SULLA STRADA DEGLI UOMINI E DELLE DONNE
VIVERE L’OGGI… APRIRE L’AVVENIRE
Incontro internazionale PO / Strasburgo, 2-4 giugno 2001


PO tedeschi

 Tanti hanno visitato Lucerna da turisti e hanno così conosciuto il famoso ponte di legno, il monumento dei leoni e forse, recentemente, il nuovo Centro di Cultura di Jean Nouvel. Ed anche chi non vi è mai stato, ha probabilmente in testa un’immagine di questa cittadina della Svizzera centrale. Vi invito a seguirmi per una visita: al di là dei dépliants e dei fogli di calendario, per un giro nel quartiere dove viveva e vive tuttora la gente che ha costruito tutti quegli alberghi, strade e viali, che lavora nel turismo, nella gastronomia ma anche nelle imprese.

Il quartiere “Untergrund” (“Sottosuolo”) è situato alla periferia del centro dove già nel medioevo furono insediate le persone che non erano considerate cittadini nel senso pieno della parola. Qui si offriva alloggio ai pellegrini in cammino verso Santiago di Compostela. Inoltre in quel quartiere trovarono posto tutte quelle istituzioni delle quali una città ha bisogno, ma che essa non fa vedere volentieri: il mercato del bestiame, l’orfanotrofio, il carcere, più tardi la caserma, il mattatoio, oggigiorno il raccordo autostradale e l’assistenza ai disoccupati. Dalla metà dell’ottocento un numero crescente di immigrati dal Sud della Germania e dall’Alsazia e dopo la costruzione del Gottardo soprattutto dall’Italia, arrivarono a Lucerna in cerca di lavoro. Dopo la seconda guerra mondiale, in Svizzera, c’era alta congiuntura e il mercato del lavoro richiedeva manodopera spagnola e portoghese, poi iugoslava nei settori edile e gastronomico. Oggi nel quartiere convivono persone provenienti da più di 50 paesi.
Ora andiamo dalla piazza della caserma lungo la cosmopolitica Via Basel verso il cuore del quartiere. Là, dove oggi c’è un autosilo, tempo fa si trovava l’orfanotrofio e al posto del carcere è sorto il primo grattacielo di Lucerna.
Di fronte si trova il punto di incontro della “Colonia Libera Italiana”, fondata da emigrati antifascisti e accanto, eccolo, il nostro centro (di quartiere).
Ci ritorneremo più tardi ma prima vi vorrei far vedere i diversi lati e attività del quartiere. Sotto il ponte ferroviario c’è un graffito interessante: Una notte qualcuno aveva dipinto “Saukurde (curdo di merda) go home”; anche in Svizzera imperversa il razzismo. Mi ricordo della mia indignazione e della mia esitazione, a come si dovrebbe reagire a simili insulti, quando scoprii pochi giorni dopo che qualcun altro aveva ridipinto l’offesa lasciando solo la parola “home”. Molto bene: tutti quanti qui possono sentirsi a casa!
Come perle infilate nella Via Basel ecco le osterie internazionali si mettono in fila: la colombiana “El pueblito”, dove regolarmente un mimo da Cali rappresenta un programma culturale; poi un ristorante giapponese e uno indiano, nel “Domino” un gruppetto di turchi si incontra tutti i giorni a giocare a carte, nel “Meson Corûna” di giorno i colleghi iberici restano tra di loro mentre la sera una clientela mista si mangia Paëlla e Calamares.
Esistono numerosi mondi diversi, su un piccolo spazio, uno accanto all’altro. Ci siamo resi conto che poi non è tanto facile rendere possibili incontri che cavalcano le frontiere tra le culture. Spesso le persone preferiscono restare tra connazionali per così conservarsi e coltivare all’estero almeno un po’ di patria.
Poi ci sono i negozi più variegati: tra tutti quelli macedoni, tamilici e africani si mantiene ostinatamente un negozio di alimentari di origine e tradizione svizzera che col passar degli anni è diventato un luogo dove si incontrano e si riuniscono dei mondi diversi. 14 anni fa la coppia che lo gestiva, voleva chiudere il negozio, quando un gruppo di abitanti impegnati del quartiere ha deciso di portarlo avanti. Da anni anche il collega Josef ci lavora come prete operaio, commesso e piccolo imprenditore. Nel frattempo accanto all’équipe di lavoratori a tempo parziale sono stati creati dei cosiddetti “posti di lavoro tutelati” per persone meno produttive o meno stabili psichicamente; così adesso con buon zelo riempiono gli scaffali e garantiscono il servizio a casa per le persone anziane, senza famiglia, per le istituzioni sociali e chiunque ne sia interessato.
Questo negozio vende oltre ai prodotti tradizionali, verdura fresca, numerosi tipi di formaggio e vino, anche prodotti del commercio equo e solidale (p. es. caffé del Nicaragua e miele cileno) e prodotti ecologici.
Ritorniamo adesso al nostro centro del quartiere, passando davanti alla libreria spagnola, poi – a quanto pare – inevitabile locale a luci rosse e alla bottega del fabbro residente da tempo, sempre accompagnati dai rumori delle macchine e dei treni. Nel “Sentitreff” (“Senti” è un vecchio nome del quartiere e “treff” vuol dire la possibilità di associarsi e di sviluppare delle attività comuni) da quasi 18 anni siamo impegnati nel tentativo di creare e ampliare uno spazio collettivo e pieno di vita per la popolazione del quartiere. All’inizio il gruppo era ospite e subaffittuario della Colonia Libera Italiana. Quando io sono entrato nel progetto abbiamo lottato insieme per il restauro e la riapertura dell’edificio cadente. Abbiamo potuto prendere in mano il restauro del cortile interno: i muratori italiani hanno collaborato strettamente con gli esperti di giardinaggio svizzeri… E dal 1989 abbiamo degli orari regolari di apertura: il lunedì per gli anziani, il mercoledì pomeriggio per gli scolari, martedì e giovedì viene organizzato un pranzo e sabato una “prima colazione del quartiere”. In più, un nucleo di 10 -15 persone organizza un programma stagionale: serate di canto e giochi, relazioni di un viaggio alle Filippine, a Berlino, di un giro in bici per l’Africa ecc., dei vernissage con artisti svizzeri e di tutto il mondo. Il successo poi è sempre garantito quando viene offerto un evento culinario.
La cucina e la cultura internazionale attraggono sempre il pubblico, lo abbiamo constatato anche in occasione dei mondiali di calcio 1998! Abbiamo organizzato un grande programma interculturale che accompagnava le partite importanti; degli eventi musicali e culinari secondo le squadre, p. es. zampogna scozzese, samba brasiliano, couscous marocchino… Ogni volta che ha giocato il Brasile, sono venute 400-500 persone; poi ho anche un buon ricordo della partita, inaspettatamente pacifica, tra gli USA e l’Iran; infine il fatto che nel finale ha vinto la tricolore “black, blanc e boeur” — (si riferisce ai colori della pelle e agli immigrati nordafricani) — anche in Svizzera è stato registrato come un segnale positivo.
Sotto il tetto del “Sentitreff” c’è spazio anche per l’incontro dei disoccupati di Lucerna, inoltre un’iniziativa per questioni maschili, e una banca del tempo, (per la circolazione di capacità e talenti non pagati). Tutte le iniziative della casa hanno in comune il coltivare di uno spirito integrativo e il contrapporre ai processi di marginalizzazione una forza di attenzione e stima. Non piace certamente a tutti un progetto del genere, alcuni lo considerano troppo poco svizzero, troppo rumoroso, troppo caotico. Ma per tante persone del quartiere e della città il piccolo centro di cultura è diventato uno spazio del fare insieme e della responsabilità per la gestione della vita quotidiana, e perciò ha lo stesso diritto di esistere quanto il grande centro di Nouvel al lago. Nel Sentitreff le famiglie ed i gruppi possono anche gestire i loro propri eventi, e così ci vengono festeggiati sia compleanni iugoslavi sia nozze tamiliche.
Lasciamo adesso il centro del quartiere e torniamo al punto di partenza. Passiamo davanti alla piccola chiesa del quartiere, dedicata a San Giacomo, dove ogni lunedì sera ha luogo una preghiera nello stile di Taizé. La preghiera viene gestita da una piccola comunità di base, preferiamo chiamarla gruppo di base, che ogni due settimane si incontra per una serata di cena, riflessione, lettura biblica e canto. La condivisione della vita quotidiana e la visione di un mondo di fratelli e sorelle, che non esclude nessuno, ai membri del gruppo dà la motivazione alla solidarietà e all’impegno nel quartiere e nei progetti ivi sviluppati.
Stiamo per arrivare alla piazza di caserma con il negozio di rigattiere e il centro di formazione per adulti: ricordi raccolti accanto alle investizioni importanti per il futuro… Se i PO riescono a collegare l’attenta conservazione della memoria collettiva (l’associazione di lingua tedesca dei “Arbeitergeschwister” [fratelli e sorelle operai] fra poco compirà 30 anni) con dei passi coraggiosi verso il futuro, il movimento continuerà vitale e sicuro del proprio centro.

Urs Häner


Share This