Editoriale
Tutti conosciamo il significato di Tsunami, la parola che viene dall’oriente. Nomina quel fenomeno terribile a cui abbiamo assistito in mondovisione alla fine del 2005. La forza del caos che si scatena dagli abissi degli oceani, che tutto travolge. Allora anche la tecnologia più avanzata si è sentita piccola e impotente.
L’altra parola è Shalom. Essa attraversa tutta la Bibbia, ma esprime molto di più di quello che noi diciamo quando parliamo di pace. Non vuol dire soltanto assenza di belligeranza e di violenza, ma in positivo indica armonia della vita degli esseri umani nel rapporto con gli altri, con la terra, con Dio. Possiamo tradurla con la nostra espressione “qualità della vita”. Essa include vari aspetti che vanno dal nostro esistere in rapporto “simbiotico” con la natura alle nostre relazioni economiche, culturali e sociali che si sviluppano nell’ambiente umano a cui apparteniamo.
Nel primo ambito (aria, acqua, terra…, cioè l’ambiente come abitazione degli esseri umani) è ormai sotto gli occhi di tutti il processo in atto di deterioramento su scala planetaria. L’aggressione tecnologica e lo sfruttamento inarrestabile che sta dilagando, necessariamente fanno esplodere la domanda: quale sarà il futuro del nostro pianeta? Che mondo si troveranno le generazioni che verranno dopo la nostra? La dismisura, il dominio tecnologico senza alcun limite, collegato con la profittabilità da estendere a tutti i campi e nella maniera più intensiva possibile ha già la forma di uno tsunami pervasivo.
Ma è sul secondo aspetto che ci soffermeremo in particolare, riprendendo dalla Bibbia un’affermazione che la percorre da cima a fondo: “la vita è per Israele l’esistenza umana in quanto ricca di senso e di valore, in quanto pienamente dotata di tutto ciò che la rende bella, amabile, degna. Il concetto biblico di vita non è descrittivo ma assiologico, qualitativo; esso corrisponde già al contenuto della nostra espressione ‘qualità della vita’ “ (A. Rizzi, Terra, paese dell’uomo. Spiritualità del quotidiano. CENS Sotto il Monte (BG) 115).
Questo è Shalom e nelle relazioni con gli altri, prende il nome di giustizia: se manca la giustizia, qualunque pace è illusoria. Neppure il tempio garantisce la pace, quando manca la giustizia. E’ quello che diceva Geremia, antico profeta, a quelli che pensavano di procurarsi la pace varcando le porte del tempio. Anzi, la situazione si aggravava ancor più perché avveniva la consacrazione della menzogna. Se in un salmo si dice ”giustizia e pace si baceranno”, noi osiamo aggiungere: “ingiustizia e menzogna fanno all’amore”. Sono verità “antiche come le montagne” come diceva Gandhi e appunto per questo sono modernissime, non perdono mai di attualità
Allora, l’accostamento Tsunami e Shalom vuole semplicemente esprimere lo scontro tra due prospettive globali: la prima designa il caos distruttore, totalmente scissa da qualunque interesse per la sorte dell’umanità e per il suo habitat, intesi nella loro concretezza. La seconda indica che la finalità, il senso delle cose, sta nella vita dignitosa di popoli e persone, quale stella polare che informi le decisioni orientate a un mondo più umano.
La razionalità che assume quale asse portante e valore ultimo il profitto come finalità e motore di tutta l’attività, del lavoro umano, dello sfruttamento delle risorse senza alcuna cura delle conseguenze sul fronte dell’ecologia e della vita per le generazioni future, rappresenta un pericolo equivalente alla distruttività di uno tsunami che si scateni al livello planetario. Razionalità folle, portatrice di una dismisura creatrice di un caos che invade tutte le latitudini.
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Un giorno forse si arriverà a pensare che la totale libertà di movimento dei capitali finanziari, senza alcuna regola se non il massimo della profittabilità, sia un crimine contro l’umanità. “Le transazioni in borsa sono per l’80% puramente speculative e non servono per costruire scuole, ospedali o prodotti per la persona” (Gallino).
Per molto tempo i capitali investiti sono serviti innanzitutto a produrre merci e con la loro vendita si puntava ad implementare il profitto; ora con il dominio della finanziarizzazione dell’economia, la finalità che sta tutto invadendo è la moltiplicazione del denaro attraverso il denaro. Il risultato è la devastazione dell’economia reale. La speculazione sulle monete, il trasferimento di masse enormi di capitale, a cui peraltro non corrisponde una ricchezza reale, da una parte all’altra del mondo, la messa in scacco di interi stati e continenti, la riduzione della politica, quella tesa alla costruzione della polis, ad una funzione servile e strumentale, hanno la capacità e la forza di generare caos. E’ un processo predatorio che non ha confini.
Quello che sta avvenendo in Europa, e nel nostro paese in maniera acuta, “è una totale subordinazione economica e politica alla finanza internazionale, che in questo caso è intermediata dalla Banca centrale europea” con un progressivo allineamento “a quelle che sono le condizioni tradizionali del Terzo mondo…Il nostro paese, infatti, è ufficialmente entrato in recessione, gli altri paesi europei non stanno molto meglio di noi”. E quando si parla di crescita “in Italia non ci sono le condizioni per sperare di rimettere in moto un processo di crescita del Pil per almeno dieci anni…
Con il fatto che ogni anno dobbiamo pagare 70-80 miliardi di euro di interessi, senza dimenticare quella mole di debito di 1900 miliardi che, se non verrà ridotta in maniera drastica, continuerà a pesare in maniera decisiva su qualsiasi possibilità di manovra di questo o di ogni altro governo ” (Guido Viale in L’altra pagina, dicembre 2011 24-25).
Per anni e anni siamo vissuti di favole berlusconiane, e meno male che le favole sono finite. E’ venuto sfacciatamente alla luce che la crisi non era di ordine “psicologico”. Però anche ora non ci viene detta fino in fondo la verità. Si parla degli speculatori, ma ci si guarda bene di dire la natura della speculazione e l’identità dei soggetti finanziari, dotati di un potere immenso, che scientificamente e quotidianamente sono sul mercato per drenare soldi da tutte le parti e con ogni mezzo.
Da quando è esplosa la bolla finanziaria nel 2008, si è entrati in un clima di emergenza senza soste, di tagli sistematici e di “sacrifici”, e non è vero che sono stati imposti a tutti. Quello però che non si vede è la via di uscita, perché non viene toccato il cuore del problema “cioè l’esistenza di una bolla finanziaria di dimensioni immense che continuerà a condizionare le politiche europee finché non verranno adottate le misure necessarie per ridurla drasticamente. E questo non sembra sia nelle corde e nelle intenzioni degli attuali governi, né in Italia né all’estero” (Viale).
Se non nascerà una politica fermamente decisa a imporre regole precise alla finanza e a tutto il sistema bancario, mettendo un guinzaglio ai potentati che utilizzano la deregulation totale per succhiare, come idrovore, beni economici che devono servire alla vita di tutti, inesorabilmente il caos è destinato ad aumentare e a trasformarsi davvero in tsunami.
Intanto, cresce l’ingiustizia. Diventa sempre più divaricata la distanza tra i redditi più alti e quelli più bassi, o addirittura nulli per chi ha perduto il lavoro o per chi non l’ha mai avuto, mentre il numero delle famiglie e delle persone povere aumenta e la ricchezza sempre più si concentra nelle mani di pochi.
E vi è chi sostiene che in Italia tutto è tassabile, meno la ricchezza. A pensarci, questi signori lodatori dell’illegalità non fanno altro che applicare a se stessi la morale neoliberista praticata e reclamizzata a livello planetario dall’infima minoranza padrona del mondo.
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Ciao Luisito!
Don Luisito Bianchi a 84 anni ci ha lasciato. Diversi di noi erano presenti il 7 gennaio a Viboldone, nell’abbazia delle benedettine dove ha trascorso molti decenni della sua vita, per salutarlo.
Ha scritto cose bellissime. Soprattutto il suo pensiero e la sua azione hanno avuto un cuore che deve essere assunto come principio ermeneutico quando lo si accosta.
“Gratis accepistis, gratis date”: avete ricevuto gratuitamente, gratuitamente date. E’ necessario che chiesa e preti lo assumano come regola di comportamento nel ministero e nell’annuncio del Vangelo. Tutta la sua opera è una riproposizione della gratuità quale “condizione di credibilità” secondo la testimonianza di S. Paolo, per uno stile di vita che diventi manifestazione della verità del Dio del Vangelo.
Per lui, la gratuità del ministero era più che sufficiente a motivare il lavoro del prete. Anzi, altri motivi potevano oscurare la presenza cristallina della gratuità.
Anche un’altra frase lo ha accompagnato nella vita, quella impressa nelle immaginette della sua ordinazione presbiterale avvenuta nel 1950.
E’ presa dal salmo 12: “Propter afflictionem humilium et gemitum pauperum” .
E’ la prima parte del versetto 6 che riporto per intero:
“Per l’oppressione dei miseri e il gemito dei poveri,
ecco, mi alzerò – dice il Signore –
metterò in salvo chi è disprezzato”
Gratuità e sguardo e orecchi tesi ai luoghi dell’oppressione e al sorgere del gemito dell’umanità ferita: un modo di abitare il mondo. Il suo.
Prossimamente gli dedicheremo un numero della nostra rivista.
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Il quaderno raccoglie la documentazione della seconda parte del nostro convegno del 2 giugno scorso: “Nella crisi…ripensare il lavoro”. Oltre alla relazione dell’economista Daniele Checchi, riportiamo gli interventi, i quesiti posti e la ripresa del relatore. Pensiamo di offrire uno strumento utile, che va oltre la semplice informazione.
Inoltre, si riportano testimonianze di vita vissuta nella quotidianità del lavoro e della condivisione con gli altri.
Il prossimo 2 giugno il convegno annuale affronterà il tema “potere e servizio nella chiesa”: qui si anticipano alcune riflessioni e di interrogativi.
Subito dopo l’editoriale, trovate due lettere. La prima è firmata da 20 economisti che intervengono sulla recente manovra del governo Monti. L’altra è di alcuni laici e preti legati alla nostra storia del nord-est che propongono uno “stile” di chiesa che oggi appare sempre più necessario.
Roberto Fiorini