Benvenuti a tutti. E’ il secondo anno che, nell’ambito dell’incontro annuale dei pretioperai italiani, dedichiamo una giornata intera ad un convegno aperto a quanti sentono utili e importanti i temi che tocchiamo. L’esperienza dello scorso anno è stata molto positiva e incoraggiante; abbiamo quindi ritenuto giusto condividere questo nuovo appuntamento con coloro che sono interessati alla nostra ricerca.
Nella cartella trovate la lettera invito spedita a quanti ricevono la rivista con il programma della giornata accompagnato da alcuni appunti sul titolo scelto e sulle relazioni che verranno presentate. Prima di lasciare la parola ad Armido Rizzi vi comunico alcuni pensieri che spero possano essere utili a cogliere nell’insieme il senso dell’itinerario che oggi è proposto.
Un accenno al convegno del 2009
Lo scorso anno abbiamo dedicato mezza giornata a parlare sulle “Dinamiche della crisi economica in corso: uno sguardo dal basso”. La seconda parte del titolo si riferiva alle ricadute sui lavoratori e sulle popolazioni.
Tra le domande poste al relatore, l’ultima si riferiva a tentativi ed esperienze di smarcamento dal dominio della logica e prassi neoliberiste, tipo Banca Etica, chiedendo una valutazione. Questa fu la risposta di Daniele:
“Il problema del non consumare diventa immediatamente il problema di cosa ne fai del non consumato. O rientri nel canale finanziario oppure inventi degli investimenti sociali: diventa una professione, perché a questo punto come fai a fidarti. Come studioso devo però dire che la transizione dal capitalismo a qualcos’altro non avverrà per conversione mentale dei singoli. C’è un esempio sotto gli occhi di tutti noi del perché questo è molto implausibile: se la distribuzione del reddito è diseguale e c’è un regime democraticamente eletto, perché i più poveri non votano per l’espropriazione dei più ricchi? Non è successo da nessuna parte, però la teoria prevedrebbe che se tutti fossero perfettamente razionali e fossero in grado di far due conti, il socialismo dovrebbe essere immediatamente votato. Siccome però non è successo negli ultimi 300 anni, dobbiamo domandarci perché: perché manipolano le coscienze, perché i più poveri non vanno a votare, perchè… Però tutte le volte che abbiamo visto una trasformazione sociale, in generale è stata una trasformazione di tipo violento. Vuol dire che ci sono delle forze di reazione molto attive: e l’idea che improvvisamente tutti ci convertiamo e passiamo a un altro sistema per libera scelta non mi sembra praticabile”(Pretioperai 84-85, 17).
Di fronte al pessimismo della ragione economica era presente nell’assemblea anche l’ottimismo della volontà, nonostante tutto. Atteggiamento che mi pare ben riassunto in un libro appena uscito dove si narra appunto della nascita e dei primi dieci anni di attività di Banca Etica:
“Domani le Banche Etiche potranno forse decretare il successo di un nuovo prototipo di banca, basato sul sostegno all’economia civile, ai movimenti, alle tecnologie ambientali. Sarà così…se non verremo travolti dall’apatia, dall’idea che ‘il mondo è governato da poteri troppo forti, impossibili da combattere’. Fino a che ci saranno persone disposte a resistere, a ribellarsi contro l’oppressione o l’omologazione, ci sarà sempre la possibilità di guidare processi di cambiamento”.
Attenzione: non è un ottimismo ottuso. Vi è anzi la piena consapevolezza della situazione in cui siamo:
”Nel 2009 le Borse sono tornate in positivo. Il peggio sembra passato, ma è veramente così? In realtà no. Se non affronteremo subito i rischi sistemici dei mercati, nei prossimi mesi ci potrebbero essere nuove crisi, più dure di quella che abbiamo vissuto negli ultimi anni. I semi del nuovo collasso stanno già germinando…
Davanti a noi abbiamo un decennio che sarà fondamentale per definire lo sviluppo economico, finanziario e ambientale del pianeta…Ci troviamo di fronte a un bivio, cruciale per il futuro dell’umanità e abbiamo sempre meno tempo per pensare. Dobbiamo agire”
(Fabio Salviato, Ho sognato una Banca, 228-236 passim).
L’altra mezza giornata è stata dedicata alla riflessione teologica sul momento attuale con il titolo preso dalla prima lettera di Giovanni: “Guardatevi dagli idoli”.
Riprendo un passaggio dalla lunga relazione di padre Felice Scalia.
“Come leggere la realtà alla luce della Parola di Dio? Gesù la legge come un sistema sostanzialmente ateo, che prescinde da ogni valore della persona concreta, affidato alla forza e non all’Amore.
È ragionevole pensare che un cristiano di fronte al sistema globalizzato avrebbe dovuto sentirsi a disagio, avrebbe dovuto intuire, in un mondo di benessere per alcuni e di abiezione per moltitudini, qualcosa di estremamente avverso ai piani di Dio. Forse avremmo avuto lo stesso il capitalismo selvaggio dei nostri giorni, ma “non in nostro nome” e, tanto meno, in nome di Gesù”…
E più avanti ancora:
“Chiesa, uomini di chiesa, denaro, splendore ed onore di chiesa, acquisiscono quei caratteri che sono propri di Dio o di qualsiasi assoluto di sostituzione (idolo): assolutezza, eternità, ritualità, universalità, infallibilità, immunità, impunità. Quando questo succede si può dire che l’idolo fa il suo ingresso ufficiale nel Tempio e cerca di stabilizzare lì la sua dimora. Noi continuiamo a dirci religiosi e siamo così ciechi da non accorgerci che stiamo adorando “il vitello d’oro”, non il Dio dell’Esodo”.
Alla fine padre Scalia terminava con queste parole:
“Oggi le nostre speranze sembrano sconfitte, siamo dei “perdenti” secondo gli uomini, ma chi sa, questo nucleo di “marginali” custodisce un segreto, un grumo splendido di fede, una ricetta di felicità, lanciata 2000 anni fa sul “monte delle beatitudini” dall’Amico della “gente di cattiva reputazione”, ed ancora intatta. Quella esperienza che ha riempito la nostra vita e le ha dato un senso indimenticabile, è l’unica leva da cui il mondo e la chiesa devono ripartire se vogliono essere custodi del futuro”.
Esodo oggi
Spero che questi brevi richiami siano sufficienti a comprendere i motivi che ci hanno orientato a ripartire dall’esodo come evento che è stato fonte di ispirazione teologica e politica
“La parola éxodos significa «via di uscita», donde «azione di uscire, partenza» (Leon-Dufour).
Essa richiama un cammino, un itinerario. In particolare indica la partenza, la decisione di fuori-uscire.
Vi devo dire che tra i titoli che erano venuti in mente c’era anche questo: “La possibilità impossibile: attualità dell’esodo”. Non vi sono strade già pronte, sentieri già battuti. La vita non contempla la pura ripetizione. Sono passi che devono osare oltre le possibilità che appaiono plausibili
Solitamente noi ci diffondiamo sui fattori esterni, chiamiamo in causa, giustamente, i poteri invasivi che spengono le speranze o le dirottano verso binari morti. Nessuno può negare la forza delle costrizioni nelle quali ci troviamo a vivere.
Però l’antica sapienza ebraica, che ha profondamente riflettuto su tutta la propria storia, ci mette con le spalle al muro avvertendoci che:
“Il vero esilio di Israele in Egitto era quello di averlo imparato a sopportare” (Rabbi Chanoch).
Avviene un po’ come in quei casi di rapimento: quando la persona sequestrata si innamora del rapitore.
Quello che noi possiamo fare è smontare le complicità segrete che si sono sedimentate anche in noi e che ci impediscono di muoverci, di osare.
Per questo ci poniamo in ascolto di una parola che “narrando di Israele, dice una verità su tutti i popoli” (Levi Della Torre).
Ci accostiamo all’esodo come “riserva di senso” come un “paradigma teologico-politico” per citare il sottotitolo del libro di Armido da cui colgo una citazione che mette in luce la vitalità e l’attualità della notizia che ci viene rivolta:
“L’Esodo è il fatto radicale che costituisce, come tale, una ‘riserva di senso’ inesauribile. Come in ogni vicenda davvero importante nella storia sia individuale che collettiva. il significato non viene colto immediatamente ma rimane inizialmente nascosto, e soltanto a poco a poco si viene manifestando nelle sue possibilità. C’è un cammino sempre aperto tra l’evento e la parola, un continuo trasformarsi della densità del primo nell’eloquenza di messaggio della seconda. Più ancora: la parola che dice l’evento non è soltanto interpretazione del passato ma promessa di futuro: le possibilità che l’evento dischiude sono ancora inconcluse, hanno valore di progetto oltre che di memoria.
Allora: nell’evento dell’Esodo, fattosi parola nel racconto del messaggio biblico, non è arbitrario che gli oppressi del Terzo Mondo sentano cantare un annuncio di liberazione e un appello a corrispondervi.
‘A noi tocca prolungare l’esodo, perché non è stato (soltanto) un avvenimento per gli ebrei ma la manifestazione di un disegno liberatore di Dio’ (S. Croatto).
Attenzione però: non solo il Terzo Mondo ha bisogno di liberazione, ma anche noi, italiani, europei. Sempre più questo sta diventando chiaro. E forse è per questo motivo che ci troviamo qui riuniti. La direzione verso cui mettersi in cammino mi pare ben indicata da un altro libro di Armido pubblicato nel 1991: “L’Europa e l’altro: Abbozzo di una teologia europea della liberazione”.
Quasi con timore abbiamo scelto un titolo così sbilanciato sulla rivelazione: “Ho osservato l’oppressione del mio popolo”. Oltre allo sguardo viene evocato anche l’udito di quel protagonista Terzo che si mobilita e irrompe schierandosi rispetto alle parti in causa: “ho osservato l’oppressione del mio popolo” e continua il testo “ho udito il suo grido a causa dei suoi sovrintendenti: conosco le sue sofferenze. Sono sceso a liberarlo dal potere dell’Egitto per farlo salire da questa terra verso una terra bella e spaziosa”.
La parola dice uno sguardo ed una anticipazione. Si parla di un popolo oppresso che in realtà popolo non è. Per ora è solo una massa sbandata, senza identità e senza futuro, chiuso nella sua impossibilità dentro un mondo estraneo, ostile e oppressivo. Forse diventerà un popolo, prendendo una direzione, ma dovrà camminare, camminare…Però la parola già lo chiama per nome, è parola performativa che indica una destinazione e quindi una direzione. Rispetto alla partenza, ed al cammino che deve seguire, la Voce garantisce la sua presenza. Anzi questo Terzo che interviene si autodefinisce come quello che è e sarà presente.
E, ancora, se il testo, l’Esodo nel nostro caso, “narrando di Israele, dice una verità su tutti i popoli” allora dove nel mondo avviene l’oppressione e in qualunque modo si realizzi, noi possiamo almeno sospettare una presenza che ci chiama ad orientare il nostro sguardo.
Scegliendo come titolo del convegno le parole tolte dalla citazione del libro dell’Esodo non crediamo di nominare invano o con leggerezza il santo Nome e neppure di approfittare dei nostri amici che si sentono intimamente e semplicemente laici nel pensare e vivere la storia umana. Riteniamo che esista una laicità come “spazio dialogico” dove avviene qualcosa di inedito che Armido così descrive: “l’emergere dell’unità tra il religioso e il laico nella com-passione per l’umano”. Se è così allora gli sguardi rivolti nella passione e com-passione per l’umano vanno nella stessa direzione che connota l’autopresentazione del Dio dell’Esodo.
E possiamo aggiungere, per ricongiungerci con le parole dello scorso anno, che forse è proprio questo sguardo, così orientato, l’antidoto più potente contro l’idolatria, quella perversione che inquina menti e cuori dei religiosi come dei laici, e pianta le sue tende nei partiti come nelle chiese1.
Cittadinanza e lavoro
In che cosa consiste l’oppressione di questa massa sbandata destinata a diventare popolo?
Innanzitutto sono degli stranieri, cioè tagliati fuori ed estranei dall’identità politica, culturale, religiosa e storica dell’Egitto. Stavano in quella terra senza cittadinanza, senza dignità umana riconosciuta, senza alcun senso sentito come proprio. Erano nessuno.
L’altra categoria era quella del lavoro. Il loro lavoro era totalmente in funzione del mondo di altri, senza progettualità propria.
Naturalmente noi affrontiamo questi due aspetti nel nostro oggi, in particolare qui in Italia. E’ il discorso che verrà introdotto dalle due relazioni che seguiranno
“Degrado istituzionale, prevaricazione dei poteri, deriva lobbistica del volto pubblico della chiesa, silenzio dei cristiani in Italia. Aprire strade per l’Esodo”.
La competenza giuridica di Filippo Pizzolato ci offre un contributo importante per approfondire gli aspetti istituzionali sia in merito alla crisi che riguarda la nostra vita democratica, con derive di taglio autoritario, sia per quanto concerne il volto pubblico della chiesa in Italia, intendendo con questa espressione la politica ecclesiastica perseguita direttamente dai responsabili vaticani e dei vertici della CEI attraverso accordi di potere. Certamente non è il solo aspetto pubblico della chiesa, ma è particolarmente questo che vogliamo indagare nel nostro convegno, perché riteniamo che abbia una pesante influenza sul compito fondamentale di testimoniare in maniera chiara il Vangelo in Italia. Lo stile lobby, cioè il comportarsi da gruppo di potere per ottenere vantaggi e privilegi non si combina con il messaggio di universalità, non sta insieme con la pretesa di rappresentare l’interesse generale, anzi, contribuisce al degrado istituzionale nel quale siamo immersi. A questo si aggiunga il silenzio dei cristiani e l’incapacità di alzare la voce, anche in termini politici, dinanzi alla decomposizione in atto.
Non è arrivato il momento di applicare il paradigma dell’esodo alla chiesa italiana?
Nel pomeriggio affronteremo un altro punto scottante. Bruno Anastasia tratterà il tema del lavoro dopo la “tempesta perfetta” che si è scatenata a livello globale.
“L’impatto della recessione sul mercato del lavoro. Trasformazioni e prospettive in Italia. Chi ne paga il prezzo e come?”
E’ chiaramente una ripresa del discorso dello scorso anno. La crisi finanziaria ha fatto esplodere la fragilità di un sistema produttivo che dagli anni’ 90 è basato sulla sovrapproduzione, mentre una quota impressionante di popolazione mondiale vive nella miseria e nella fame. “Oggi ci sono 100 milioni di affamati in più rispetto al 2008” (Rampini), mentre la quota totale ha superato il miliardo.
“La crisi non è uguale per tutti” è il titolo del libro, recentemente pubblicato, di Tito Boeri. Anche in Italia è così. “Le disuguaglianze nei redditi degli italiani sono aumentate del 5%, la povertà del 4%. E’ la costante delle fasi recessive: in Italia, più che in altri Paesi, esplodono le iniquità sociali” (M. Giannini) .
Anastasia ci aiuterà non solo a meglio comprendere la realtà in atto, ma anche a dare uno sguardo prospettico sulle trasformazioni che interessano il mercato del lavoro e quindi il futuro che dobbiamo affrontare.
Roberto Fiorini
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1 “Non esiste l’idolo senza uno sguardo umano che lo renda tale e senza un cuore che si senta fatalmente attratto dalla sua avvincente vacuità […] L’idolatria…consiste nello scambiare i mezzi con il fine, la parte per il tutto, nell’assolutizzare il presente chiudendolo al futuro” (E. Bianchi).