Ci scrivono
Carissimo don Roberto,
l’ultimo numero della rivista mi ha colpito veramente molto: mi ha commosso la prima testimonianza sul treno dei nostri emigranti. All’università i nostri professori di storia ci ricordavano sempre che questo paese si è ripreso dalla distruzione della guerra con il sacrificio di quattro milioni di emigranti, oltre che con il sudore di milioni di operai e di braccianti.
Ti allego uno “sguardo nella stiva”; una poesia che mi ha girato un amico piccolo fratello di Gesù e che è stata scritta da un ragazzo marocchino per un suo compagno annegato durante la traversata dei nuovi emigranti. Credo sia un pensiero e una voce di dolore su cui dovremmo meditare noi, quinta potenza industrializzata al mondo, figli e nipoti di emigranti.
Un abbraccio a te e a tutti i pretioperai.
Andrea Fedeli
Un ragazzo marocchino, Mustafa Samite, ha composto questa poesia
dedicata ad un suo compagno morto annegato.
Tu non sai cosa è l’amore,
tu sei nato senza cuore,
tu sei zingaro, arabo, negro senza radici.
Tu sai solo rubare e combattere,
tu non puoi essere romantico, un poeta, un cantante d’amore.
Il tuo massimo desiderio: guidare una macchina rossa,
avere una donna bionda,
essere una bomba ad orologeria che crea miseria.
Così pensano, così dicono!
Figlio del sole che brucia,
Figlio del deserto, della schiava, figlio di terra colonizzata,
figlio di soggiogazione.
Così è scritto il tuo destino fino all’ultimo giorno.
Loro non sanno che sei vittima dei prepotenti
e i giudici hanno chiuso gli occhi su di te.
Che le madri piangano morti
quelli che ti hanno buttato in mare
dove le onde ti sommergono
ti mangiano gli squali o ti travolgono le barche dei pescatori
ti uccidono i fucili delle guardie.
Loro non sanno che tu hai preferito la morte
per far vivere il cuore.
Loro non sanno che quando ami
sei come un cavaliere medievale.
La tua spada è il sogno, il tuo cuore è il tuo cavallo.
Tu lo cavalchi e lui ti porta in cielo
per raccogliere le stelle
e condividerle con generosità,
per scrivere le più belle poesie
che cantano con pace e sicurezza.
Loro hanno dimenticato che tu hai una dignità
e quando sei ferito diventi un ribelle eccitato
che resiste al dolore e rifiuta di morire,
benché sanguinante.
Per salvare il cuore, perché l’amore resti vivo.