INCONTRO EUROPEO DEI PRETIOPERAI
Bergamo, 29 maggio – 1° giugno


 
Dopo un mese dall’incontro nazionale, siamo ritornati al Paradiso di Bergamo per l’appuntamento annuale dei pretioperai europei. Presenti le delegazioni inglesi, tedesche, belghe, francesi, spagnole e italiane. Ogni anno si cambia posto e il prossimo anno andremo in Belgio.
Tema dell’incontro: l’immigrazione è un fenomeno che ci tocca da vicino: attraverso la tv, giornali… nei nostri quartieri, sul lavoro, nelle associazioni. Come ci interroga nella nostra vita, nel nostro impegno… nella nostra vita spirituale?
È stata una scelta felice “il Paradiso”. Il suo fondatore è stato con gli immigrati in Francia per diversi anni e tra gli scopi dell’istituto c’era anche quello dell’assistenza agli immigrati e vivere con loro. Inutile ricordare che da questo istituto sono usciti alcuni preti operai: Giacomo, Pietro, Antonio, il sottoscritto, Pierino, Ubaldo, Roberto e Sandro, che ha lavorato in Svizzera in una fabbrica di orologi dov’era con gli immigrati italiani, ucciso qualche anno fa da “Sendero Luminoso” in Perù. Quindi un luogo ideale ed anche un luogo accogliente.
Abbiamo iniziato al venerdì sera, con un saluto e scambi di notizie su amici. Il mattino seguente ci siamo divisi in due gruppi per la visita a realtà significative del mondo del lavoro e immigrazione. Un gruppo si è recato a Crespi d’Adda, per vedere un quartiere operaio ormai non più tale, ma significativo di una realtà, dove la fabbrica era al centro di tutta la vita delle famiglie. La chiesa, senza campanile, non doveva fare ombra alle ciminiere, molto alte, che – oltre che avere una funzione pratica per la fabbrica – avevano l’aria di essere dei controllori della vita sociale. I Crespi avevano costruito le case per gli operai, con il giardinetto davanti e una recinzione bassa, per tutti uguale. Sembra un paese ideale, ma il padrone passava per le strade e vedeva se gli operai dopo il lavoro continuavano a lavorare nel giardino ed aveva istituito un concorso annuo per il giardino migliore. Dovevano stare in forma. Nel punto più alto c’era e c’è ancora, lontano dalla chiesa, la casa del parroco, da lassù poteva controllare meglio; infatti da quella posizione si vedono tutte le case e le strade. Gli insegnanti venivano scelti dai Crespi e alcuni giovani con la retta pagata dai proprietari, andavano a studiare, per poi essere utilizzati all’interno della fabbrica.
Altri tempi: allora c’era quel tipo di controllo, oggi avviene in altri modi pur di non far pensare le persone e far tacere qualsiasi forma di dissenso.
L’altro gruppo si è recato presso l’Associazione “Casa Amica”, di cui è presidente Gianni Chiesa, prete operaio, che si avvale della collaborazione della sorella Elena, di Giacomo Cumini e Bruno Ambrosini. Un’associazione che si impegna a garantire presso i proprietari il pagamento dell’affitto della casa per gli immigrati. L’associazione stipula il contratto e paga l’affitto, così il proprietario è tranquillo e l’immigrato si impegna a versarlo all’associazione. In questi tempi molte persone fanno fatica a pagare e l’associazione si addossa l’onere che sta diventando sempre più pesante.
Dopo uno scambio di impressioni e di valutazioni, la giornata si conclude con una serata particolare: un gruppo che canta canzoni popolari, di lotta, emigrazione, liberazione, ci ha
intrattenuto per due ore, veramente commoventi. Sul volto di molti sgorgavano delle lacrime. Chi cantava inoltre lo faceva con entusiasmo e trasmetteva molta carica perché erano convinti di quelle parole. Al canto di Bella Ciao, due pastori luterani tedeschi e il segretario dei preti operai francesi si son messi a ballare con un ritmo scatenato, mentre tutti gli altri in piedi cantavano a più non posso. Il ballo scatenato è costato la rottura del tallone d’Achille per Antoine, il segretario francese, che la mattina presto è stato portato al pronto soccorso. Questo ci ha costretto a cambiare programma, ma volentieri perché anche in queste occasioni si dimostra la solidarietà.
La giornata di Pentecoste, oltre a questo fatto è stata impegnativa per i lavori di piccoli gruppi, che ampliavano le idee espresse nei documenti che ogni paese aveva precedentemente preparato.
Analizzando questi documenti ci facciamo un’idea di quello che sta avvenendo in Europa, diventata ormai fortezza. Tutti i paesi, nessuno escluso stanno adottando una politica restrittiva, più accentuata forse in Italia.
“L’immigrazione non è certamente un lusso! Essa ha molte e serie ragioni: l’economia, la guerra, la povertà, i diritti delle persone, le torture, i campi profughi, gli abusi di potere, le dittature. Le più frequenti sono quelle di ordine economico: la globalizzazione che sopprime il mercato locale, la chiusura delle frontiere da parte della “Cittadella” Europa, che ha creato una nuova apartheid, un’Europa liberale dove vige soprattutto la libera circolazione della moneta, dei beni, dei servizi e non delle persone” (PO Belgio).
In Francia dal 2006 si cambia politica, da una regolarizzazione in funzione di un ricongiungimento familiare ad una regolarizzazione in funzione del lavoro. E con Sarkozy la politica assume questi connotati: repressione, aumento dei centri di detenzione, fissazione delle quote annue di espulsione (26000 per il 2008), creazione di un Ministero dell’immigrazione e dell’identità nazionale che pubblica una circolare nel dicembre 2007 con una lista di mestieri riservati agli immigrati europei (ai bianchi), ma essi sono già occupati dagli africani (50 mila addetti agli alberghi-ristoranti nella sola Ile de France). Segni di lotta ce ne stanno, e si raggiungono risultati concreti quando c’è il sostegno dei compagni di lavoro, dei sindacati e della popolazione. I “sans papiers”, cominciano a rendersi visibili, a uscire dall’ombra e se si organizzano riescono a ottenere risultati insperati. Gli amici francesi raccontano di occupazioni fatte dai “senza permesso”, che lavorano in nero. Padroni che chiamano la polizia. “Il padrone ci ha minacciati di appiccare fuoco ai materassi che utilizzavamo per dormire, poi ci ha fatti uscire con l’aiuto di uno sbirro sotto la minaccia di un fucile. La polizia è venuta diverse volte, ma ha dovuto andarsene quando noi gli abbiamo fatto vedere che si trattava di un conflitto di lavoro dove essa non poteva intervenire”. Così racconta Jean Claude. “Dopo tre mesi il padrone ha firmato i contratti di lavoro, permettendo la regolarizzazione degli operai”.
Quando c’è un problema di lavoro, delle forme di lotta, è facile da parte degli imprenditori utilizzare l’arma del “non permesso di soggiorno”, chiamando la polizia, allontanando così i rompiscatole: altri subentreranno alloro posto perché la coda che aspetta è lunga.
Lotte vincenti solo se si coinvolgono diverse forze: associazioni, partiti, sindacati ed anche parrocchie. L’aspetto positivo e nuovo in queste lotte è che anche gli immigrati partecipano ora alle manifestazioni nazionali come quelle del 1° e 28 maggio a Parigi e anch’essi cominciano a sentirsi parte della classe operaia.
In Germania fanno le stesse considerazioni: “E molto importante che gli immigrati collaborino con il gruppo sindacale e che essi siano rappresentati nelle delegazioni… mi sembra importante che essi abbiano delle sicurezze giuridiche”. Tra i preti operai anglicani presenti c’é Peter King, è un giudice che lavora prettamente per gli immigrati, ci ha parlato a lungo del suo lavoro e delle difficoltà che incontra.
Johannes e Wuch, due pastori luterani, abitano insieme in una casa di Monaco, essi ospitano persone senza casa o che non possono pagare l’affitto, immigrati soprattutto. “In questo tempo di crisi aumentano le difficoltà per gli immigrati. Devono accettare i lavori più precari con un salario molto basso, cambiando continuamente posto di lavoro. Non possono ammalarsi e con ore di straordinari non pagato. Sta nascendo un nuovo razzismo”. E George: “Lo scorso anno è stato assassinato nel nostro quartiere un marocchino: il lutto è stato portato nella strada. Per questo fatto la città e le organizzazioni che si occupano di giovani hanno iniziato a fare degli scambi, delle visite reciproche tra turchi, marocchini e tedeschi. Questi incontri multipli hanno fatto sparire un certo numero di pregiudizi creando rispetto. Apertura e incontro positivo sono essenziali”.
Per gli italiani è importante conservare la memoria in questo periodo di “pacchetti sicurezza”.
La memoria dell’immane esodo imposto a milioni di italiani nel secolo scorso si sta dissolvendo. Vige un silenzio assoluto, Sull’isola di Ellis Island c’è un monumento agli immigrati: là giunsero due milioni e mezzo di italiani. Un paese senza memoria. Il caso di Marcinelle in Belgio, nella cui miniera morirono nell’agosto del 1 956 centotrentasei italiani merita di essere ricordato come esempio di una politica dissennata che al ritmo di duemila partenze a settimana dal 1946 inviò giovani italiani nelle miniere belghe di carbone. A loro vengono riservati come alloggi i campi di prigionia costruiti dai tedeschi durante l’occupazione. Nelle miniere di carbone morirono mille operai italiani in incidenti causati dalla completa assenza di sistemi di sicurezza. Ma la strage di vite umane continuò anche dopo con la morte di silicosi che uccise il 60 % degli operai. Storie abbandonate dalla storiografia ufficiale. Come i duemila morti ogni anno sui cantieri edili e molti di essi sono stranieri. Ormai non fanno più notizia. La presenza degli immigrati ci costringe a ripensare l’economia, la cultura e il vivere umano: un’occasione unica che può diventare un incontro o uno scontro. Le culture quando si incontrono possono far partire un nuovo modello di convivenza e di pensiero. È il contrario di ciò che stanno facendo i governi: tener separate le culture, trattando l’immigrazione come una questione di sicurezza. Si rifiuta l’incontro perché si ha paura e non ci si vuole mettere in discussione, sicuri della propria verità, come l’unica possibile. L’apertura all’altro è sempre feconda. Rifugiarsi in cittadelle, difendersi, è segno di fragilità e debolezza. L’occidente ormai sta morendo, perché son sa dare risposte alla propria crisi, non solo economica, ma anche ecologica, culturale e morale. Si è trasformato tutto in economia e i problemi vengono trattati tutti in quest’ottica e pertanto gli immigrati e non solo, ma anche i lavoratori nativi, sono merce di scambio: quando sono utili vengono utilizzati, quando non servono vengono buttati. E il nostro pianeta viene trasformato in una grande discarica vivente, come il pianeta dei naufraghi.
La giornata di Pentecoste ha avuto un momento forte nella celebrazione eucaristica: come riflessione sono passate davanti a ciascuno di noi delle fotografie con immagini di immigrati durante gli sbarchi in Sicilia e in Spagna. Quei volti, quegli sguardi di sofferenza richiamavano i volti di ebrei che stavano per essere condotti alle camere a gas. Sulla spiaggia, qualche turista prestava aiuto ed altri tranquillamente continuavano a prendere il sole, indifferenti alla tragedia che si stava consumando a pochi metri da loro. Poliziotti con bastoni, come se stessero difendendosi da cani randagi.
Lo specchio dl questa Europa che non si decide a fare un salto di qualità.
 

Mario Signorelli


 

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