La Chiesa dei poveri


 

Sentiamo il dovere e la gioia di ricordare i 40 anni dalla fine del Concilio Vaticano II offrendo alcuni documenti e testimonianze che non è agevole trovare “sul mercato”. Soprattutto ci preme rimettere al centro una intuizione feconda e profondamente evangelica di cui in Italia c’è assoluto bisogno:
“la Chiesa non sarà la Chiesa dei poveri se non sarà essa stessa povera” (card. Gerlier)

E’ utile accompagnare questo punto centrale con un’istanza che J.P.Sartre diede a se stesso dopo aver visto un bambino morire di fame:
Lo scrittore deve schierarsi a fianco della maggioranza, dei quali due miliardi di affamati, se vuole potersi rivolgere a tutti ed essere letto da tutti. Se manca in questo, egli è al servizio di una classe privilegiata ed è, alla pari con essa, uno sfruttatore”
Pensiamo che una tale deontologia valga a fortiori per la Chiesa la cui missione è di annunciare una parola che sia davvero “lieta notizia ai poveri”

La documentazione si suddivide in tre blocchi:
testimonianze nell’evento conciliare
brevi interventi sulla situazione italiana attuale
Itinerarium in extremis . Uno sguardo responsabile sul mondo


 

Un intervento al concilio Vaticano II
del Card. Giacomo Lercaro (1891-1976)

Le parole che seguono sono state pronunciate dal cardinale arcivescovo di Bologna nell’aula conciliare, il 6 dicembre 1962 (dunque, nel corso della prima sessione del concilio Vaticano II). Se esse finirono col non incidere significativamente sulla lettera dei testi conciliari, nondimeno mostrarono tutta la forza fecondante, di cui erano provviste, nella stagione del postconcilio e già nel documento che segue quello che ci apprestiamo a presentare.
Intendo dire: il mistero di Cristo nella Chiesa sempre è stato ed è, ma oggi è particolarmente il mistero di Cristo nel poveri: in quanto la Chiesa, come ha detto il santo padre Giovanni XXIII, se è la Chiesa di tutti, oggi è specialmente «la Chiesa dei poveri».
Leggendo l’indice analitico dei diversi schemi che ieri ci è stato distribuito, mi ha colpito questa carenza…
Noi non faremo il nostro dovere, non sapremo intendere con animo aperto la volontà di Dio e l’attesa degli uomini su questo concilio, se non metteremo al centro a un tempo del suo insegnamento dottrinale e della sua opera di rinnovamento, il mistero di Cristo nei poveri, l’annunzio dell’Evangelo ai poveri.
Questo infatti è il dovere più chiaro, più concreto, più attuale, più imperativo:
– di un’età in cui, più che in qualunque altra, i poveri sembrano non essere evangelizzati e in cui i loro cuori sembrano alienati ed estranei al mistero di Cristo e della sua chiesa;
– di un’età in cui peraltro la coscienza dell’umanità interroga e scruta con ansiose e quasi drammatiche domande il perché della povertà e il destino dei poveri: dei singoli poveri e degli interi popoli poveri, che prendono ora una consapevolezza nuova dei loro diritti;
– di un’età in cui la povertà dei moltissimi (due terzi dell’umanità) è offesa dal confronto con la smisurata ricchezza dei pochi, e in cui la povertà più che mai è temuta e sfuggita dall’istinto delle moltitudini, dalla carne e dal sangue dell’uomo…
L’esigenza più profonda e più vera del nostro tempo (compresa la nostra somma speranza di promuovere l’unità di tutti i cristiani), non sarebbe soddisfatta ma elusa, se il problema dell’evangelizzazione dei poveri del nostro tempo dovesse essere affrontato dal concilio come un tema aggiuntivo dopo tutti gli altri.
Non si tratta di un qualunque tema, ma in un certo senso dell’unico tema di tutto il Vaticano II.
Se, come è stato detto più volte anche ieri in quest’aula, il tema di questo concilio è la Chiesa, si può e si deve precisare che la formulazione più conforme alla verità eterna del Vangelo e insieme più adeguata alla situazione storica dei nostro tempo è proprio questa: il tema del concilio è la Chiesa, in quanto particolarmente Chiesa dei poveri…
Vale la pena sottolineare come, a partire dalla centralità cristologica del tema dei poveri nella Chiesa. Lercaro faccia, seppure velatamente, accenno a una qual certa colpa ecclesiale («1 poveri sembrano non essere evangelizzati») e a un invito dello Spirito («fare la volontà di Dio» e «non eludere l’esigenza più profonda e più vera del nostro tempo»). Infine, è significativo che queste siano le parole di un prelato europeo: l’eurocentrismo proprio della Chiesa (qualcosa che attentava alla sua stessa cattolicità, e che nemmeno il Vaticano II riuscì a superare pienamente) finirà col rendere impraticabile la stessa azione pastorale della Chiesa nel primo mondo, almeno fintantoché essa non si mostrerà capace di aprirsi a questa «mediazione cristologica», che il mondo sviluppato tenta ora di disconoscere: la «Chiesa dei poveri», Il postconcilio sembra avere dato ragione a questo intervento, di fatto dimenticato.

Per il testo seguito, si veda: ISTITUTO PER LE SCIENZE RELIGIOSE (a cura di), Per la forza dello Spirito. Discorsi conciliari del card. Giacomo Lercaro, Bologna 1984


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