire come se nulla fosse accaduto, e le ferite continuano a sanguinare e non si rimarginano. Come mi ci trovo in questa situazione? Dico sinceramente di provare una rabbia dentro ma nello stesso tempo capisco che è importante tenere i nervi saldi, la calma. Si dice spesso che la calma è la virtù dei forti. Ciò mi permette di gustare la vita che mi viene offerta ogni giorno.
Ho sotto gli occhi un aneddoto zen: “Un uomo stava camminando nella foresta quando si imbattè in una tigre. Fatto dietro-front precipitosamente, si mise a correre inseguito dalla belva. Giunse sull’orlo del precipizio, ma per fortuna trovò da aggrapparsi ad un ramo sporgente di un albero. Guardò in basso e stava per lasciarsi cadere, quando vide sotto di sè un’altra tigre. Come se non bastasse, arrivarono due grossi topi, l’uno bianco e l’altro nero, che incominciarono a rodere il ramo. Ancora poco e il ramo sarebbe precipitato. Fu allora che l’uomo scorse un frutto maturo. Tenendosi con una mano sola, lo colse e lo mangiò: com’era buono!”.
La situazione porterebbe ad essere pessimisti, ma saper scorgere dei segni di speranza credo sia un’ottima medicina. Segnali forti a livello planetario si stanno levando come reazione a questo tipo di sviluppo. Vivo in una struttura dove passano molte persone, soprattutto giovani ,ho fiducia, percepisco la sensazione che qui siamo di fronte ad un colpo d’ali.
Un altro punto fermo che ritengo essenziale è il “continuare ad esserci”: essere dentro, sentirmi dentro questo fiume in piena che qualche volta non si vede, è sotterraneo ma che poi emerge prepotentemente. “Nei sotterranei della storia”, un concetto che ha la sua importanza oggi e mi piace legarlo al concetto di “laboratorio”. Qualche anno fa, in un articolo della nostra rivista, parlai della funzione del tarlo demolitore del legno, che lavora silenziosamente e che si inserisce là dove è difficile entrare. Un lavorio di anni, ma al momento giusto, un piccolo colpo e il tutto si sfascia. Ogni statua gigante ha il suo piede d’argilla (vedi l’11 settembre”).
A questi livelli occorre fantasia e costanza: fantasia perché mi permette di affrontare le nuove situazioni con mezzi adatti (nel ’68 si parlava della fantasia al potere). La costanza alla fine dà i suoi frutti. Essa ha inoltre un altro volto: quello della fedeltà. Quando due si sposano, promettono di rimanere fedeli in ogni circostanza, felice o avversa, nella buona e nella cattiva sorte: questo lo applico alle situazioni e alle scelte fatte decenni or sono. Sirio diceva “Non è pensabile onestamente che la permanenza possa dipendere da una soggettività o peggio ancora dalla giustificazione di un gradimento o dalla constatazione della sconfitta, dalla avvertenza della inutilità o semplicemente dal mutare delle stagioni”.
La società in cui viviamo è senza punti di riferimento, espropriata degli spazi e dei luoghi di socializzazione. Gli unici aperti e permessi sono quelli legati al consumo, fatti apposta per il “mordi e fuggi”, in continuo movimento. Il “sedetevi qui e riposatevi un po’” evangelico lo ritengo importante, quanto gli spazi fisici. Il luogo dove vivo è adatto a che le persone si incontrino, sostino, si riposino, si ascoltino; un luogo accogliente.
I vecchi monaci parlavano della “stabilitas loci”. Spesso sentiamo: “ti ho telefonato, ma non c’eri, sono passato ma non ti ho trovato”.
Stare lì, essere presente, creare spazi di libertà, creare delle possibilità, abitare il luogo perché sia un punto di riferimento sicuro, su cui ci si può sempre contare. Mi fa sempre tristezza passare davanti a case che non hanno segni di vita, dormitori.
Di fronte a tutto quello che sta avvenendo mi sento in sintonia con il salmo 131:
La fluidità come metafora del tempo attuale in cui avviene la fusione dei corpi solidi, che sono i legami che trasformano le scelte individuali in scelte collettive. I solidi, punti di riferimento chiaro, le sicurezze conquistate i diritti, si stanno sciogliendo. Sta avvenendo l’espropriazione degli spazi e dei luoghi; la politica ridotta a manifestazioni pubbliche di intimità e a confessioni pubbliche e al pubblico esame: censura di virtù e vizi privati, con la questione della credibilità delle persone pubbliche che va sempre più sostituendosi alla riflessione su cosa sia e dovrebbe essere l’arte della politica.
Una società che ha paura, e che di fronte al diverso e alla diversità si blinda. La settimana scorsa il ministro degli interni Scaiola a Bergamo si è congratulato con l’amministrazione comunale perchè 50 strade sono sotto controllo con telecamere. Il ritorno del Grande Fratello.
L’antropologo Levi-Strauss afferma che due sono le strategie di fronte al corpo estraneo: quella di vomitare, dello sputar fuori e vietare il contatto fisico, il dialogo e i rapporti sociali. Sue forme aggiornate e raffinate sono le separazioni spaziali, i ghetti urbani e l’accesso selettivo agli spazi. La seconda è quella di divorare l’estraneo, gli spiriti estranei, in modo da renderli, mediante il metabolismo, identici e non più distinguibili dal corpo che li ingerisce. Una strategia che mira all’annullamento e distruzione delle diversità.
Non voglio dilungarmi oltre su queste analisi perché abbiamo fin troppo chiaro quello che sta avvenendo sul pianeta: la nostra storia personale ci ha messo nella condizione privilegiata di conoscere, vedere e guardare in faccia “la Bestia dell’Apocalisse”. Le forze negative, antiche antagoniste della nostra giovinezza, che ritenevamo sconfitte e prossime a morire stanno riprendendo vigore, ricevono nuovo impulso sotto forme diverse. Non c’è mai stata tanta ricchezza e accumulazione del denaro e non c’è mai stata tanta gente che sta male: la maggioranza dell’umanità.
In una situazione simile invochiamo la presenza della profezia e dei profeti. Ma dov’è il profeta? chi è? Penso che oggi egli abbia cambiato volto. Non è la voce di chi interpreta o di chi si erge a difesa di qualcuno: la profezia oggi è il grido che si manifesta attraverso la voce dei deboli ma anche il silenzio degli esclusi, che è ancora più terribile. Qualche anno fa in un nostro convegno era echeggiata la frase di Isaia: “Sentinella, quanto manca all’alba? quanto è lunga ancora la notte?”.
Si percepiva la notte, essa incombeva nella speranza che finisse: “A’ da passà ‘a nuttata” diceva il buon Eduardo. Forse quel periodo era l’inizio della notte. In questo momento mi sento più vicino ai capitoli della creazione, nella Genesi: “Fu sera e poi mattino: secondo giorno … e fu sera e poi mattino: terzo giorno …” e così via. La creazione continua, fatta di notti e giorni e sta continuando tutt’ora. Probabilmente la notte e il giorno fanno parte della medesima realtà. Non mi voglio consolare, tuttavia guardando all’indietro anche i decenni scorsi avevano le loro notti e i loro giorni. La memoria mi aiuta: sono decenni che si lotta, si è sempre stati in trincea e non mi risulta ci sia stato un anno tranquillo. Il male ha diverse forme, ma è sempre male. Sono gli strumenti che cambiano per affrontarlo e gli strumenti di ieri non sempre sono adatti perché il male di ieri era visibile, con tanto di nome e indirizzo. Oggi è invisibile, è fluido come accennavo all’inizio; non sai con chi prendertela perchè non ha volto, ma gli effetti si vedono e questo ti mette più rabbia dentro.
La memoria aiuta; infatti tutta la fede biblica regge sulla memoria dell’Esodo, la Pasqua è memoria: “Quando sederai all’ombra del fico e dell’olivo, ricordati che un giorno anche tu fosti schiavo in Egitto … per questo abbi cura dello straniero…”. Penso sia importante oggi ricordare, essere testimoni della memoria: tutto dura un attimo, ci si scorda già di quello che è successo ieri, qualche settimana fa. Questo fa comodo per poter continuare ad agire come se nulla fosse accaduto, e le ferite continuano a sanguinare e non si rimarginano. Come mi ci trovo in questa situazione? Dico sinceramente di provare una rabbia dentro ma nello stesso tempo capisco che è importante tenere i nervi saldi, la calma. Si dice spesso che la calma è la virtù dei forti. Ciò mi permette di gustare la vita che mi viene offerta ogni giorno.
Ho sotto gli occhi un aneddoto zen: “Un uomo stava camminando nella foresta quando si imbattè in una tigre. Fatto dietro-front precipitosamente, si mise a correre inseguito dalla belva. Giunse sull’orlo del precipizio, ma per fortuna trovò da aggrapparsi ad un ramo sporgente di un albero. Guardò in basso e stava per lasciarsi cadere, quando vide sotto di sè un’altra tigre. Come se non bastasse, arrivarono due grossi topi, l’uno bianco e l’altro nero, che incominciarono a rodere il ramo. Ancora poco e il ramo sarebbe precipitato. Fu allora che l’uomo scorse un frutto maturo. Tenendosi con una mano sola, lo colse e lo mangiò: com’era buono!”.
La situazione porterebbe ad essere pessimisti, ma saper scorgere dei segni di speranza credo sia un’ottima medicina. Segnali forti a livello planetario si stanno levando come reazione a questo tipo di sviluppo. Vivo in una struttura dove passano molte persone, soprattutto giovani ,ho fiducia, percepisco la sensazione che qui siamo di fronte ad un colpo d’ali.
Un altro punto fermo che ritengo essenziale è il “continuare ad esserci”: essere dentro, sentirmi dentro questo fiume in piena che qualche volta non si vede, è sotterraneo ma che poi emerge prepotentemente. “Nei sotterranei della storia”, un concetto che ha la sua importanza oggi e mi piace legarlo al concetto di “laboratorio”. Qualche anno fa, in un articolo della nostra rivista, parlai della funzione del tarlo demolitore del legno, che lavora silenziosamente e che si inserisce là dove è difficile entrare. Un lavorio di anni, ma al momento giusto, un piccolo colpo e il tutto si sfascia. Ogni statua gigante ha il suo piede d’argilla (vedi l’11 settembre”).
A questi livelli occorre fantasia e costanza: fantasia perché mi permette di affrontare le nuove situazioni con mezzi adatti (nel ’68 si parlava della fantasia al potere). La costanza alla fine dà i suoi frutti. Essa ha inoltre un altro volto: quello della fedeltà. Quando due si sposano, promettono di rimanere fedeli in ogni circostanza, felice o avversa, nella buona e nella cattiva sorte: questo lo applico alle situazioni e alle scelte fatte decenni or sono. Sirio diceva “Non è pensabile onestamente che la permanenza possa dipendere da una soggettività o peggio ancora dalla giustificazione di un gradimento o dalla constatazione della sconfitta, dalla avvertenza della inutilità o semplicemente dal mutare delle stagioni”.
La società in cui viviamo è senza punti di riferimento, espropriata degli spazi e dei luoghi di socializzazione. Gli unici aperti e permessi sono quelli legati al consumo, fatti apposta per il “mordi e fuggi”, in continuo movimento. Il “sedetevi qui e riposatevi un po’” evangelico lo ritengo importante, quanto gli spazi fisici. Il luogo dove vivo è adatto a che le persone si incontrino, sostino, si riposino, si ascoltino; un luogo accogliente.
I vecchi monaci parlavano della “stabilitas loci”. Spesso sentiamo: “ti ho telefonato, ma non c’eri, sono passato ma non ti ho trovato”.
Stare lì, essere presente, creare spazi di libertà, creare delle possibilità, abitare il luogo perché sia un punto di riferimento sicuro, su cui ci si può sempre contare. Mi fa sempre tristezza passare davanti a case che non hanno segni di vita, dormitori.
Di fronte a tutto quello che sta avvenendo mi sento in sintonia con il salmo 131:
Orgoglio non gonfia il mio cuore
superbia non turba il mio sguardo,
non vado in cerca di gloria,
di grandi imprese, o Signore.
superbia non turba il mio sguardo,
non vado in cerca di gloria,
di grandi imprese, o Signore.
Tranquillo e sereno mi sento,
un bimbo in braccio a sua madre,
un bimbo svezzato è il mio cuore
in Dio speri sempre Israele.
un bimbo in braccio a sua madre,
un bimbo svezzato è il mio cuore
in Dio speri sempre Israele.