“CHI LOTTA E SOFFRE SU UNA ZOLLA DI TERRA
LOTTA E SOFFRE PER TUTTA LA TERRA”
Viareggio 1998
LOTTA E SOFFRE PER TUTTA LA TERRA”
Viareggio 1998
Interventi
Non sono andato al lavoro in fabbrica perché stanco o nauseato da questa Chiesa. Semmai avrei potuto dire perché ne ero stato in qualche modo cacciato. Nel ’62 avevo una denuncia al S. Ufficio. Ma neppure per questo ho scelto il lavoro.
Sono andato perché volevo e sognavo una Chiesa diversa, per presentare un volto di Chiesa diverso. Non ero rassegnato a questo volto tradizionale, così come non lo sono oggi.
Dopo vent’anni di lavoro come manovale nella fabbrica e diciassette anni di Commissione interna, ne sono uscito per raggunti limiti di età. Mi sono anche reso conto che forse non ho mai parlato esplicitamente di Gesù Cristo e mi domando se non ho perso qualche occasione in cui avrei potuto e forse dovuto farlo.
Ma credo che alcuni compagni abbiano visto in me un modo diverso di essere prete e quindi un modo diverso di essere chiesa.
Sono andato a lavorare per assumere una condizione civile più laica, la condizione operaia, quella della gente più umile e sfruttata nella Torino degli anni ’60, fatta di immigrati dal sud che arrivavano in una città inospitale, carica di pregiudizi e in una Chiesa asettica, razionale, lontana dal clima emozionale e forse folkloristico dei loro paesi. Non volevo vivere del sacro, ma del mio lavoro, come loro.
Amavo pensare che i compagni avrebbero potuto incontrare un cristiano non democristiano e neppure comunista (avevo conosciuto lo stalinismo in FIAT negli anni ’50, quel comunismo di quegli anni che forse nessuno di voi ha vissuto in azienda).
Pensavo che questo modo di essere cristiano nella lotta sindacale, sociale, politica, poteva essere un modo esemplare di una Chiesa più evangelica tra gli sfruttati.
Questo a livello personale.
A livello di PO, di collettivo, di movimento, credo che molti di voi sappiano quello che penso al riguardo.
Anche oggi ne ho avuto qualche conferma, anche se sono contento di questo incontro: clima e contenuti. Ne sono grato agli organizzatori e a chi generosamente ci ha ospitati, a Sirio, di cui facciamo memoria, e a tutti voi. Io continuo a pensare che in questi anni abbiamo perso una occasione storica di dialogo con questa Chiesa.
C’è stato un sofferto e importante dialogo con la Chiesa-popolo, quel frammento di popolo, quello operaio e sindacale.
Nell’azione sindacale siamo stati attenti e capaci: nei Consigli di fabbrica, nell’organizzazione sindacale. Abbiamo saputo dialogare con l’istitu-zione-padrone, senza svenderci, senza rinunciare ai nostri obiettivi, alle nostre idee. Non siamo stati capaci, interessati forse, ad un dialogo difficile, ma a mio parere possibile, con la istituzione-Chiesa. Non siamo stati un interlocutore valido con essa.
Dico ancora una volta questa mia opinione perché oggi il clima, l’atmosfera alla Sirio me lo permette e perché oggi abbiamo potuto e saputo dialogare. Forse avremmo potuto farlo anche con i vescovi. Perché sono cambiati loro? Forse, ma vorrei metterli alla prova. Ma soprattutto perché qualcosa è cambiato in noi.
Io ho partecipato al colloquio con Mons. Charrier, presidente della Commissione per i problemi sociali. Non ne sono stato soddisfatto, ma conoscevo le intenzioni sue e di don Mario Uperti, direttore di quell’Ufficio. Le loro domande non mi sono sembrate peregrine: e, forse, se ce le avessero fatte altri le avremmo apprezzate. Non ho accettato di andare al Convegno Nazionale perché non credo all’efficacia di questo tipo di incontri. Penso che non sia inutile dialogare in altri modi, anche se mantengo un rapporto critico nei confronti dell’istituzione.
Personalmente non ho accettato nessun ruolo in Parrocchia. Continuo a cercare di dialogare con quelli che sono in difficoltà di fede.
Dal 1968 non ho ruoli ecclesiastici; vivo nel mio alloggio nella Torino problematica con gli immigrati del quartiere più chiacchierato.
In qualche occasione scrivo quello che penso e critico certi atteggiamenti della Chiesa: non sempre pubblicano i miei articoli; qualche volta sì, anche in giornali cattolici.
Continuo a pensare utile il dialogo anche se non ricevo risposte: preferisco bussare anche se non aprono, piuttosto che rinunciare.
Spero che i PO, quelli che restano, in nome di Sirio che ha sempre gridato e bussato, non si stanchino di tentare di cambiare questo volto di Chiesa, mentre faticano a migliorare il volto di Cristo nei poveri.
Su questo terreno, per me oggi lo stimolo maggiore per essere me stesso, uomo cristiano e prete, continua ad essere “il bisogno” dell’uomo, i bisogni, tutti i reali bisogni degli uomini, anche il bisogno di Dio.