“«Ama il tuo sogno se pur ti tormenta»:
passione della libertà / obbligo della liberazione”

Incontro nazionale PO / Viareggio, 30 aprile – 2 maggio 1999


Interventi


In questi ultimi tempi mi ritorna spesso alla memoria una scena: vedo mia madre di mattino presto, mentre io faccio colazione prima di andare a scuola, far scendere la chioccia dalla cesta e prendere delicatamente, una ad una, le uova ‘messe alla cova’: tenendole con la mano sinistra le avvicina alla luce della lampadina di cucina e schermandosi gli occhi con la destra le “sperö” (come si diceva nelle campagne dell’alto mantovano) cioè controlla se all’interno è iniziata la vita.
Era un gesto fatto con calma, ma carico d’ansia e di speranza.

Oggi, a distanza di quasi cinquant’anni, ogni mattina entrando in fabbrica e salutando i compagni e le compagne di cooperativa, che per il turno hanno già avviato le macchine della linea di produzione, guardando negli occhi, “speriamo” anche noi che la giornata riservi notizie migliori.
È difficile mantenere dentro questa speranza perché gli avvenimenti odierni che intrecciano le storie di questa umanità fanno sorgere spontaneamente alcuni interrogativi: che senso ha lottare, oggi, quando ti senti schiacciato dalla situazione? Ma soprattutto quando sai in partenza di essere comunque perdente… perché chi detiene le leve del potere riuscirà – in un modo o nell’altro – a fregarti, a tenerti sotto, a sfruttarti?

È vero che lavorando in cooperativa uno ha la possibilità di gestire collettivamente, in modo democratico, la sua forza lavoro; ma quanti compromessi devi accettare: per stare a galla, per vincere una commessa di lavoro, per combinare con la maledetta “legge del mercato”, per vincere la concorrenza, per farti un salario che – anche se molto sudato – ti permette almeno di tirare a fine mese!

Perdere non è essere sconfitti. È necessario però operare in noi, una continua pulizia mentale, è necessario cioè rifare frequentemente il quadro della situazione nella quale si vive, evidenziando i soggetti che muovono lo scacchiere del mondo nel quale stiamo vivendo, reagendo al rischio che il ‘pensiero unico’ ti faccia perdere la visione dell’insieme delle cause che hanno determinato l’attuale situazione mondiale di sfacciata ingiustizia e sfruttamento di pochi su molti.
È necessario, ad esempio, smascherare una mistificazione etica che va sotto lo slogan “dare/creare lavoro per tutti”: ma ci si domanda che tipo/qualità di lavoro?
Perché l’attuale “lavoro” che viene offerto nella maggioranza dei casi è lo strumento attraverso il quale il ‘capitale’ espropria l’uomo della sua possibilità di progettare:
– è il lavoro che i grandi e piccoli gruppi commerciali esportano nei paesi dell’est o del 3° mondo perché costa meno, è il lavoro sottopagato,
– è il lavoro non tutelato, è il lavoro nero, è il lavoro minorile.
Gesù un giorno ha dichiarato. “Vi è stato detto, ma io vi dico”; e ancora: “Verrà il tempo, ed è ora..”. Ed io mi fido della sua parola perché è capace di mantenere svegli, di scuotere dal torpore della rassegnazione, di aiutare a resistere alla tentazione delle ‘cipolle d’Egitto’.
È capace soprattutto di riversare su di te una luce che ti fa intravedere che all’interno della tua ‘faticosa’ esistenza quotidiana c’è ancora la ‘vita’.

Gianni Alessandria


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