Caleidoscopio
Riflessione e inazione della Chiesa
di fronte alla disgregazione civile e politica dell’Italia
Questo documento è stato presentato al Festival della Letteratura di Mantova il 10 settembre 2009 dal prof. Alberto Melloni e dalla dott.ssa Lucia Ceci che ha curato la pubblicazione dell’intero manoscritto, ancora inedito. “La particolare rilevanza storiografica di queste note discende dalla loro collocazione temporale. Redatte per il papa in un periodo reputato, per fondate ragioni, di massimo sostegno del mondo cattolico italiano alla politica del regime, gli appunti di mons. Tardini contengono giudizi durissimi, quanto acuti e premonitori, sul fascismo, sulle conseguenze negative della dittatura, sulla realizzata sovrapposizione — considerata una nefasta distorsione — di patria,fascismo e duce. Attraverso la lente del conflitto tra Italia ed Etiopia, che è stato opportunamente definito la «vera guerra fascista», Tardini tocca i nodi della propaganda, del controllo della stampa, della politica economica del governo; critica duramente il clero italiano che si mostra «tumultuoso, esaltato, guerrafondaio» mentre «l’Italia si prepara a mitragliare, a cannoneggiare migliaia e migliaia di Etiopi»; rimpiange il «beato» dissidio, precedente i Patti lateranensi, tra la Santa Sede e l’Italia quale salvaguardia e segno tangibile della neutralità del Pontefice; riflette in modo problematico sull’opportunità del «silenzio del papa» dinanzi al conflitto” [Il documento, manoscritto, è conservato nell’Archivio Segreto Vaticano, fondo «Affari Ecclesiastici Straordinari». La pubblicazione della versione integrale nel saggio di Lucia Ceci, Il Fascismo manda l’Italia in rovina. Le note inedite di monsignor Domenico Tardini (23 settembre – 13 dicembre 1935), in «Rivista storica italiana», 120, 2008, n. 1, pp. 313-367. NB: le parole tra parentesi corrispondono a parole cancellate con un tratto di penna].
Previsioni e giudizi di S. E. Mons. Tardini
sul conflitto tra l’Italia e l’Etiopia
23 settembre 1935
I vari atteggiamenti politici. Previsioni per il futuro.
L’attuale situazione politica si presta a molte considerazioni.
La politica estera dell’Italia è senza dubbio stranissima. Il Duce poteva, col manganello, far soltanto la politica interna. Non poteva fare né quella estera né quella economica. Senza dire che in politica estera il Duce è un inesperto. Con la voce grossa, le minacce, le grida gli strilli, non si fa paura alle Nazioni forti. Se ne provoca, invece, la reazione. La quale salva le forme ma è… inesorabile. D’altra parte il temperamento vulcanico del Duce ha influito sulla sua politica estera. È stata una successione di scoppi e di boati. Con l’Austria prima ha litigato, poi ha fatto pace, con la Jugoslavia idem; con la Francia, idem; con l’Abissinia fa un trattato, la fa entrare nella S.d.N. (contro la tesi inglese), poi ci litiga e vuole conquistarla; con l’Inghilterra, prima amico poi nemico, con la Germania di Hitler, idem. Non c’è una linea, un programma, un metodo. Si vive secondo gli impulsi del momento. E ciò provoca effetti dannosissimi. Oggi l’Italia è isolata. L’Inghilterra è nemica; la Francia è più con l’Inghilterra che con l’Italia. Le altre Nazioni non sono amiche. A Ginevra tutti hanno dato torto all’Italia. Anche l’Irlanda è stata d’accordo con l’Inghilterra. È un esempio quasi unico nella storia diplomatica: dopo tredici anni di politica estera avere tutto il mondo contrario. […]
14 ottobre 1935
La situazione è sempre più grave. A Ginevra tutti sono contro l’Italia. […] Ma io spero che la lezione di oggi gioverà a Mussolini. Egli deve ormai capire che il fascismo non si esporta e che all’estero non ha amici. E siccome la guerra europea verrà — e sarà provocata dalla Germania — Mussolini dovrà al momento opportuno rimanere neutrale. Non aiutare domani gli infidi alleati di oggi. Nella neutralità potrà far soldi, preparare armi. E quando la futura guerra sarà finita — e allora le nazioni belligeranti saranno a terra — egli potrà destarsi, occupare Abissinia, Albania, quello che vorrà. Allora solamente nessuno potrà opporsi alla marcia di una Nazione unita, armata, ricca, fresca di energie, ardente di entusiasmo. E allora comincerà l’impero… […]
19 ottobre 1935
I giornali pubblicano che gli abissini hanno perduto 10.000 uomini. L’altro giorno hanno pubblicato che degli italiani ne son morti 30 di cui 25 ascari. La sproporzione è evidente. Il marchio di massacratori dato agli italiani dalla stampa inglese è giustificato in pieno… dalla stampa italiana. Qui si è perduta davvero… la testa. Se Mussolini avesse ancora un briciolo di equilibrio, dovrebbe in qualsiasi modo accordarsi e uscire dalla situazione presente. La quale conduce l’Italia alla rovina. È cosa evidente, ma chi governa non la capisce. Del resto a che pro continuare? Che vuole ottenere il Duce per l’Italia?
La gloria militare? Ma la spedizione presente è di un forte ed armato contro un debole inerme.
Il prestigio dell’Italia? Ma ora tutto il mondo la giudica come un vigliacco aggressore.
Il miglioramento della situazione economica? Ma l’impresa di oggi costa assai e non renderà se non dopo molto tempo e dopo molte altre spese.
Uno sbocco per la popolazione esuberante? Ma, con tutte le (restrizioni) difficoltà che hanno opposto a Ginevra e la Francia e l’Inghilterra, non ci resterà che uno spazio assai ridotto e saranno escluse le parti più redditizie – anche nell’ipotesi che la spedizione vada nel migliore dei modi. E allora? Perché non accomodarsi oggi? Perché non risparmiare una inutile carneficina? Perché non contentarsi del poco, quando è impossibile ottenere di più? Perché non preferire un accordo – anche che costi un po’ – alla lotta con tutto il mondo?… Misteri incomprensibili, ma conseguenze inevitabili della dittatura. […]
1 dicembre 1935
Sembra che in Italia tutti han perduto la testa. I Capi conducono ciecamente il Paese verso la rovina, mettendolo contro tutto il mondo. Il popolo si esalta al pensiero della guerra e, educato alla violenza, pensa di poter vincere tutto il mondo. E il clero? Questo è il disastro più grande. Il clero deve essere calmo, disciplinato, obbediente ai richiami della Patria; è chiaro. Ma invece questa volta è tumultuoso, esaltato, guerrafondaio. Almeno si salvassero i Vescovi. Niente affatto. Più verbosi, più eccitati, più… squilibrati di tutti. Offrono oro, argento puri: anelli, catene, croci, orologi, sterline. E parlano di civiltà, di religione, di missione dell’Italia in Africa… E intanto l’Italia si prepara a mitragliare, a cannoneggiare migliaia e migliaia di Etiopi, rei di difendere casa loro… Difficilmente poteva compiersi nelle file del clero un confusionismo, uno sbandamento, un disquilibrio più gravi e più pericolosi.
Intanto i giornali, all’estero, riferiscono tutto, commentano tutto. E la Chiesa di Italia è accusata di essere in combutta con il Fascismo. E con la Chiesa d’Italia, la Santa Sede. Mai la Santa Sede ha passato — credo — un periodo più difficile di questo. C’è da compromettere seriamente per un secolo il prestigio morale della Santa Sede. L’ultima guerra giovò ad innalzare la grandezza morale del Papato, Dio non voglia che il dissidio attuale non le [sic] porti qualche colpo doloroso…
E non è in parte una conseguenza della Conciliazione? Senza di questa il clero non avrebbe preso l’atteggiamento di oggi. E la difficoltà non sarebbe nata. Del resto è certo storicamente che il dissidio con l’Italia era la miglior garanzia della indipendenza della Santa Sede… Ora l’amicizia con l’Italia è la più forte ragione di sospetto di una connivenza (con l’Italia) con questa…
Come ne uscirà? Potrà il Papa continuare a tacere? E se parlerà che dirà? Ingiusta la guerra, più ingiuste le sanzioni. Ecco le verità che il Papa – se parla – dovrebbe dire… Ma allora stranirebbe tutti. E le conseguenze?…
Sempre più chiaramente si delineano i danni portati dal Fascismo. Infatti il Fascismo:
1. ha creato una confusione tra partito, Italia, Duce. Conclusione: un capriccio del Duce è la rovina dell’Italia;
2. ha distrutto qualsiasi libertà di azione e di discussione. Conclusione: gli italiani sono ormai un popolo di pecore che corrono dove il pastore, col bastone, le porta;
3. ha educato le generazioni alla violenza. Conclusione: tutti sono eroi, pronti a menar le mani, sicuri che agli altri non rimarrà… che prendere le busse;
4. ha seguito in politica estera una linea fatta da colpi di testa, sgarbatezze, urti, minacce, prepotenze. Conclusione: ha fatto sì che tutto il mondo fosse contro il Fascismo;
5. ha preannunziato, preconizzato, proclamato un impero. Conclusione: si sta esaurendo in una guerra coloniale, dura e dispendiosa, che non avrà che due scopi: sciupar soldi e conquistar terre inospiti.
6. ha gridato ai quattro venti la forza, la grandezza dell’Italia. Conclusione: oggi un popolo di straccioni si dà arie da… Sardanapalo, un popolo debole e poco evoluto si dà l’aria del più grande popolo della terra;
7. ha divinizzato il Duce, facendo chinare tutti davanti a questo Nume. Conclusione: non c’è più vita politica, non c’è più possibilità di preparare nuove energie per i bisogni inevitabili di domani;
8. ha preteso, imposto a tutti la più assoluta ed intransigente docilità. Conclusione: non c’è ormai che (un popolo) un’accozzaglia di schiavi, pronti sempre a dir di sì, a batter le mani, saturi… di entusiasmo;
9. ha accentrato tutti i poteri, tutti i mezzi, tutte le età nelle mani e nelle organizzazioni dello Stato. Conclusione: la Chiesa non può più contare su moltissime anime che son prese dal demone del Nazionalismo e che credon più a Mussolini che al Papa;
10. ha creato tutto un groviglio di leggi, di consuetudini, di associazioni che pongono ogni cosa e ogni persona in balia dello Stato. Conclusione: il comunismo troverebbe, domani, già pronte le leggi. Non avrebbe che ad applicarle, con altro nome, con altro spirito, ma con la stessa tendenza autocrate e distruttiva delle energie individuali.