Memoria biblica


 
Apro il vocabolario alla parola” gridare”: emettere la voce con tono alto e forte, sia per essere udito da lontano, sia per espressione d’ira, di dolore. Gridare come un’anima dannata,, con quanto fiato si ha in gola, gridare alto il proprio dolore, gridare aiuto, gridare vendetta ( una cosa che grida vendetta al cospetto di Dio), gridare vittoria, gridare la propria rabbia. Verbi similari sono: esclamare, sbraitare, sfiatarsi, sgolarsi, spolmonarsi, strepitare, strillare, schiamazzare, urlare, proclamare.
Come si vede qui ci sono tutte le espressioni dell’animo umano, che vanno dalla gioia, al dolore, all’indignazione. Nella Bibbia queste espressioni si trovano tutte, come si trovano nella vita ordinaria. Ho voluto soffermarmi su certe figure significative, che possono dirci qualcosa e nello stesso tempo aiutarci a tenere alto il grido.
La prima immagine quella di Caino: “La voce de sangue di tuo fratello grida a me dalla terra. Ora sii maledetto, lontano dal suolo, esso non ti darà più i suoi prodotti, ramingo sarai e fuggiasco sulla terra”.
Una terra intrisa di sangue non può dare frutti. Troppe terre sono intrise di sangue, grida , urla di gente sfruttata e costretta al silenzio sotto la minaccia di violenza e ad essere raminga per riempire le periferie delle megalopoli. Quelle terre non producono più, asservite alle grosse multinazionali .
Un altro grido è quello di Agar e Ismaele: Non voglio veder morire il fanciullo”. Sedutasi di fronte alzò la voce e pianse. Dio udì la voce del fanciullo e un angelo di Dio chiamò Agar dal cielo e gli disse:Non temere perché Dio ha udito la voce del fanciullo là dove si trova” (Gen 21,16 ). Dietro questo grido vedo il grido di tanti bambini che muoiono di fame, di tante donne che non hanno cibo da offrire ai propri figli e di tante donne abbandonate dopo essere state usate. I bambini affamati non gridano, non hanno la forza di gridare, ma qui Dio ode il silenzio di Ismaele. E molte volte il silenzio è più forte del grido ed anche più terribile.
Un’altra immagine è quella di Dio che ascolta il grido di un popolo, asservito al faraone. Ne è nata una storia di liberazione. Il grido quando è ascoltato porta sempre a una liberazione ; non è però sufficiente ascoltare il grido, perché ci si può tappare le orecchie per non sentirlo. Oggi potremmo dire “non dare notizia”, distogliere lo sguardo e orientarlo su altre cose insignificanti pur di abituare le persone a non pensare.
Un’altra immagine: Giobbe.Io grido a te, ma tu non mi rispondi, insisto, ma tu non mi dai retta. Sei diventato crudele con me e con la forza delle tue mani mi perseguiti: mi sollevi e mi poni a cavallo del vento e mi fai sballottare dalla bufera” (Gb 30,31 )
Sappiamo che Dio ascolta il grido perché lui è il silenzio, ma se non siamo educati ad ascoltare è impossibile udire il grido. Dietro a questo grido di Giobbe ci stanno tutti coloro che si chiedono il perché della sofferenza e del dolore umano. Un grido che spesse volte non ha risposte e l’unica è il silenzio con i suoi interrogativi. Questo silenzio se accolto non può altro che provocare vicinanza, compassione e solidarietà con il sofferente.

Il grido dell’orante

Molti salmi sono una preghiera che si fa grido che aiuta l’orante nella ricerca e nella percezione di Dio come acqua viva , il Dio vivente, che diventa luce e salvezza . Un Dio che guarisce e che fa risalire dagli inferi, che infonde coraggio, un Dio vicino a chi ha il cuore ferito . Il grido si fa pressante perché chi grida è sfinito ed ha la gola secca, mentre gli occhi si consumano nell’attesa di Dio.La preghiera gridata nasce dalla disperazione, dal dolore e dalla solitudine ma nello stesso tempo esprime un desiderio di giustizia, di riscatto e qualche volta anche il sogno di un mondo e di una vita veramente umana.
Il grido diventa pianto sulle rovine della città che si unisce al grido dei prigionieri e dei condannati a morte. Ma c’è anche il grido di gioia dell’orante che ha udito una voce sconosciuta che dice: Ho tolto il peso delle tue spalle, ho liberato le tue mani dai lavori forzati”. Qualche volta non c’è risposta al grido di chi è stato segnato dalle sventure fin dall’infanzia, di chi si sente un cadavere ambulante (Sal 88 ), ma l’insistenza l’aiuta a sopravvivere e a sperare. C’è l’invito al grido di gioia rivolto ai popoli, ad acclamare a cantare (Sal 98) che si estende alla natura attraverso il fremito del mare e al battito di mani dei fiumi e al canto dei monti. C’è il grido del morente che ormai si sente arido come terra falciata (Sal 102 ), che ha ancora il coraggio di donare speranza alla “ generazione futura e a un popolo rinnovato che loderà il Signore”. Nel grido c’è anche un progetto e spesso delle soluzioni: nella paura è importante raccontare le opere di Dio, il che significa parlare in positivo. Il grido quando si è anziani diventa più flebile (Sal 71), ma anche più discorsivo, raccontando la compagnia di Dio durante la vita che è iniziata fin dal seno materno. Un Dio che ha fatto provare disgrazie, ma che dà nuovamente vigore. Bellissima l’immagine del vecchio che suona l’arpa e la cetra, veramente un simbolo di speranza.

Il grido del profeta

Una voce grida : nel deserto preparate la via del Signore”. E’ il grido che invita a ritornare all’esodo, a rendere l’esodo permanente. Un cammino di liberazione. Il profeta grida e sente il grido : ”Da un capo all’altro del paese sento le grida del mio popolo” (Ger 8,18 ) “Vorrei che il mio capo fosse una fonte e i miei occhi una sorgente di lacrime per piangere giorno e notte le vittime del mio popolo” (Ger 8,23) La caratteristica del profeta è quella di udire il grido e nello stesso tempo mettersi a gridare. Qualche volta la voce del profeta è stanca di gridare. Ogni volta che parla viene deriso “Tutto il giorno sono insultato e deriso perché annuncio la tua parola” (Ger 20,8). Giunge a maledire il giorno in cui è nato, chiamando fortunati coloro che non sono mai nati. Penso alle tante voci, soffocate , fatte tacere: Romero, Gerardi e qui da noi i vari magistrati, calunniati prima e poi “silenziati” con le pallottole.
Qualche volta il profeta accompagna le sue grida con gesti simbolici: “Per questo, io Michea, gemerò e farò lamenti. Come segno di dolore camminerò scalzo e nudo, urlerò come uno sciacallo, mi lamenterò come uno struzzo. Le ferite di Samaria sono mortali., anche Giuda ne è colpito” (Mi 1,8-9). La simbologia e il gesto hanno una grande importanza: gente che si incatena, gente che digiuna, gente che sale sulle gru per diversi giorni. Una protesta accompagnata da gesti è più potente e forse oggi è quella che meglio riesce a farsi sentire.
Il grido diventa indignazione che si esprime attraverso i guai. “ Guai a voi che costruite la grandezza delle città sull’omicidio e l’oppressione. Guai a voi che avete arricchito la vostra casa con guadagni illeciti e volevate costruirvi un rifugio sicuro contro i colpi della sfortuna. Perfino le pietre dei muri grideranno per accusarvi e le travi di legno faranno eco” (Ab 2,8 ss.). Linguaggio chiaro, senza mezze misure e molto attuale, contro tutti quelli che si sono arricchiti con le speculazioni bancarie mettendo al sicuro il malloppo nei diversi paradisi fiscali.
Lo stesso linguaggio viene usato da Giacomo nella sua lettera: “Ecco il salario dei lavoratori che hanno mietuto sulle vostre terre e che voi non avete pagato, grida, e le proteste dei mietitori sono giunti alle orecchie del Signore onnipotente” (Gc 5,1-4).

Il grido del condannato a morte Gesù

Non so se Gesù ha utilizzato il salmo 22 per esprimere il suo dramma, oppure abbia pregato con il salmo in quel momento terminale della sua vita.
Nel primo caso ci troviamo davanti a un grido che termina con il silenzio e che incontra il silenzio di Dio. E qui si sottolinea la condivisione di Gesù della sofferenza umana, egli è un uomo in tutto. Ma anche da questo silenzio , dopo la resa dello spirito, ne è scaturito un vento nuovo dello Spirito e i testimoni hanno raccolto il grido. Dio sta in silenzio perché il grido venga raccolto. Da quel grido di morte è nata una nuova vita.
Nel secondo caso invece Gesù si affida a Dio, si sente abbandonato, ma il salmo termina con un augurio: “la salvezza sarà annunciata a un popolo prossimo a nascere; si dirà :questo ha fatto il Signore”. Poco prima si dice:”Dal suo povero Dio non toglie mai lo sguardo. E il grido di aiuto egli ascolta e sempre esaudisce”.
E qui voglio citare una frase di Mozart riferita nell’ultimo libro di Hans Kung: “Dato che la morte, a ben guardare, è la vera meta della nostra vita, già da un paio d’anni sono in buoni rapporti con questa vera, ottima amica dell’uomo, così che la sua immagine non solo non ha per me più niente di terribile, ma anzi molto di tranquillizzante e consolante! Ringrazio Dio per avermi concesso la fortuna e l’occasione di riconoscere la chiave della nostra vera beatitudine”. E un altro poeta del Romanticismo, Novalis afferma in un suo romanzo”Dove andiamo poi? “Sempre a casa”.

Il grido dei sognatori

In questo periodo c’è bisogno anche dei sognatori, coloro che pensano ad un altro modo di vivere, di fare economia e politica, di essere chiesa. Il loro grido è di speranza e Il loro motto è : un altro mondo è possibile,un’altra chiesa è possibile perché qualcuno ha cominciato ad agire diversamente, a porre dei segni nuovi . Questi segni sono molti, ma hanno bisogno di essere gridati e diventare patrimonio comune come lo sono diventati i diritti civili e dei lavoratori nelle lotte del secolo scorso ma che hanno bisogno di essere difesi e purtroppo a caro prezzo . Lo stesso dicasi per il rinnovamento delle chiese. I sognatori sono delle sentinelle che intravedono l’alba, degli apripista.
Martin Luther King durante la marcia su Washington del 1963 parlava di questo sogno di fronte ad un’immensa folle e il suo discorso risuonava come il grido del profeta: “Io ho un sogno”… “quando questo avverrà, quando faremo riecheggiare la libertà, quando la lasceremo riecheggiare da ogni villaggio e da ogni paesino, da ogni stato e da ogni città, saremo riusciti ad avvicinare quel giorno in cui tutti i figli di Dio, neri e bianchi, ebrei e gentili, protestanti e cattolici, potranno prendersi per mano e cantare la parole dell’antico inno: Liberi finalmente, liberi finalmente. Grazie a Dio onnipotente, siamo liberi finalmente”.

Mario Signorelli


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