Verso il Convegno Nazionale ’92
INTERVENTI
Servire l’Evangelo a partire dalla vita, dalle situazioni concrete in cui vivono uomini e donne ogni giorno, esige di aiutarci a capire questo tempo, a leggere con profondità e profezia lo svolgersi delle trasformazioni sociali, culturali e religiose del territorio di cui siamo parte.
IL CONTESTO IN CUI VIVIAMO
C’è chi legge i nostri giorni come tempo del post-secolarizzazione, giorni del riemergere della domanda religiosa rispetto a cui è necessario attrezzarsi per far fronte alle nuove esigenze. Sarebbe dunque iniziata una nuova fase in cui, accanto alla conversione sempre necessaria, la domanda principale diventa: quale Chiesa?, perché in questo caso serve “una Chiesa che serve”.
Un’altra lettura, ed è anche la mia, evidenzia come l’elemento caratteristico del momento presente non sia tanto il riemergere di domande religiose ma il prendere atto che si vive e si vivrà sempre più frantumando, segmentando: c’è una varietà di ambiti, situazioni, modelli…
La domanda in questo caso diventa: come stare dentro questa complessità della vita? quale Dio è possibile nominare non invano in questo contesto?
La prima lettura conduce a ripensare la comunità cristiana per renderla capace di risposte, di far fronte al continuo cadere di visioni laiche. Evangelizzazione diventa facilmente fare catechesi, fare “nostre” iniziative, occupare spazi lasciati vuoti, fare cultura, fare…: presentarci con un modello unico, forte, capace di resistere all’altrui decadenza.
La seconda lettura, proprio mentre evidenzia che nella complessità c’è un accentuato coesistere di situazioni positive e negative, prospetta che la Chiesa diventi luogo in cui sentieri / racconti / esperienze / vissuti diversi convergano, si ascoltino, si valorizzino e vicendevolmente si sostengano. Accorgersi della complessità significa godere e stimolare un pluralismo di presenze, di compagnie dentro i contesti vari che la vita / società presentano: diventa la maniera per non sostituirci ai cammini spesso tanto sofferti dell’uomo / donna di oggi, ma fare strada insieme cercando verità.
Forse pastorale potrebbe essere questo fare compagnia scoprendo insieme la presenza del regno e l’opera dello Spirito che ci anticipa.
Solo degli accenni per dire che dietro una analisi, dietro il tentativo di capire il nostro tempo ci stanno atteggiamenti diversi e sbocchi diversi sul piano esistenziale e sul piano dell’essere chiesa.
C’È UN GRAN PARLARE DI “NUOVA EVANGELIZZAZIONE”
Mi sembra più appropriato e indicativo di una scelta, parlare di primato dell’evangelizzazione o forse meglio di centralità dell’evangelo.
Con queste precisazioni:
– l’evangelizzazione, prima di essere opera nostra, è dono/iniziativa di Dio;
– condizione per ogni evangelizzazione è lasciarsi evangelizzare, è lasciare che il Maestro e il Signore spieghi le Scritture (icona di Emmaus);
– non dare per scontato che ci siano gli evangelizzanti e coloro che devono essere evangelizzati o rievangelizzati; non ritenere che gli evangelizzanti siano abilitati una volta per sempre ad assolvere questo compito;
– non si dà evangelizzazione senza ascolto dell’evangelo, senza una educazione all’ascolto, al silenzio, alla sequela;
– evangelizzazione troppo spesso è dire o organizzare l’evangelo, è comunicazione di idee, contenuti, è morale…
Ma l’evangelo è prima di tutto evento, irruzione di Dio nella vita, è una persona, è vita di Dio: gli evangeli scritti sono racconto dell’evento, tengono viva la memoria che è possibile riattingere all’evento:
– davanti all’evangelo siamo tutti azzerati: non ci sono i professionisti e gli inesperti, i maestri e i discepoli: «uno solo è il vostro Maestro.;
– nella complessità/frantumazione/varietà dei progetti, l’evangelo rischia di essere uno dei tanti messaggi della vita, un messaggio che sfiora la mente: un messaggio difficile da accogliere anche perché viviamo in un contesto che ti priva della possibilità di pensare: l’evangelizzazione allora non può mai essere ridotta a indottrinamento, l’evangelo non è innanzitutto una dottrina ma una proposta di vivere in un certo modo, è avere dei comportamenti / scelte per cui prima o poi può sorgere la domanda: ma tu perché vivi così? secondo quanto sta scritto negli atti degli Apostoli;
– stile dell’evangelizzazione non è altra cosa da ciò che si desidera offrire / comunicare / annunciare e cioè l’evangelo: sottolineare fortemente la necessità della condivisione / compagnia / gratuità del non avere “né oro nè argento” / del non avere privilegi (detto molto tra parentesi: non guasterebbe una franca discussione sull’8 per mille!).
Resta fondamentale annunciare l’evangelo, ma coscienti della inadeguatezza / scarto tra la nostra infedeltà e la fedeltà di Dio che annunciamo.
E serve un grande rispetto per ogni persona, uomo o donna, che incontriamo e per i quali desideriamo e preghiamo perché avvenga l’incontro di salvezza; e serve una nostra continua revisione perché non basta essere credenti, occorre essere credibili…