Frammenti di vita
I temi di riflessione che mi hanno accompagnato, e lo faranno ancora per chi sa quanto, li trovo riassunti nel brano del Vangelo che ci è stato proposto nella Festa di Cristo Re appena celebrata.“I capi schernivano Gesù dicendo: “Salvi se stesso se è il Cristo di Dio” … Anche i soldati… dicevano: “Se tu sei il re dei Giudei, salva te stesso”… Anche uno dei malfattori appesi alla croce lo insultava: “Salva te stesso e anche noi”.
Un Dio inerme, inchiodato, davanti a tutto quello che sta succedendo in questa nostra storia nazionale, internazionale ed ecclesiale.
Quante volte me lo sono chiesto celebrando i salmi!
Dicono che Dio interviene per i suoi poveri con opere grandi. Ma il loro grido sembra farsi ogni giorno più vasto e angosciato, e pare non ci sia risposta.
I lunghi periodi di “riposo” forzato dal lavoro in campagna (il padrone ha deciso di mettersi in linea riducendo i costi!) mi hanno permesso di leggere qualcosa.
E così ho trovato aiuto in alcuni testi di Sergio Quinzio. (Abbiate pazienza! Ma io, arrivo a scoppio ritardato a tanta saggezza). Bastano i titoli: “Mysterium iniquitatis” e “La sconfitta di Dio” per farvi venire in mente altrettante piste di ricerca nella fede.
E ripensavo al “profeta” della nostra terra friulana, D. Maria Turoldo, che poteva cantare “il tremendo fascino del Nulla” come provocatoriamente chiamava il suo Dio.
Mi sono poi imbattuto in due libri di Simone Pacot: “Evangelizzazione del profondo” e “Torna alla vita” che dicono bene come la nostra voglia di un Dio potente, meglio Onnipotente, che operi meraviglie come chiedono i miscredenti ai piedi della croce, sia il frutto della nostra sete di onnipotenza, spiegazione possibile alla nostra tragedia.
È innegabile infatti che ne abbiamo e avanza di “pradreterni” entro e fuori la Chiesa, in alto e in basso del nostro vivere quotidiano.
Infine il “Diario” di Etty Hillesum mi ha mostrato in concreto come il Dio di Gesù Cristo sia vicino ai suoi poveri: è dentro di loro, forza indistruttibile che non si lascia corrompere dalla violenza, dalla sopraffazione degli uomini e gli ultimi accompagna “diritti”, a testa alta incontro alla prova, proprio come Lui, appeso all’albero della vita.
Un secondo filone di riflessioni, sempre inesorabilmente aperto, è presente nel Vangelo di Luca sopracitato. E suona così: “La gente stava a guardare”.
Ma chi ha corrotto così profondamente la nostra gente di chiesa? Chi ha tolto ogni desiderio di essere partecipi? Chi ha rubato la speranza?
Interrogativi nati dalle piccole proposte che ho osato fare alle persone del piccolo borgo dove celebro l’Eucaristia.
Una riguardava la sistemazione definitiva e decente dell’altare, dell’ambone e della sede del celebrante. Ne è scoppiato un sordo e muto rifiuto, subdola resistenza a cambiare la “tradizione”.
Con l’aiuto di un bravo architetto si voleva avvicinare l’altare all’assemblea, davanti all’altare ci stava l’ambone (la Parola) e il Celebrante tra gli ascoltatori.
“Bisogna ricostruire il Presbiterio!” sentenziava la Commissione diocesana di Arte Sacra. A dispetto dell’apostolo Paolo, bisogna conservare i muri di separazione. Bisogna rispettare i ruoli. E “la gente stava a guardare”.
L’altra proposta è di riservare un breve spazio alla preparazione della celebrazione domenicale tanto per non continuare ad “assistere” alla Messa. Ma qualcuno ha preso il volo per altre chiese più “tranquille”.
Ci dev’essere qualche “strizza cervelli” in giro per Vistorta… tranquillo borgo di campagna. O forse anche a raggio più vasto se rispondono al sentire di molti le tante, troppe, apprensioni per lo stato della democrazia in Italia o nel mondo.
Qualcuno deve aver messo “la gente a guardare” mentre le si ruba la capacità di vedere e di esercitare il diritto di valutare e di decidere.
Una ricerca consolatoria? Può darsi, ma anche scandagliare il silenzio di Dio, il Dio sconfitto per ascoltare quel grido che sale dall’umanità e chiede un ribaltamento di logiche, di “principi”, di vedute e di scelte quotidiane.
Come sconfiggere, dentro e fuori, quella voglia di “onnipotenza” che ci mette sempre sopra qualcuno?
Come camminare con i sconfitti della terra, come “stare” davanti al “mysterium iniquitatis” senza angoscia, senza paura, senza lasciarsi corrompere?
Come aiutare i fratelli a prendere quel posto che, usurpato dagli uomini del sacro, è loro per chiamata di Dio?