Il vangelo nel tempo
Contributo della comunità della Madonnina di San Giovanni Lupatoto
al Sinodo diocesano della Chiesa di Verona
Il nostro sottogruppo ha riflettuto sul rapporto tra credenti nella nostra Comunità; sui fondamenti Scritturali, su alcuni aspetti evangelici che tentiamo di vivere e testimoniare; ma anche sulle conflittualità affrontate nella nostra storia.
1. Rapporto tra credenti nella Comunità.
Per brevità cerchiamo di presentare delle parole chiave che abbiamo messe al bando o accolte.
Abbiamo bandito:
• Collaborazione , poiché alcuni avrebbero dei compiti specifici e gli altri darebbero una mano.
• Delega . Siccome il titolare non può far tutto, allora si viene sostituiti.
• Ruolo come divisione di competenze, resa istituzionale.
• Differenza come separazione tra non identici.
• Tradizione come esperienza del passato costringente.
• Dipendenza come espressione di infantilismo e minorità (falsa umiltà).
Abbiamo accolto come fondamento della Comunità
• Dignità del credente che ha come fondamento la gratuità della chiamata ad esser discepoli di Gesù ed il primato del Vangelo.
• Condivisione della vita della nostra gente (preti e laici) a partire dalla materialità della vita e dei suoi bisogni: lavoro, gestione della casa, partecipazione alla vita sociale.
• Libertà del Vangelo (staccato dalle offerte) di fronte ad ogni potere costituito o subdolo.
• Libertà di credenti resi Figli nel Figlio di fronte a teologie e tradizioni totalizzanti.
• Fraternità come grazia di ascolto, accoglienza ed accompagnamento.
• Testimonianza come capacità di comunicare nella fede nel contesto liturgico e comunicare la fede nell’ambiente.
• La Comunicazione /confronto comunitario a volte molto faticoso.
• Il Discernimento più che il giudicare.
• La Gioia di incontrare rappresentanti dei popoli del Sud del mondo che per noi sono scuola di vita.
• Responsabilità fraterna e comunitaria.
2. Testi del Nuovo Testamento
che ci hanno aiutato a tentare questa impostazione di Comunità.
Mt. 23,8-11; Lc. 11,52; 1Cor. 11,17-22; Ef. 2,1-11.
Il confronto con la Parola di Dio continua da 30 anni ogni giovedì sera, nelle celebrazioni liturgiche particolari ed a fronte di avvenimenti che ci colpiscono.
Il centro non sono più i ruoli di preti e laici o genitori e figli… ma il rapporto di persone che tentano una fraternità nella fede e nella umanità. La comunicazione della fede durante la liturgia costituisce ricchezza e gioia che si tramuta in lode della Grazia. Il cammino per diventare adulti nella fede ci fa scoprire che Dio si prende cura di noi in Gesù suo Figlio e ci pone nella giusta relazione attraverso la fraternità.
3. Conflittualità nella Comunità.
La Comunità non è un luogo ideale, idilliaco, ma un luogo umano dove si fatica e la Grazia è a caro prezzo, lo è stata per Gesù e lo è per i suoi discepoli.
• All’inizio la presenza nella chiesa della Madonnina di San Giovanni Lupatoto di quattro preti ha provocato uno sconvolgimento: era il nuovo che strappava il vecchio. Parecchi praticanti devozionali e legati alla tradizione l’hanno abbandonata ritornando alle parrocchie. Il vuoto però è stato occupato da parecchie persone del luogo, ma anche dei paesi vicini che erano in ricerca o non trovavano risposte in parrocchia. Col tempo si è imparato a rispettare le varie sensibilità nella libertà di cammini diversi, arrivando anche ad alcuni momenti di partecipazione (vedi i corsi biblici…) Nella stessa Comunità ci sono stati passaggi e dismissioni di persone per i più svariati motivi, vale la pena presentare alcune fasi conflittuali che hanno aperto nuove strade.
La richiesta di schierarsi come comunità di credenti con una parte sociale (i poveri) e la loro rappresentanza politica: la sinistra (cristiani per il socialismo). Il dibattito è stato stringente sul rapporto tra fede e militanza; tra appartenenza alla comunità ed appartenenza partitica. Come comunità abbiamo scelto di mettere al centro la Parola, nel contesto della liberazione dei poveri, una Parola che chiama tutti a conversione ed al discernimento. Abbiamo maturato la necessità della militanza, ma come “rischio” personale senza coperture e giustificazioni teologiche: si è chiarito la laicità del cammino umano e della storia, ma con dentro i germi del Regno che lo vivifica. Ogni integrismo imprigiona Dio nei nostri schemi. È lo sguardo di fede verso Colui che è stato trafitto che salva; ed il Vangelo è lievito che fa fermentare la pasta, non è la pasta.
• Nonostante l’intuizione iniziale sulla comunità come fraternità, di fatto la gente domandando di diventare parrocchia, ritornava alla delega ed ai ruoli. La diversità di interpretazione sul modo di rapportarsi con i laici riguardava anche i preti; il pericolo era di dare sicurezze incentrate sulla loro presenza.
Il sofferto confronto ha portato alla separazione di due preti ed a cercare “strumenti” che fossero espressione della comunità e delle varie sensibilità: l’Assemblea periodica ed il gruppo dei Coordinatori. La Comunità non risultava solo dall’incontro di persone ma anche da “spazi non materiali” da occupare per la comunicazione, la testimonianza e la lode. La sfida consisteva nel credere che i laici stessi sarebbero stati capaci di sorreggersi.
Su questa linea abbiamo tentato alcune celebrazioni domenicali autogestite (poiché mancavano i preti), ma furono aspramente osteggiate dalle parrocchie circostanti.
• Una forte conflittualità si era andata accumulando con la Chiesa locale e causava in tutti una grande sofferenza. I fatti contestati riguardavano la militanza politica, la legge civile sul divorzio e sull’aborto, ma anche una certa libertà liturgica e pastorale. Abbiamo sempre annunciato chiaramente il Vangelo, ma il giudizio cambiava di fronte al bene contingente di una situazione sociologica concreta. Per la durezza del cuore, il bene maggiore sembrava consistere proprio nel male minore.
In questo periodo abbiamo subito l’emarginazione più dura; solo il Pastore illuminato ci ha salvato.
Ci siamo sentiti liberi da una Chiesa per essere liberi nella Chiesa; ma anche fedeli ad un mondo diventato adulto con tutti i suoi limiti. Come credenti stiamo davanti a Dio ed al suo giudizio.
L’impegno per la pace è una delle dimensioni politiche della Comunità. Alcuni di noi sono impegnati nell’obiezione alle spese militari, con il mercato equo e solidale, con la presenza delle Donne in Nero, con l’accoglienza dei terzomondiali, con missioni pacifiste in varie parti del pianeta, con la solidarietà con i popoli del Sud… La prima guerra del Golfo del 1991 ha prodotto una pesante spaccatura tra noi con la scusante della guerra giusta. Abbiamo dovuto perfino sospendere gli spazi comunitari per lasciar spazio solo alla preghiera penitenziale per la conversione dalla nostra violenza. È occorso del tempo per recuperarci rivedendo le nostre militanze, riflettendo sulla guerra moderna che salva i militari ed infierisce sulla popolazione… Con sorpresa, parecchie persone si sono spese per riannodare i rapporti, segno di nostalgia e fiducia.
Siamo coscienti di non esaurire come comunità l’esperienza della Chiesa; siamo una piccola monade, una goccia del grande mare dei credenti e dell’umanità. Anzi ci sono esperienze che vengono dall’esterno che ci danno un grande respiro: il movimento ecumenico, l’incontro con persone del Sud del mondo, i testimoni e profeti del Nord, ed anche le piccole collaborazioni o condivisioni con le parrocchie del territorio (quando capitano parroci illuminati).
4. Come sentiamo il rapporto Chiesa/Mondo e come annunciare il Vangelo oggi.
Come afferma Bonhöffer: ci troviamo di fronte ad un mondo (occidentale?) diventato adulto dove l’autonomia grazie alla scienza, alla tecnica, alla politica… ha posto al centro non Dio (usato precedentemente come tappabuchi) ma l’uomo e la sua storia.
Nel cambiamento in atto, le persone adulte si trovano in crisi di fronte al fenomeno religioso che risulta marginale. I giovani poi, non trovano radici nell’ambiente poiché sono andate in crisi le agenzie culturali di trasmissione.
Ci poniamo seriamente la domanda se il Cristianesimo come esperienza collettiva e storica avrà futuro o non sarà una minoranza insignificante tra altre minoranze?
L’occidente, inoltre, ha messo al centro non la persona, ma l’individualità e la libertà del soggetto che, se da una parte amplifica la responsabilità personale, dall’altra, incrinando i legami strutturali di comunità (famiglia, legame col territorio) produce un senso di grande solitudine.
Che senso ha parlare di Volto e di Relazione che salva?
Il nostro tempo viene “bruciato” dal ritmo frenetico dello stile di vita. Non c’è più tempo né per se stessi né per la famiglia per creare legami sul territorio. Anche la mobilità ed i ritmi di lavoro sconvolgono i tradizionali rapporti.
L’insieme di questi e di altri elementi producono competizione, aggressività, insicurezza e paura, incomunicabilità, perdita della propria identità e la “depressione” o non senso del vivere: siamo ridotti ad esser solo dei consumatori di merce per bisogni indotti.
Come conciliare scienza e sapienza, tecnica e lavoro creativo-arte, mercato globalizzato e scambio di beni e di umanità, competitività e solidarietà promuovendo la giustizia e non l’elemosina? La spiritualità ed il Vangelo passa anche attraverso questi nodi! Dobbiamo riconoscere che la maggioranza delle persone accettano questo sistema che crea insicurezze e minacce, sfruttate dai politici: il tema centrale è diventato l’ordine pubblico.
Siamo di fronte al ritorno di Dio e del sacro, ma non della religione tradizionale, né della sequela evangelica; la ricerca religiosa si riduce spesso al “fai da te” secondo le pulsioni individuali, o, nel mondo dei credenti tradizionali, si corre dietro al miracolismo (fenomeni come Padre Pio, Madonne che piangono, apparizioni…) o al devozionismo (recupero della pietà popolare, turismo religioso…).
Come annunciare il Vangelo Liberante, di Grazia, di dignità di figli di Dio, di speranza e di un amore non pietistico?
Tenendo presente la situazione storica e culturale, il nostro annuncio parte dalla scoperta che il nostro baricentro è fuori di noi; la Grazia ci precede continuamente, il vortice dell’amore di Dio ci attira, un amore per l’umanità e per ciascuno di noi che si è manifestato nel Volto e nell’umanità del Cristo, nella sua vicenda storica e nell’essere per gli altri fino alla croce.
L’energia positiva di Dio che è lo Spirito Santo ha vinto anche la morte di Gesù e vince anche i poteri della nostra morte quotidiana se diventiamo discepoli di Gesù. Il centro è fuori, ma tutto è anche riscontrabile dentro di noi nell’accostarci alla relazione che salva. Stiamo continuamente davanti a Dio e, nello stesso tempo, siamo in compagnia con gli uomini e le donne del nostro tempo, fedeli alla storia di tutti.
Crediamo che sia possibile vivere una qualche forma comunitaria come dono di grazia in cui confessare il peccato, ma anche esprimere la lode per le meraviglie di Dio; che sia possibile comunicare nella fede e tramandare la memoria senza usare di grandi apparati. La fragilità non nella mancanza di struttura, ma nella gratuità del dono.
Non cerchiamo spazi “cattolici” o nostri, ci inseriamo nei luoghi pubblici e laici e dove è possibile nominare Dio non invano, presentiamo un’esperienza, o testi evangelici o letture nella fede (es. iniziative sulla pace, interculturalità, solidarietà, lutti od avvenimenti gioiosi…). L’annuncio non è offerto da dottrine, ma dalla nostra semplice umanità come lo è stato per Gesù di Nazareth.