Verso il Convegno Nazionale PO ’92


 

Ha ricolmato di beni gli affamati
i ricchi invece li ha mandati a mani vuote.
Beati quelli che sono poveri
perché Dio offre a loro il suo Regno!

.Il letame non riducibile alla sola categoria del profano, ma ad ogni realtà costruita dalle mani dell’uomo, quindi anche il sacro e la Chiesa.

Profanità

Profanità della vita e della storia, nella sua autonomia dal divino e umanità diventata adulta (Bonhoeffer) nella sua vanità. Luogo dove la gente è condannata a vivere; fuori dal tempio, dove anche pronunciare il nome di Dio diventa eresia perché necessariamente si profana; luogo dove Dio viene negato o diventa insignificante. Luogo dove Cristo ha scelto di essere e di annunciare il Regno presente e che viene. Luogo dove si trovano i pretioperai nel paradosso tra vanità e trascendenza, nel tentativo di pronunciare Dio senza catturarlo, ma lasciandolo nella possibilità, nella grazia. L’evangelizzazione non sta nella dottrina e nemmeno nell’esemplarità di Cristo, ma nella contraddizione della Croce mentre ci si affida oltre la Croce come possibilità. Scoprire le leggi di morte presenti nella profanità lasciando risuonare la parola e libero lo Spirito di suscitare la profezia delle “ossa aride”.
Il movimento storico – politico di liberazione è ancora profano e nessuno potrà misurare l’efficienza della grazia. Da questo letame nascono i profeti Osea, Geremia, Cristo…
Ed oggi come nominare Dio di fronte alla vittoria del capitalismo, alla civiltà del consumo, all’essere senza speranze e senza futuro, di fronte alle povertà del Sud, alla cultura del forte e dell’assistito, alle migrazioni da cui ci difendiamo, alle guerre tra nazioni o tribù, alla libertà condizionata…

Il sacro

Il fascinoso e tremendo che lega l’uomo cosciente della vanità. È un bisogno della nostra condizione, un legame che crea un potere sulla nostra vita non solo perché bisognosi di senso o di simboli, ma produttore di soggezione.
Il sacro non è Dio, ma esprime tutte le mediazioni su Dio. La tensione non è quella di negare Dio come nel profano ma di catturarlo per renderlo gestibile e non dirompente.
È una strada umana di incontro in vista di una strumentalizzazione: il dio tappabuchi, per il senso, il bisogno, la sicurezza, il dominio… Nominare Dio nel sacro è mestiere difficile, da professionisti poiché a Dio viene tolta ogni possibilità, la grazia.
Cristo ha trovato le difficoltà maggiori con l’apparato che gestiva il sacro. Ma anche nel cristianesimo siamo di fronte al sacro come mediazione: Cristo che diventa idolo, la Parola che diventa liturgia. il sacramento che diventa rito, i ministeri che diventano ruoli…
In questo contesto come Dio è reso libero per poter comunicare nella grazia? Eppure Gandhi è maturato in un contesto come questo nella direzione della nonviolenza e della libertà. Anche da questo letame nascono i fiori.

La Chiesa

 È la tradizione che giunge fino a noi, segno di continuità, garante dell’identità e di una autenticità e della comunità. E nello stesso tempo nella tensione di esaurire in sé la dimensione umana del sacro, di autosufficienza nel proclamare Dio, nel controllo delle persone, nel gioco del potere dalla carità fino ai concordati. Come Dio diventa libero nella Chiesa? Penso che lo sia solo proclamando la libertà del cristiano.
Il vangelo non è una dottrina o una esemplarità ma una possibilità di un rapporto con Dio mediante il suo Cristo. «Io sono nel Padre e voi siete in me» (Gv.). Il Cristo non diventa un oggetto religioso, ma la possibilità per la vita di un rapporto misterioso: mistico. E questo rapporto tendenzialmente rinnova anche gli altri rapporti.
Il Cristo però, al di là di questa pretesa, è storicamente e culturalmente datato, costretto, finito. Lo Spirito, che prende dal Cristo, e che conduce alla verità intera, proclama la libertà del cristiano, oltre Il Cristo mediatore e la Chiesa. Non è infatti l’appartenenza alla Chiesa che costituisce il rapporto con Cristo e con Dio, ma la sequela.
Evangelizzare quindi, più che indottrinamento o colonizzazione (500 anni dell’America, o cristianesimo in Africa… o catechismi da noi) diventa un farsi carico della parola o del silenzio ma nella sovrabbondanza, rompendo il legame mortale tra evangelizzatore ed ascoltatore.
E noi siamo liberati dalle costrizioni, recuperando la libertà dall’obbligo dell’evangelizzazione; ma per questo non è che ne possiamo fare a meno secondo l’esperienza di Geremia. Francesco e Caterina sono fiori nati da questo letame della Chiesa.
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Pur restando la radicale solitudine del testimone e dell’ascoltatore, per me è importante accogliere la parola e la vita in una comunità facendola rimbombare per cogliere i segni dei tempi ed i segni del regno.
Solo da una coscienza e da un sogno collettivo nasce un cammino di liberazione.

Luigi Forigo


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