In preparazione al convegno di Bergamo 2012
“SERVIZIO E POTERE NELLA CHIESA”


 
Servizio e potere nella Chiesa. Già il titolo del convegno dei PO 2012 mi pone in uno stato di disagio perché emergono le contraddizioni che esperimento nel quotidiano nel semplice ministero che svolgo nella Chiesa. Provo la tentazione di oscurare almeno uno dei due termini perché la dialettica tra i due mi disturba assai. Ricordo ancora l’incontro fatto dai PO Veneti con il filosofo Cacciari, ancora negli anni ottanta, sulle figure evangeliche (e ruoli) di Pietro e Giovanni. Ne siamo usciti malconci nella fatica di accettare il gioco dei due poli non eliminabili se vogliamo essere ancorati alla storia umana di ogni stagione.
Sento ancora la necessità di prendere la “giusta distanza” dai miei sentimenti e dalla crudezza delle analisi sulla situazione della Chiesa oggi. Tenterò di porre delle domande, possibilmente corrette, per poterci aiutare a vedere in profondità i nodi del percorso che possono portare alle prevaricazioni storiche e quindi mettere in luce delle possibili tracce di “conversione” a partire dalle nostre persone di credenti che possano essere un segno di amore per le nostre Chiese.
L’ ”idolo” si nasconde sempre non solo nel potere, ma, in maniera più subdola, anche nel servizio.
Il potere ed il servizio sono presenti nelle Chiese non come dato di fatto, ma come fatto costituzionale. Non sono però fossilizzati, ma in continuo adattamento a fronte della cultura e della situazione storica dell’umanità. Il loro evolversi conosce la purificazione o anche il tradimento pur riferendosi alla Scrittura ed alla tradizione ecclesiale.
In queste riflessioni faccio riferimenti alle provocazioni ricevute da alcuni articoli di teologi: Leonardo Boff, Gregory Baum, Elisabeth Schussler Fiorenza.
Il fatto decisivo che ha rimesso in discussione l”equilibrio” storico dei due termini è stato l’evento del Concilio Vaticano 2°; particolarmente il travagliato parto del documento conciliare “Lumen Gentium” sulla visione della Chiesa. Sono emersi due paradigmi ecclesiologici tra loro irriducibili ed ancor oggi conflittuali: Popolo di Dio e Gerarchia. E’ avvenuto un evento straordinario; già ponendo al primo capitolo del documento, la Chiesa come sogno di Dio per l’umanità come Mistero e Sacramento di salvezza nella visione Trinitaria e del Regno di Dio. Al secondo capitolo è stato posto il Popolo di Dio con la dignità ed uguaglianza radicale derivante dalla unione battesimale con il Cristo fonte della Nuova Alleanza con il Padre mediante l’azione dello Spirito Santo .
Al terzo capitolo si è entrati a trattare del ministero gerarchico come servizio istituzionale, necessario alla vita di tutto il Popolo, garante dell’unità, della fedeltà evangelica e della missione .
Resta la domanda mai risolta: come conciliare i due termini Chiesa Popolo di Dio – chiesa comunionale, con la chiesa gerarchica pensata come società perfetta, non solo garante di ortodossia ed unità ma “generante” in un certo modo il popolo di Dio ?
La formula trovata di “comunione gerarchica” non elimina l’irriducibilità ed il gioco del potere.
Nasce ancora la contraddizione sulla definizione del Popolo “sacerdotale, profetico, regale”. Tutti i fedeli partecipano al servizio profetico, sacerdotale e regale perché uniti a Cristo che riversa la Grazia non solo su tutti i fedeli ma su tutta l’umanità. La Chiesa è un segno messianico della salvezza nella storia dell’ umanità. Ma subito dopo si distingue il sacerdozio comune dal sacerdozio ministeriale, creando le categorie del clero e dei laici e quindi le classi sociali.
Resta aperta la domanda cosa intendiamo per carismi e ministeri e come questi possano sussistere senza incrinare l’uguaglianza e senza negare la differenza nei vari servizi?
L’uomo Gesù, Figlio di Dio nella sua incarnazione ha assunto il sacro ed il profano ed ha eliminato la divisione fonte del potere sacro. Alla sua morte il velo del tempio si è squarciato. La nuova Gerusalemme è senza tempio perché Dio è in mezzo al suo Popolo.
Il potere sacro tende a gonfiarsi estendendosi nella vita delle persone; è fonte di emarginazione (vedi la questione: donne e ministeri) e riduce al silenzio anche la giusta critica (vedi la mancanza di opinione pubblica nella chiesa); riduce il popolo ad una massa di clienti e la chiesa ad un supermercato.
La trasmissione piramidale del potere sacro: Dio Padre – Gesù Cristo – gli Apostoli – i Vescovi – i Preti – i Diaconi…questa investitura a cascata si può conciliare con il Mistero della Grazia o non forma un corpo speciale distinto dai semplici fedeli? I laici derivano da laos = popolo o da laikos = soggetto a…? Come del resto: Chiesa deriva da Ekklesia = assemblea o deriva da Kyriakè = signoria, che è il potere del Kyrios, l’imperatore? (Era la dottrina del Conc. Vat. 1° )
La Chiesa continua nella storia l’incarnazione di Gesù Cristo tanto da diventare suo Corpo.
Nella lettera ai Filippesi S. Paolo presenta la parabola del Verbo fatto carne Fil.2,6 che noi chiamiamo Kénosis = abbassamento; questo momento fa parte della “storia” di Gesù Figlio di Dio. Nella seconda parte Dio Padre lo esalta nella resurrezione e nel nome: è proclamato Kyrios = Signore. Domanda: nella “storia” non dovremmo anche noi assumere la kénosis di Gesù o forse non abbiamo assunto la proclamazione (che non spetta a noi) del Kyrios per modellare un certo tipo di Chiesa? Se andassimo a rileggere i Vangeli spulciando il tema del servire e del potere penso che la sproporzione risulterebbe evidente: “sono venuto a servire, non ad esser servito”
Anche sul servizio le domande non mancano.
Servizio dentro la Comunità ecclesiale: i ministeri ed i carismi sono espressione della gratuità o inficiati dal collegamento con il denaro? Unire sacramenti, preghiere ed offerte non conferma il pensiero che tutto si paga? I PO su questo hanno qualcosa da dire.
Il servizio all’interno della Chiesa fa crescere le persone nella maturità, dignità e responsabilità o le rende dipendenti, sottomesse e consumatrici del sacro? Non abbiamo ridotto la pratica religiosa a devozionismo (compresi la liturgia ed i sacramenti) ? I pellegrinaggi non sono svuotati del loro senso, per lasciar spazio alla ricerca del miracolismo, della consolazione personale, dello star bene e della fuga dalla responsabilità di fronte alla storia del mondo d’oggi?
La Chiesa ha sempre coltivato la “Carità”, centro del messaggio evangelico, in modo particolare l’attenzione verso i poveri nelle varie situazioni di vita materiali ma anche morali e spirituali. Durante la storia sono sorte una serie di istituzioni dagli ospitali per pellegrini e malati, agli ordini religiosi e mendicanti, alle case di ospitalità, ai banchi dei pegni ed alle miriadi di congregazioni moderne, oltre alla Caritas ed iniziative di volontariato spontaneo o parrocchiale…Una presenza enorme di attività in tutto il mondo.
Penso che l’Italia, proprio per il grande influsso della Chiesa, possegga il primato mondiale di presenza di volontari cattolici e laici: la generosità è ammirevole.
Nello stesso momento penso che sia il Paese con un bassissimo senso civico e di appartenenza nazionale. Doniamo per carità quello che non riusciamo a dare per giustizia ai cittadini. Le Istituzioni del bene comune o non ci sono o non funzionano perché non supportate da una cultura sociale/politica condivisa.
La carità individuale, e anche collettiva, ha la prima ricaduta sul benefattore soddisfatto, o ci accontentiamo di tappare i buchi delle istituzioni quasi non fossero nostre.
Domanda: quanto la Chiesa Italiana ha influito a creare questa cultura assistenziale e cosa stiamo facendo per promuovere il senso civico?
La Chiesa, nella dottrina sociale, (che per me non è nemmeno un’appendice del Vangelo di Gesù; e la Chiesa non è più esperta in umanità di altri; sono lontano da queste presunzioni conoscendo la fatica di tutti per restare umani…) propone al centro la proprietà privata coniugata con la solidarietà e con la sussidiarietà .
Domanda: La proprietà privata è un bene assoluto? Come coniugare a livello sociale/politico la solidarietà? E la sussidiarietà non può divenire luogo di privilegi o di poteri mafiosi? Il garante del bene comune è lo Stato con le sue istituzioni, anche se non è il solo gestore dei percorsi per raggiungerlo.
 

Luigi Forigo


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