Il Vangelo nel tempo


 
 
“ O Dio, ti ringrazio perchè non sono come gli altri uomini…..”.
La parabola è conosciuta e si conosce anche il motivo per cui il Signore l’ha raccontata:” Disse poi un’altra parabola per alcuni che erano persuasi di essere giusti e disprezzavano gli altri”.
Da questa posizione è molto difficile, per non dire impossibile, annunciare il Dio di Gesù come il miglior amico di ogni essere umano.
Oggi vivere significa convivere. Nessuno può ancora illudersi di vincere: si può soltanto convincere, accettando l’unica regola etica a portata universale che afferma che tutti gli esseri umani sono esseri uguali e come tali vanno accettati e rispettati. Occorre uscire dalla mentalità dogmatica che sta alla base di ogni fondamentalismo, tendente a fondare la propria verità come assoluta.
Nei tempi che viviamo si continua a parlare di emigranti e immigrati. La semplice verità è che oggi siamo tutti migranti e che viviamo in un mondo privo di un centro o di un  ordine etico dato, nel senso che ciascuno intende costruirsi il suo ordine sociale, la sua religione come personale religiosità.
Per dirla con Bonhoeffer, è difficile pensare che Gesù Cristo era un fondatore di una religione. Il Vangelo infatti va al di là della religione puramente organizzata, che per principio non riconosce. Secondo il Vangelo, costituire una chiesa sembrerebbe un errore, una ricaduta di tipo farisaico:” Credimi, donna, che viene un’ora, in cui né su questo monte né a Gerusalemme adorerete il Padre…. viene un’ora, ed è adesso, in cui i veri adoratori adoreranno il Padre in Spirito e verità; infatti il Padre cerca tali persone che lo adorino”.
Il regime di cristianità è finito: siamo in una situazione nuova, e che, ci piaccia o no, siamo una minoranza. E tutto questo non è negativo, ma è una grande premessa, è una grazia: finalmente si può cominciare ad essere cristiani senza essere costretti, ma per scelta libera.
Ogni crisi fa senz’altro male e lacera, ma ha dentro di sé anche la forza di aprire e di rivelare altro.
Viviamo nel tempo del relativismo, che tanto spaventa gli uomini di Chiesa; viviamo nell’epoca in cui nulla di assoluto è accettato come tale e solo nella provvisorietà di relazioni autenticamente significative e vitali si riscoprono i valori dell’uomo e della donna, cioè della vita.
E’ necessario quindi mettersi nel ‘ disagio ‘ della condizione umana, nel senso profondo del sentirci su questa terra disorientati, perplessi, stupiti come tutti gli uomini e tutte le donne.
L’essenza del cristianesimo consiste infatti  nell’accoglienza, nel dialogo, nell’ascolto, nell’apertura alle diversità, nella capacità di comprendere l’altro e non di avvilirlo o di annientarlo, riducendolo ad un oggetto da assoggettare alla “ verità assoluta”.
Il brano di Filippesi 2,5-11 è stata la molla che ha fatto scattare in me, come in molti pretioperai, la decisione di ‘essere uno come gli altri uomini” .
Cristo ‘svuotò se stesso’ per condividere con noi la nostra condizione di essere umani. Ma non solo! “ Prese forma di servo” : non solo rinunciò alla gloria di Dio, ma abbandonò la società umana dei giusti e degli altolocati e si unì a quella dei peccatori e dei delinquenti “ Fino alla morte, e alla morte di croce” . E tutto questo per scelta: “ Non fu umiliato, ma umiliò se stesso”.
Termino richiamando il pensiero forte che esprime Josè Antonio Pagola nel suo libro “ Gesù. Un approccio storico”.
Per secoli la Chiesa ha educato la massa dei fedeli alla sottomissione, alla docilità, alla passività. Oggi nella Chiesa Istituzione vanno prendendo corpo atti di nervosismo e di paura; comportamenti generati spesso più dall’istinto di conservazione che dallo Spirito di Gesù che è sempre datore di vita. Si tende sempre di più a considerare la società moderna solo come avversario, il grande avversario della Chiesa, che vuole distruggere alla radice il cristianesimo, facendo così della denuncia e della condanna tutto un programma pastorale.
Dopo venti secoli di cristianesimo, la Chiesa ha bisogno di una conversione  senza precedenti, di un radicale “ ritorno a Gesù Cristo “. La necessità di tornare  all’unica fonte ed origine della Chiesa è l’unica cosa che giustifica la sua presenza nella storia e nel mondo, lasciando così che il Dio incarnato in Gesù sia l’unico Dio nella Chiesa, l’Abbà, l’unico amico della vita e dell’essere umano.
 

Gianni Alessandria


 
 

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