Quale Chiesa / verso il convegno 2015


 

Chiesa: una parola che da decenni fa parte del nostro vocabolario, della nostra sofferenza, speranza. E’ quasi un tormento. Noi che siamo cresciuti col Concilio continuiamo a sperare. Sarà mai possibile una chiesa “altra”? Secoli di storia, di sedimentazioni, di ruggine, non hanno bisogno di una semplice lucidatura. E’ l’impianto che va ripensato. Leghiamo questa realtà ai campanili, cattedrali, parrocchie, Roma, Vaticano. Tutte realtà ricche di una storia, di arte, paesaggi che generazioni hanno assorbito, confondendo spesso la fede con tutto questo. Una costruzione storica carica di secoli, che ha cercato di rispondere alle esigenze del tempo, ma anche figlia di situazioni contingenti, di personaggi positivi e negativi, della politica, degli avvenimenti storici che hanno modellato la chiesa, allontanandola qualche volta e direi con frequenza dal suo senso originario. Una chiesa figlia dei tempi. E’ interessante allora vedere i diversi passaggi, i diversi parti avvenuti lungo i secoli attraverso molti strumenti, dalla storia dei concili, alle ricerche storiche, documenti, che ci fanno capire le diverse sedimentazioni che si sono sovrapposte a testimonianza che nulla è immutabile e definitivo. Lungo i secoli c’è sempre stato qualcuno che pensava fuori dalle righe vivendo una “chiesa altra”, ma isolati, spesse volte trattati da eretici e allontanati. Queste idee e visioni tuttavia, anche se sotterrate si ripresentano sempre e prima o poi esse riemergono come torrenti carsici. Leggendo la storia della decadenza dell’impero romano ci accorgiamo che tutte le grandi narrazioni arrivano al capolinea e contemporaneamente altre narrazioni si sovrappongono assorbendo molto del vecchio, soprattutto nell’impianto e nello schema mentale,con alcune modifiche. Nulla nasce limpido, immune da incrostazioni. il nuovo porta sempre con sé molte idee e persone legate al vecchio e questo spesse volte causa dei parti zoppi. Ciò spesso fa parte del gioco. Le chiese e le piccole comunità cristiane dopo l’editto di Costantino, nel giro di un secolo hanno cambiato il loro volto perché i personaggi che sono entrati nella comunità cristiana avevano un impianto storico di lunga data. Le piccole comunità hanno abbandonato i luoghi del loro incontro e si sono insediate nelle basiliche, costruite soprattutto da personaggi legati all’impero, da privati cittadini che coprivano cariche politiche. Mentre prima i senatori e i funzionari dell’impero riempivano la città di statue, di templi , ora diventati cristiani costruiscono chiese dove lo schema e l’impostazione è rimasta sempre quella. Costruire una chiesa serviva a dar notorietà all’offerente. E il cristianesimo si è adeguato, staccandosi sempre più dalla base. Il presbitero, che era l’anziano, il saggio attorno a cui si riuniva la comunità, è diventato il sacerdote. Un termine che buttato fuori dalla porta i primi secoli, è rientrato dalla finestra nel quarto, soprattutto da quando si è iniziato con più frequenza ad agganciarsi al Primo Testamento nei commenti e nelle letture.

Piano piano è avvenuta la separazione tra fedeli e presbìteri anche fisicamente nelle chiese con il presbiterio staccato dalla navata.

I primi secoli sono ricchi di sinodi perché l’idea di una comunità sinodale faceva parte della visione di chiesa, e ad essi partecipavano pure i laici. Le comunità non erano grandi, neppure le diocesi. Nel quarto –quinto secolo c’erano grosso modo duecento vescovi in Italia ( con una popolazione di 3 milioni di persone). Nel nord Africa, ai tempi di Agostino 450 vescovi. Con l’andar del tempo si assiste all’accentramento e ad una concezione verticale, dovuta anche alla diffusione del cristianesimo e alla caduta dell’impero romano. Concezione verticale , eredità imperiale. Nella storia lo schema dei passaggi è sempre lo stesso: la decadenza e la debolezza di un’idea provoca un’altra idea: alla decadenza dell’impero subentra il cristianesimo, che assorbe gran parte della concezione imperiale. I cambiamenti non avvengono mai in maniera improvvisa, c’è sempre l’incontro dell’alba con la notte. E’ partorita l’alba, ma la notte non è ancora finita.

Nella mia esperienza questi sono stati gli elementi che mi hanno formato e fatto vivere un’esperienza di chiesa: la periferia , l’educazione nonviolenta e il lavoro di artigiano.

Ho vissuto al margine per scelta. La periferia è stata il simbolo della mia vita. Oltre la periferia si aprono altri spazi, altre prospettive un nuovo modo di guardare, che è il guardare attraverso gli occhi delle persone che vi abitano. Il centro non permette questo, è circondato da mura di protezione, una volta in senso fisico ora in maniera simbolica. La periferia è un laboratorio sia per la politica, sia per le chiese; là abitano i poveri, le persone più a rischio, persone di diverse fedi e diversamente credenti. La periferia non ha un punto di riferimento, non è monoculturale. Far diventare centro la periferia , non è possibile. Lì nascono realtà diverse, non omogenee, direi che l’immagine che più gli si addice è quella dell’arcobaleno, diversi colori, tutti belli, necessari, importanti. Mi ricordo che il 90% degli abitanti della mia borgata non era mai stato a san Pietro e tanto meno in Vaticano. Abitare le periferie significa decentrare . Una chiesa monarchica non ha più senso ed anche per noi è importante relativizzare il papato, non dandogli più importanza o per lo meno mettendolo al posto giusto, non in cima alla piramide. Aspettiamo sempre che lui si pronunci, come se avesse la soluzione a tutte gli interrogativi. Nel primo millennio esisteva già un bilanciamento: c’erano gli antichi patriarcati: Roma, Gerusalemme, Antiochia, Alessandria, Costantinopoli. La sede del vescovo di Roma era il Laterano e il palazzo vicino alla basilica si chiamava il patriarchio, perché lui era uno dei patriarchi della cristianità. La funzione del papa è quella di coordinare e non decidere. Il sinodo è il luogo delle decisioni, dove è rappresentata una micro chiesa: vescovi, preti, laici e laiche a pieno titolo. Vedere il cristianesimo come un insieme di chiese, che hanno tradizioni differenti, ma che si confrontano e decidono insieme su ciò che concerne la cristianità tutta. Le altre chiese cristiane da secoli vivono la sinodalità.

Il secondo aspetto che mi ha formato e che ritengo necessario per una chiesa “ altra “ è l’educazione alla nonviolenza che comporta l’educazione al dialogo e all’ascolto. Per 10 anni mi sono impegnato per la formazione non violenta e per altri dieci ho fatto il presidente del comitato di quartiere, eletto dai membri, a loro volta eletti (due per ogni via), che portavano all’interno le istanze dei residenti. Se c’era qualche problema il comitato si riuniva per strada per discuterne con gli abitanti. Ogni martedì la riunione degli eletti e ogni mese l’assemblea del quartiere. Le proposte venivano discusse in assemblea e votate. Anche sulla votazione si cercava non la maggioranza ma le proposte venivano discusse cercando la fattibilità con tutti i pro e i contro, e la scelta cadeva su un progetto condiviso. Nell’incontro con la circoscrizione e il comune il Comitato non era che il garante delle proposte dell’assemblea, Era solo il coordinatore. Le proposte del comune venivano riportate in assemblea e discusse, poi si invitava un rappresentante del comune a confrontarsi e da lì veniva una decisione. Interessante anche il confronto con altri comitati e con altre realtà che stavano facendo esperienze simili, davano la spinta a fare altrettanto: Si isti et istae , cur non ego?”, direbbe Agostino. E si sa che certe idee passano e diventano poi patrimonio comune quando alcuni hanno lavorato e sofferto su di esse. C’è sempre bisogno degli apripista, che noi chiamiamo profeti.

Questo metodo ha portato nel giro di quattro-cinque anni ad avere un quartiere diverso : scuola elementare-media e superiore, , luce per le strade, rete idrica e fognante , autobus , farmacia, strade asfaltate, metano e bretella laterale del raccordo anulare, centro sociale.

Vedrei lo stesso metodo per una chiesa altra, dove l’ascolto e il dialogo abbiano la preminenza. Dall’alto non si ode nulla, ma è vivendo nelle strade nelle realtà dove vivono gli uomini e le donne che si capisce il sentire della gente. Le decisioni nascono dall’ascolto e dal dialogo, non dalle lotte di potere. Uscire dalla logica delle multinazionali che programmano al vertice e quello che ne esce è un monocolore, diversamente dal lavoro artigianale che non fa mai opere uguali. La fantasia e la creatività sono parte integrante . La struttura base dell’opera è sempre quella, ma con delle varianti. Non ho mai fatto un mobile uguale e sta proprio qui la bellezza e la ricchezza. L’artigiano prima di operare conosce bene il suo materiale e il rapporto non è affidato solo alle macchine ma si basa molto sulle mani in un rapporto dialogico con la materia.Proprio quello che serve per una chiesa inserita veramente nella storia, nelle periferie che hanno tradizioni e modi diversi di vivere ,che richiedono proposte con delle varianti, direi multicolori.

Le chiese vuote, i sacramenti ridotti quasi sempre a feste come quelle di compleanno, l’affievolirsi del numero dei preti che prelude alla loro scomparsa, sono dei segnali. L’atteggiamento spesse volte è quello del piangersi addosso, cercando di grattare il fondo del barile, tamponando le situazione. Il problema della carenza di peti non si risolve pensando al sacerdozio delle donne, ai preti sposati, ai “viri probati” etc .se il meccanismo è sempre quello. Si tratta di ripensare i ministeri, i carismi , non dentro uno schema monarchico. Se il sinodo è solo consultivo, siamo ancora allo stesso punto di partenza. Se il papa è ancora infallibile e solo lui ha potere decisionale, può essere il più bravo di questo mondo ma se le comunità non contano , tutto rimane come prima. Certamente abbiamo bisogno di personaggi profetici che hanno la funzione di aprire la strada e indicare un nuovo modo diverso di fare chiesa, ma nello stesso tempo di chiese capaci di proposte e di decisioni. Se non si cambiano i meccanismi dell’organizzazione con fatica si arriverà a dei cambiamenti di paradigma. il concilio di Costanza aveva decretato una scadenza per i concili: ogni dieci anni, una specie di osservatorio permanente. I concili che conosciamo nascono da esigenze impellenti, per dare delle risposte a degli interrogativi. ed è giusto, ma è come un preoccuparsi della salute solo quando stiamo male e allora si va dal medico che ci ordina delle analisi e visite specialistiche. Ma se noi monitoriamo la nostra salute anche quando stiamo bene probabilmente vivremmo meglio. Inoltre molti problemi sono comuni nella cristianità con le sue diverse chiese occorre avere il coraggio di confrontarsi perché siamo nella stessa barca e non in compartimenti stagni. Il meccanismo del sinodo sta nel scegliere i rappresentanti, non pilotati dall’alto. Dopo la decisione di questa struttura si passa alle proposte che nascono dalla base. Il tutto nella cornice di una Chiesa povera. E’ l’intuizione che stava alla base della nostra scelta. Una chiesa delle strutture,quella che conosciamo, in contrapposizione, quasi si volessero costruire due mondi, dove da una parte c’è il bene e dall’altra il male. La lettera a Diogneto può essere utile anche nel nostro tempo:

I cristiani né per regione né per voce, né per costumi sono da distinguere dagli altri uomini. Infatti non abitano in città proprie, né usano un gergo che si differenzia, né conducono un genere di vita speciale … Vivendo in città greche e barbare, come a ciascuno è capitato, e adeguandosi ai costumi del luogo nel vestito, nel cibo e nel resto, testimoniano un metodo di vita sociale mirabile e indubbiamente paradossale. Vivono nella loro patria, ma come forestieri; partecipano a tutto come cittadini e da tutto sono distaccati come stranieri. Ogni patria straniera è patria loro, e ogni patria è straniera … Obbediscono alle leggi stabilite, e con la loro vita superano le leggi … A dirla breve, come è l’anima nel corpo, così nel mondo sono i cristiani. L’anima è diffusa in tutte le parti del corpo e i cristiani nelle città della terra … L’anima invisibile è racchiusa in un corpo visibile; i cristiani si vedono nel mondo ma la loro religione è invisibile … L’anima ama la carne che la odia e le membra; anche i cristiani amano coloro che li odiano. L’anima è racchiusa nel corpo, ma essa sostiene il corpo; anche i cristiani sono nel mondo come in una prigione, ma essi sostengono il mondo .. Dio li ha messi in un posto tale che ad essi non è lecito abbandonare”

Cito anche una poesia di Trilussa che mi sembra azzeccata alla situazione di oggi:

 

La campana della chiesa

 

Che sono a fa’? , diceva una campana.
Da un po’ de tempo in qua, c’è tanta gente
che invece d’entrà dentro s’allontana.

Anticamente, appena davo un tocco
la Chiesa era già piena;
ma adesso ho voja a fa’ la canoffiena
pe’ chiamà li cristiani còr patocco!

Se l’omo che me sente nun me crede
che diavolo dirà Dommineddio?
Dirà ch’er sòno mio
nun è più bono a risvejà la fede.

No, la raggione te la spiego io”:
je disse un angeletto
che stava in pizzo ar tetto,
nun dipenne da te che nun sei bona,

ma dipenne dall’anima cristiana
che nun se fida più de la campana
perché conosce quello che la sòna”

Mario Signorelli


 

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