Letture
Marinetti scrive la vita di don Zeno dopo aver fatto il giro della morte nel sud del mondo: dopo aver denunciato le strutture di male con 4 libri testimonianza: se ci sono popoli crocifissi ci sono popoli crocifissori. Dopo tutto questo, Fausto ritorna la dove è nato: l’esperienza vissuta con don Zeno dal 1969 al 1979. Perché il suo messaggio, qualor accolto, affratella nord e sud, est e ovest. Le idee si possono contestare, le opere no. Ed egli ha al suo attivo quattromila figli salvati dall’abbandono. La sua comunità Nomadelfia è una proposta di vita senza ricchi e poveri, padroni e servi.
Zeno, un uomo che ha scelto per fissa dimora l’utopia. Non tifoso delle vittime ma inquilino a vita. Negli anni ‘50 pretende di svuotare gli orfanotrofi, liberare i carcerati, fare la politica di Dio. Per i politici è un illuso, temerario e truffatore. Gli ecclesiastici parlano di eresia della carità, apostasia, demagogia. “Crediamo che sia difficile raggiungere un grado maggiore di insensatezza” (L’Osservatore Romano 14-24-28/2/1954; 3/3/ 1954). Il biografo ufficiale gli dà dell’esagerato, facilone, estremista.
Impossibile maneggiare le sue “contraddizioni”? Bastian contrario per natura e per grazia. Personalità dirompente, carattere vulcanico, indomato e indomabile, ligio e ribelle. Votato, corpo e anima alla sua causa: la nuova civiltà.
Una doppia personalità? Quella mansueta del papà, quella intransigente del fondatore in cerca di vocazioni eroiche per costruire un esempio di nuova società. Prete contadino, pretende arare il Vaticano, convertire il S. Ufficio. Attacca, denuncia, scuote le fondamenta di San Pietro: “Le opere di Dio per loro natura portano lo scompiglio nelle coscienze (22.1.1953). E al papa: “Io sono Paolo di Tarso…” (22.7.1951). “La rivoluzione incomincia dall’alto…”. Invano gli si imporrà di dire basta agli abbandonati.
Marinetti sostiene che solo Zeno può raccontare Zeno. Lui stesso glielo anticipava, in trattoria, davanti ad un bicchiere di vino: “Vedi? Io sono come i bambini, i quali non hanno il senso della profondità dello spazio. Credo che il bicchiere sia qui e faccio il gesto di afferrarlo, invece mi sfugge. Così è per il mio sogno di un mondo fraterno. Penso che sia qui, già realizzato, invece è là, in fondo alla storia…”.
Fausto tenta un’operazione originale: cucire insieme le sue parole, gli scritti, i ricordi. Risultato? Il romanzo di un uomo innamorato dell’uomo. O il romanzo dell’uomo per Dio?
È Zeno, quindi, che ci porta per mano davanti alle vittime della società. Sono loro a fargli sentire la nausea dell’assistenza, a trasmettergli la passione per il cambiamento di rotta: non vuol essere né al di sopra né al di sotto, ma alla pari. L’elemosina è umiliante, l’assistenza inadeguata. Tra disuguali ci si aiuta, ma tra fratelli si condivide. I figli di nessuno lo inducono a farsi loro padre, a scoprire che per Cristo la maternità non è un fatto biologico: che la fraternità è il segno-sacramento dell’amore del Padre. “Quando arriva un accolto, lo consegniamo ad una mamma come ha fatto Gesù sulla croce: “Donna ecco tuo figlio, figlio ecco tua madre”.
Perché non essere fratelli anche come famiglie? Per 17 anni lo propone al popolo, poi, con i “figli”, occupa l’ex-campo di concentramento di Fossoli, dove nasce la città dell’amore. La comunità cresce a dismisura e lo fa sognare alla grande, rischiando l’accusa di megalomania. Ma lui precisa: “megalomane è la missione, non la mia persona”. Un chiodo fisso: la santità sociale, dimostrare che il lievito del Vangelo trasforma famiglia, lavoro, società, che la fede ci è data solo per fare le cose impossibili: superare i vincoli del sangue, fraternizzare le famiglie, produrre e gestire i beni in comune, creare una nuova società.
La vicenda di Zeno non è una storia passata. Basta leggerla con gli occhi dei crocifissi di tutti i tempi. I figli abbandonati di ieri, oggi sono i popoli di nessuno alla deriva del mercato globale. Oggi egli griderebbe dai tetti della Banca Mondiale: “Bisogna fare i conti con le periferie della storia; o la giustizia è globale o non è giustizia; l’unica maniera per sopravvivere è vivere da fratelli in quanto popoli. Come essere alla pari se vi sono economie giganti ed economie nane? La salvezza o sarà planetaria o non sarà salvezza”. Zeno continua a gridare sulla piazza della storia: “Fate due mucchi. Da una parte i popoli arricchiti, dall’altra i popoli impoveriti”. E alla sua Chiesa ripete senza sosta: “Sui Calvari del terzo mondo, Cristo ti affida i popoli crocifissi: “Donna, ecco i tuoi figli: figli, ecco vostra madre”. Che aspetta a prenderli con sé, come hanno fatto tutte le Marie e tutti gli Zeni?
«Zeno obbedientissimo ribelle»
“Autobiografia” di don Zeno Saltini
redatta da Fausto Marinetti.
Edizioni La Meridiana, Molfetta 2006