Frammenti di vita
…e c’è chi è in grado di darle se vuole
Caro Mario Signorelli, cerco di capire profondamente la splendida idea che ci hai condiviso a Strasburgo nel giugno 2001 e sulla quale hai riflettuto fino a creare la sezione specifica “Frammenti di vita” invitando i compagni di viaggio Pretioperai a scambiarsi notizie, come vecchi amici, sul momento presente così vigilante come il passato.
In questa società in cui è difficile vedere il valore del vivere rettamente si attendono risposte semplici e comprensibili. Se ci si sente niente nella pastorale del niente dobbiamo riflettere che anche di queste voci va riempita la terra.
Voci unite al respiro universale di molti che vogliono uscire dagli spiritualismi disincarnati, dalla sacralità di potenza, da ritualismi ripetuti senza capirne il significato, dagli imperi di luce falsa, dal congelamento di grandi spiritualità e dalla Bibbia trasformata a proprio uso.
Essere, invece, della Chiesa che nasce nel cuore della profondità come un fermento dentro la massa, questo è come un testamento che ci ha lasciato Bonhöffer ed è l’intuizione avuta dai Pretioperai fin dall’inizio delle loro lotte. Chiesa in ascolto, Chiesa per gli altri perché l’umanità sia più umana nell’uomo maturo e libero e che sceglie di entrare in un mondo altro. Si sta scoprendo che un altro mondo è possibile per merito di chi vive nell’interpretazione laica della realtà cristiana e biblica così come nella realtà mistica del messaggio gandhiano.
Oggi la sinfonia delle voci non è in compagnia come con San Benedetto e dopo il mille col moto di riforma nato da San Bernardo, da cui hanno attinto frati e laici della protesta pauperistica, ma, invece, ci giungono, da un capo all’altro della terra, da personalità splendide, ricchezze umane incomparabili racchiuse nel ventre di una storia quotidiana dove tutto si consuma in piccoli rivoli che bagnano la terra rivoltata dall’aratro degli eventi la quale attende di essere fecondata da nuovi semi mai prima d’ora raccolti. (Pensieri attinti da Luigi Sonnenfeld nella rivista Pretioperai n. 54/55, sezione “Frammenti di vita”, pag. 80).
Io ora vivo in Calabria con la pensione rurale nel paesino dove sono nata di 1300 abitanti e saremmo 2000 senza l’emigrazione. Quando, nel 1946, caduti i podestà fascisti ci furono le elezioni comunali qui, come in molti piccoli comuni vicini, vinsero le sinistre, così per più volte. Ora regna un grande vuoto, si inneggia la destra e le parrocchie con preti e suore anziani tornano sicuri ad unire il campanile con le torri comunali.
Individualismo e timore chiude la gente in se stessa; anche i giovani di sinistra non sanno più come fare politica. Io dialogo con tutti ma con discorsi frammentari; potrebbe nascere una tribù, ma in un piccolo ambiente, bisogna inneggiare la chiesa dove ci hanno battezzati. Tutti sanno della mia vita da operaia e delle mie lotte attuali. Non posso tacere ma nemmeno litigare.
Per consolarmi chiudo con le parole di Boris Pasternak nel libro “Il Dottor Zivago”: nelle prime due pagine parla di un sacerdote, Nikolaj Nikolaevic, zio materno del piccolo Jura. Nella quarta facciata (ed. Feltrinelli) dice: «Padre Nikolaj era un prete che, passato attraverso il tolstoismo e la rivoluzione si spingeva sempre più oltre, mirava ad un pensiero elevato ed insieme concreto capace di tracciare una strada precisa ed inequivocabile nel suo procedere che migliorasse il mondo e fosse chiaro anche ai fanciulli e agli sciocchi, come sono evidenti il balenare di un lampo, il rimbombo di un tuono che si allontana. Era un uomo che anelava al mutamento delle cose».