Presentazione
Questo quaderno raccoglie i numerosi interventi che hanno arricchito l’incontro nazionale dei pretioperai ed amici avvenuto a Bergamo dal 27 al 29 aprile 2006. “A 40 anni dal Concilio: dov’è la chiesa dei poveri?” era il tema ricchissimo, sicuramente non fuori moda, sul quale ci siamo concentrati. I due precedenti numeri della Rivista avevano già offerto abbondanti materiali e testimonianze per riflettere. In questo presentiamo le voci vive di gente che nel quarantennio postconciliare ha cercato di prendere sul serio la parola profetica che annunciava la necessità di spogliare la chiesa dal “manto regale che da secoli è stato gettato sulle sue spalle”. In mezzo ci sta la vita vissuta, gli anni, tanti, trascorsi alla pari con gli altri lavoratori nei luoghi dove si producono beni e servizi, ci sta il riferimento all’Evangelo come orizzonte costante al quale ispirare l’esistenza quotidiana.
Ogni contributo parla da sé: dietro traspare la vita con le sue durezze nel trascorrere dei giorni. Ciascuno rappresenta una piccola icona che allude ad un senso intravisto e cercato, mai afferrato del tutto. Le domande non hanno cessato di fiorire. Forse, nel tempo, sono diventate ancora più insistite, mature. Non scontate.
Gli interventi, accostati l’uno all’altro, offrono anche uno sguardo di insieme. Quasi un mosaico dove i diversi tratti si annodano agli altri tessendo una trama che lascia balenare la figura. Non c’è un “ordine logico” sul piano dei contenuti, perché sono vite che si offrono in convergenze e differenze, nella loro unicità. Si possono scorrere nella sequenza che vi trovate davanti obbedendo all’indice, ma si può anche risalire dal fondo a ritroso, oppure leggerle in successione casuale. Alla fine risulta comunque un’immagine di insieme, con segni ora netti e rudi, altri più sfumati; per accenni e intuizioni o con più ricercata elaborazione.
La figura nasce soprattutto da una dichiarazione di presenza, ancora viva, dopo tanti anni. Un esserci che ciascuno afferma. Quasi la risposta ad un appello.
Vi è anche la presenza di due compagni di strada che in questi ultimi mesi sono entrati nel grande silenzio. Ci hanno lasciato, ma ci parlano ancora con la loro vita:
• don Mario Colnaghi, primo preteoperaio di Milano, per molti anni turnista alla Pirelli sino al pensionamento;
• don Bruno Borghi che già nel ’50, in piena guerra fredda, aveva saltato il muro lavorando alla Pignone di Firenze, rimasto sempre sullo sfondo, anche se non partecipava ai nostri incontri nazionali.
Tra gli interventi si trova anche un testo del 1960 di don Sirio Politi, scelto con cura dai viareggini, e presentato a Bergamo, dove appare la correlazione tra il tempo e la povertà.
Il mosaico, i cui tratti vengono delineati nell’incontro di questi racconti e pensieri filtrati da un lungo cammino rappresenta un “patrimonio: un dono dei preti operai che, a loro volta, l’avevano ricevuto e che apparteneva fin dall’inizio al tesoro della chiesa da trasmettere da una generazione all’altra attraverso avvenimenti particolari: ultimo, questo dell’esistenza dei pretioperai”. (Luisito Bianchi)
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Le immagini della copertina sono dedicate ai bambini che nel recente conflitto tra Israele e il Libano in massa sono diventati “danni collaterali”, eufemismo falso, cinico e vergognoso, che invade i nostri mass-media riferendosi ai civili che cadono sotto i bombardamenti. Abbiamo scelto foto che rappresentano volti di bambini vivi, ben sapendo che i loro occhi hanno visto tanti loro compagni o fratelli abbattuti dalla violenza cieca delle bombe. Anche noi abbiamo dovuto incontrare queste immagini che bloccano il pensiero e fanno ammutolire ogni parola. Ancora una volta è apparso chiaro che anche in questa, come in ogni guerra, sono loro i primi a pagare un prezzo insensato, che mina alla radice qualsiasi speranza di vita.
In apertura riportiamo due testi che si riferiscono al conflitto: la testimonianza di Adonis, massimo poeta arabo contemporaneo, più volte candidato al Nobel e il Comunicato di Amnesty International del 23 agosto scorso, che accompagna il Rapporto stilato dai ricercatori della medesima organizzazione con il titolo “Deliberata distruzione o ‘danni collaterali’? Gli attacchi di Israele contro le infrastrutture civili”.
Roberto Fiorini
Vivere e morire, per niente
di Adonis
Libanese, di origine siriana, Adonis è il massimo poeta arabo contemporaneo, più volte candidato Nobel, ha composto per il quotidiano “La Repubblica” questo testo (traduzione di Francesca Maria Corrao).
Quel che accade in queste ore in Palestina e in Libano, non è che l’esplosione di una condizione che si perpetua da oltre mezzo secolo.
È piuttosto una tragica variante dell’omicidio dell’essere umano.
Ebrei, Cristiani, e Musulmani stanno riscrivendo la storia delle loro origini,
con lo stesso sangue: quello di Abele.
In quanto tale, questa storia non è, soltanto, palestinese, è universale.
La rivelazione monoteista “annunciata” per liberare e venerare l’uomo,
ecco che oggi “è rivelata” per disumanizzarlo, asservirlo e umiliarlo.
No, non è Dio ad esser morto come diceva Nietzsche,
ma è l’uomo stesso a morire,
al di là dell’immensa e catastrofica distruzione materiale.
L’uomo muore, perché anche Dio muore,
in questa regione dei profeti del mondo.
Non resta nulla, solo “La Macchina”.
Cosa vuole questa “Macchina”?
E voi profeti monoteisti, ‘fratelli’, dove siete?
Allora dirò: benvenuta Desolazione, Apocalisse!
Deliberata distruzione o “danni collaterali”?
Amnesty International ha reso pubbliche oggi le conclusioni delle proprie ricerche, secondo le quali, nel corso del recente conflitto, Israele ha portato avanti una politica di deliberata distruzione delle infrastrutture civili libanesi, comprendente anche crimini di guerra.
L’organizzazione per i diritti umani denuncia come la distruzione di migliaia di abitazioni e il bombardamento di numerosi ponti, strade, cisterne e depositi di carburante siano stati parte integrante della strategia militare israeliana in Libano, piuttosto che “danni collaterali”, derivanti da attacchi legittimi contro obiettivi militari.
Il rapporto di Amnesty International rende più pressante la necessità di un’inchiesta urgente, esaustiva e indipendente da parte delle Nazioni Unite sulle gravi violazioni del diritto umanitario commesse da Hezbollah e da Israele nel mese di conflitto.
“L’affermazione, da parte di Israele, che gli attacchi alle infrastrutture erano legali è palesemente errata. Molte delle violazioni identificate nel nostro rapporto costituiscono crimini di guerra, tra cui attacchi indiscriminati e sproporzionati. Le prove raccolte lasciano fortemente intendere che la massiccia distruzione di impianti idrici ed elettrici, così come quella di infrastrutture vitali per la fornitura di cibo e di altri aiuti umanitari, sia stata parte integrante di una strategia militare” – ha dichiarato Kate Gilmore, vicesegretaria generale di Amnesty International.
Il governo israeliano ha sostenuto di aver preso di mira postazioni di Hezbollah e sue strutture di appoggio e che il danneggiamento delle infrastrutture civili è stato il risultato della strategia di Hezbollah di usare la popolazione civile come “scudo umano”.
“Il modello ricorrente, l’estensione e la scala degli attacchi rende il riferimento ai ‘danni collaterali’ semplicemente non credibile” – ha aggiunto Gilmore. “Alle vittime civili uccise sui due lati del conflitto va resa giustizia. La grave natura delle violazioni commesse rende urgente un’inchiesta sulla condotta di entrambe le parti. Occorre che i responsabili dei crimini di guerra siano chiamati a rispondere del proprio operato e che vi sia una riparazione per le vittime”.
Il rapporto di Amnesty International, intitolato “Deliberata distruzione o ‘danni collaterali’? Gli attacchi di Israele contro le infrastrutture civili”, è basato su informazioni raccolte di prima mano dalla recente missione condotta in Israele e in Libano dai ricercatori dell’organizzazione, i quali hanno intervistato decine di vittime, funzionari delle Nazioni Unite, responsabili dell’esercito israeliano e del governo libanese, oltre ad aver esaminato dichiarazioni ufficiali e fonti di stampa.
Il rapporto contiene prove di:
– distruzioni di massa, da parte dell’esercito israeliano, di interi insediamenti civili e villaggi;
– attacchi contro ponti in zone prive di alcuna apparente importanza strategica;
– attacchi a centrali di pompaggio dell’acqua, impianti per il trattamento delle acque e supermercati, nonostante sia proibito prendere di mira obiettivi indispensabili alla sopravvivenza della popolazione civile;
– dichiarazioni di rappresentanti dell’esercito israeliano secondo cui la distruzione delle infrastrutture civili era un obiettivo della campagna militare di Israele, per spingere il governo e la popolazione civile libanese a ribellarsi contro Hezbollah.
Il rapporto evidenzia un modello ricorrente di attacchi indiscriminati e sproporzionati, che ha causato lo sfollamento del 25 per cento della popolazione civile libanese. Questo modello, sommato alle dichiarazioni ufficiali, sta ad indicare che gli attacchi contro le infrastrutture civili sono stati deliberati e non semplicemente conseguenze involontarie di attacchi legittimi contro obiettivi militari.
Amnesty International chiede l’istituzione, da parte delle Nazioni Unite, di un’inchiesta esaustiva, indipendente e imparziale sulle violazioni del diritto umanitario commesse da entrambe le parti in conflitto. Questa inchiesta dovrebbe prendere in esame soprattutto l’impatto del conflitto sulla popolazione civile e dovrebbe avere l’obiettivo di chiamare singoli responsabili di crimini di diritto internazionale a rispondere del proprio operato nonché di assicurare piena riparazione alle vittime.
Roma, 23 agosto 2006