Convegno di Bergamo 2009
L’IDOLO È NUDO: METAMORFOSI DEL CAPITALISMO
Interventi e riflessioni


 

L’incontro nazionale dei preti operai che si è tenuto a Bergamo nei giorni 1 e 2 maggio scorsi è stato molto positivo per due aspetti. Anzitutto perché si è allargata la cerchia dei partecipanti, anche col contributo notevole delle approfondite relazioni del prof. Daniele Checchi e di Padre Felice Scalia. Soprattutto però ho trovato molto centrato il tema dell’incontro (“L’idolo è nudo”) che ha collegato la riflessione teologica a quella antropologica, cercando una risposta alle due domande: “Quale Dio?” e “Quale uomo?”.
Daniele Checchi ci ha illustrato ancora una volta con la consueta chiarezza i meccanismi attraverso i quali si sviluppa l’economia e la finanza nell’attuale sistema capitalista. Sono meccanismi anonimi e impersonali, dove ciascun attore è intento unicamente a perseguire il proprio interesse. “L’uomo economico in genere è un uomo isolato, senza relazioni che non siano conflittuali” (R. Rampa).
E qui già constatiamo una contraddizione fondamentale del vivere umano in questa società, quella che i sociologi chiamano “il paradosso della felicità”. Da indagini demoscopiche effettuale negli Stati Uniti risulta che la percezione che le persone hanno della felicità diminuisce con l’ aumentare del possesso dei beni. Il senso della vita umana non si trova nell’isolamento, ma in un intreccio di relazioni con gli altri. E questo presuppone la ricerca dell’uguaglianza.
I cosiddetti “grandi del mondo”, quando si riuniscono nel G8, si pongono il problema della povertà. Perché la povertà è uno scandalo per l’umanità. Nel 2000, all’inizio del nuovo millennio, l’ONU aveva proposto l’obiettivo di sconfiggere la povertà entro il 2015 (e si tratta solo della povertà estrema…). Sono passati nove anni e la povertà “estrema” è aumentata: da 900 milioni di poveri nel 2000 a 950 milioni di oggi. Con l’attuale sistema economico l’uguaglianza e il riconoscimento dei diritti umani fondamentali non è possibile.
Il nostro è un sistema conflittuale, e ancor oggi la soggettività degli sfruttati e la volontà di lotta dei milioni di poveri che riescono a organizzarsi e a ribellarsi all’ingiustizia, sono fondamentali per costruire dei nuovi rapporti sociali.
Abbiamo seguito con partecipazione la lotta degli operai della INNSE, ed è stato commovente quello che ha detto la moglie di uno dei cinque che erano sulla gru. Ha rassicurato il suo bambino dicendogli: “Tuo padre sta facendo una cosa molto importante”.
Padre Scalia ha delineato con parole molto forti la teologia che sta alla base di questo sistema di potere, di sfruttamento e di esclusione. “Il dio di Bush, che abbandona le creature alla loro rovina”, però questo è anche il dio di tanta parte delle nostre chiese!…
Non basta scrivere encicliche che preconizzano “un nuovo possibile sviluppo”, “una nuova sintesi umanistica” (Caritas in veritate, n. 21).
Ci vogliono segni concreti, scelte di povertà autentica e una vera dissociazione dai meccanismi perversi dell’attuale sistema.
Ci vuole con urgenza, come dice Padre Scalia, “un atteggiamento profetico”, se vogliamo essere “custodi del futuro”.
Nessuno di noi, neanche la Chiesa, siamo in grado di risolvere i gravi problemi dell’umanità. Neanche Gesù li ha risolti. Però possiamo portare, come ha fatto il ragazzo di Andrea, “cinque pani e due pesci”… “Ma che cos’è questo per tanta gente?”… (Giov. 6,9) “Una goccia nel mare”, diremmo noi. Però “il ragazzo” rappresenta il futuro, la speranza di un mondo nuovo.
Perciò l’impegno è proprio quello di tener viva la speranza in un futuro dove la solidarietà e la condivisione prenderanno il posto della convenienza, della competizione e dello sfruttamento.

Piero Montecucco


 

 

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