Il vangelo nel tempo


 

Al Vescovo della Diocesi di Verona
Padre Flavio Roberto Carraro,
Pace.

 

Ringrazio lo Spirito del Signore per il servizio che mi è stato affidato come presbitero “Fidei donum”, inviato dalla nostra Diocesi all’Archidiocesi della Paraiba in Brasile. Da molti anni, il dono della fede che annuncio è diventato scambio di doni tra le Chiese; i poveri, i piccoli ci rivelano i misteri del Regno.
In questo contesto vorrei riflettere su una realtà che mi sta molto a cuore: la questione economica e, di conseguenza, la questione della libertà e povertà nella chiesa.
I presbiteri “Fidei donum” ricevono dalla Chiesa italiana, tramite la nostra diocesi una quota di denaro annuale, pari a 4.500 euro circa. Tutti sappiamo che questo aiuto proviene anche dall’8 per mille che gli italiani sono invitati a versare per la Chiesa cattolica quando fanno la dichiarazione dei redditi: per me questo aiuto porta delle conseguenze problematiche, pericolose, forse non fedeli al Vangelo, per questi motivi:

1. Noi presbiteri “Fidei donum” (e così pure tutti i presbiteri italiani che beneficiano di questo aiuto), abbiamo acquistato una sicurezza che crea disagio. Il Vangelo ci dice di andare in missione fidandoci del Signore, senza sicurezze umane; è vero: abbiamo il diritto di vivere del Vangelo che annunciamo, ma per me è importante riflettere su come e con quali mezzi vivere secondo il Vangelo, che ci dice “gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date” (Mt 10,8).
Di fronte ai 2 miliardi di poveri, impoveriti del mondo, che non hanno di che vivere, (presenti anche in mezzo a noi, in Italia) noi presbiteri siamo per certi aspetti, privilegiati perché abbiamo una sicurezza per l’oggi e per il domani. C’è il serio pericolo che con questo sistema di aiuto economico, possiamo diventare, poco a poco, funzionari della Chiesa e un po’ borghesi. Il Vangelo insiste “non preoccupatevi… cercate prima di tutto il regno di Dio e la sua giustizia e tutto il resto vi sarà dato in sovrappiù” (Mt 6,33).
Questo atteggiamento, insicuro secondo la valutazione umana, è l’unico solido secondo l’ottica della fede. Antonio Rosmini ci aiuta a riflettere: “…Cristo aveva fondato l’apostolato sulla povertà e sull’abbandono alla provvidenza che avrebbe mosso i fedeli al sostentamento dei loro evangelizzatori” (Delle cinque piaghe della Santa Chiesa pag. 337 ed. Morcelliana 1979).

2. L’aiuto dell’8 per mille non è frutto del sacrificio del contribuente, ma soltanto destinazione di quello che la dichiarazione dei redditi dello Stato permette di dare per qualche obiettivo ecclesiale, religioso o umanitario. È vero: è una scelta libera, ma che non costa nulla alle tasche dei cittadini. Non è stimolata la condivisione o la cassa comune, ma appena la destinazione di una quota prevista. Allargando la riflessione, mi domando: la Chiesa italiana, instaurando un rapporto di potere con lo Stato, corre il pericolo di diventare potente, anche economicamente; in questo contesto, avrà la Chiesa il coraggio di annunciare con libertà il Vangelo e di porre in questione il governo italiano per le sue scelte politiche, economiche, mediatiche e militari? “La Chiesa primitiva era povera, ma libera”. (idem, Rosmini pag. 320).

3. I soldi che noi presbiteri “Fidei donum” riceviamo ci mettono in una condizione di superiorità economica nei confronti dei presbiteri locali che lavorano nelle periferie o nelle regioni più povere perché non hanno gli aiuti che noi riceviamo dall’Italia, anche attraverso progetti che dovrebbero essere oggetto di maggiore discernimento. (v. la riflessione molto opportuna “Missione e denaro” di don Franco Marton, rivista “Ad Gentes” 2003-1). Devo riconoscere che ci manca un’esperienza organizzata di condivisone con le Chiese alle quali siamo inviati. È possibile riflettere e concretizzare uno stile di Chiesa che cerchi il cammino profetico della condivisone economica tra le Chiese, a partire da noi presbiteri, un approccio certamente complesso, ma determinante per la sua credibilità di fronte agli esclusi della vita e del mondo e di fronte alle Chiese che serviamo? È possibile sognare e camminare verso la “Chiesa dei poveri” come annunciò il beato Papa Giovanni XXIII durante il Concilio?
“…quando sono debole allora sono forte” (2 Cor. 12,10).
Vorrei, nel dialogo, aprire un dibattito con il Consiglio Presbiterale della nostra Diocesi su questa difficile questione sulla quale non siamo mai stati interpellati e che tocca la libertà e la povertà nella Chiesa. Siamo in tempo di Sinodo: non può essere un tempo di grazia anche per questo argomento?
Da parte mia, preferirei rinunciare a questo aiuto (senza con questo voler giudicare nessuno), per sentirmi più libero di annunciare il Vangelo e più solidale con i presbiteri della Diocesi a cui sono inviato, che lavorano nelle aree più povere. Io spero che si formi una nuova coscienza nella Chiesa ispirata alla colletta di Gerusalemme, dove le comunità si aiutano a vicenda legate dalla fraternità (v. 1 Cor 16 1.4).

Desidero un abbraccio di pace e una benedizione reciproca.

Vincenzo Zambello

presbitero “Fidei donum”

Verona – Paraiba (Brasile) Epifania 2004


 

Share This