Il Vangelo nel tempo
Alcuni punti imprescindibili
PER ESSERE CERCATORI-INSIEME
IN QUESTO NUOVO INIZIO DI ESODO
1.
Una precisazione di tipo storico, utilizzando le immagini dell’Esodo biblico, che ci stanno accompagnando nei nostri incontri: a mio avviso, i tempi che stiamo vivendo non sono l’Esodo; sono soltanto il suo inizio: il passaggio del mar Rosso, il sottrarsi di un popolo dalla schiavitù. Il lungo cammino nel deserto per arrivare alla terra promessa è ancora da percorrere.
I sommovimenti che stanno avvenendo nel mondo arabo mi confermano in questo mio sguardo. E mi allargano il cuore. Comunque so bene che la terra promessa, l’umanità come il Dio di Abramo la vorrebbe si comincerà a intravedere solo al termine di un percorso chissà quanto lungo e doloroso.
Mi consola l’imprevedibilità di questo nuovo inizio; e immagino che sia possibile pensare a un cammino che non sia lungo secoli, come il periodo della fine dell’impero romano o il passaggio dal mercantilismo al capitalismo. I tempi che viviamo, rispetto a quelli, mi sembrano accelerati, e non di poco. Chissà…
2.
In questa fase, che comunque non dovrebbe essere breve… a me sembra necessario sviluppare anzitutto quella che Marx definisce lotta ideologica: almeno per tentare di contenere minimamente la lotta ideologica che il nemico (termine che invito a prendere nei diversi, profondi, a volte tremendi significati biblici-evangelici) sta svolgendo da sempre; qui in Italia, oggi, il dominio dei media berlusconiani è il segno evidentissimo della lotta ideologica serrata e diffusa del nemico, appunto.
Almeno con quelli più sotto (e con quelli dei ceti medi che hanno scelto di schierarsi dalla parte di quelli sotto) è indispensabile fare scuola, discutere, argomentare, smascherare le falsità del nemico…: in questo don Lorenzo Milani è stato profetico; e si rivolterà certamente nella tomba di fronte alla situazione che ci tocca vivere in questi ultimi decenni.
3.
Lotta ideologica anche dentro la Chiesa, in forme certamente più diffuse e aperte rispetto al recente passato (e qui chiedo pazienza e comprensione da parte di chi non gradisce il linguaggio marxiano, che certamente è dissonante dal linguaggio a cui il mondo cattolico è abituato). Anche dentro la Chiesa la situazione è di dittatura-del-pensiero, e da sempre; anche qui bisogna prendersi cura di quelli sotto; ma proprio per questo, è importante lanciare segnali chiari di dissenso a quelli sopra. C’è chi sostiene che ormai la dittatura vaticana è al tramonto; e che la Chiesa del futuro non sarà certo il prolungamento della Chiesa istituzionale attuale.
A questo punto io considero eccessive, se non errate, le mie prudenze del passato: allora ero convinto che la lotta principale da affrontare fosse la lotta di classe, nell’ipotesi che sarebbe stata vincente, e a breve.
Prudenze che erano dettate anche dal timore di essere buttato fuori, ridotto al silenzio. Oggi ho ben chiaro che, evitando comunque di giocare ad essere buttato fuori (il vangelo del cieco nato?), il dovere di parlare con chiarezza esprimendo il proprio dissenso da tutto ciò che contrasta con la buona notizia di Gesù è imprescindibile. In altre parole, potrei dire che è doveroso essere ribelli con intelligenza; che occorre educare quelli sotto a questa ribellione (paesi arabi insegnano, oggi).
4.
Aggiungo: mi sembrano questi tempi in cui tentare di fare digerire lo slogan della rivoluzione francese anche alla nostra Chiesa: arrivare a riconoscersi parte di un’umanità libera, uguale e fraterna; parte, non primattrice a tutti i costi; ricercatrice assieme a tutti gli “uomini di buona volontà” (cioè in piena libertà, in piena fraternità, in piena uguaglianza con tutti) dei passi avanti necessari per realizzare quel progetto di trasformazione radicale della società, che sorprendentemente assomiglia al progetto del Regno che Gesù aveva in mente.
Noterella tra parentesi: quando nel secondo centenario della rivoluzione Giovanni Paolo II ha occupato Parigi con una delle prime giornate mondiali della gioventù, a me parve che quel gesto volesse negare l’importanza storica della rivoluzione francese: quasi come il gesto antico del vincitore che calca con disprezzo il piede sopra il vinto…).
Certamente è necessaria una buona dose di umiltà che dentro la Chiesa-istituzione è tanto difficile vedere. È necessario passare dalla certezza del possesso della verità (vedi le formule del Credo che recitiamo nella Messa; che se osi mettere in dubbio anche una sola delle verità che dici, dovresti confessare i tuoi dubbi come peccati gravi: ricordo i dubbi di fede che mia madre ogni tanto esprimeva al figlio prete…) alla ricerca di cos’è la verità, convinti che nessuno di noi può possederla per intero, ma che tutti noi possiamo e dobbiamo ricercarla pazientemente, costantemente: e ciascuno di noi riuscirà a riconoscerne qualche frammento: e la verità intera sarà sempre più grande di tutti i frammenti che noi riusciremo a scoprire…
5.
Oggi più che mai mi appare con evidenza la necessità di un cambio radicale del concetto classico di missionarietà; cambio che nella pratica in terra di missione – dico così per semplicità – in realtà fa parte dell’esperienza di ogni missionario, oggi come ieri: mentre tu vivi in profondità lo sforzo di testimoniare il vangelo, la buona notizia di Gesù, a partire dal prenderla sul serio tu, evitando inutili talebanismi / fondamentalismi (cioè in sostanza ricercando cos’è giusto, vero, buono; accettando che non puoi presumere di aver capito con certezza cos’è giusto, vero e buono) agli altri attorno a te chiedi anzitutto di vivere in ricerca il proprio credo.
Oggi non ho più assolutamente per la mente di chiedere la conversione di nessuno al cristianesimo; oggi vorrei poter chiedere all’ebreo di essere ebreo-in-ricerca; al musulmano di essere musulmano-in-ricerca… Richiesta analoga vorrei fare al laico (ateo o non ateo), all’induista, al buddista, all’animista. E anche al focolarino e al ciellino, perchè no? E prima di tutto a me.
Luigi Consonni