Condizioni di lavoro
Osservazioni di un PO operatore sindacale della FIM-CISL torinese
Per comprendere quanto sta avvenendo in Fiat occorre tener presente sia il suo cambiamento produttivo, ancora in piena evoluzione, sia le trasformazioni “culturali” del tessuto sociale di riferimento.
L’azienda è all’interno di un grande gruppo finanziario, in piena competizione internazionale. La classe operaia non è scomparsa e non scomparirà, ma comunque è ridimensionata nella sua “centralità”. Tutto nello società favorisce l’aggiustamento individuale e il riemergere di corporazioni… È il vento che accompagna le trasformazioni di mentalità e organizzative della Fiat. Dal di fuori è difficile immaginarlo.
La portata di questa trasformazione fa pensare che è illusorio credere che questa fase sia transitoria, frutto di un perverso pendolarismo storico e non di un cambiamento epocale. Se ci si ostina ad usare le vecchie categorie sindacali si rischia di non comprendere e non controllare l’evoluzione, magari attendendo invano che nuovi fatti ci diano ragione.
Ma in questo processo la Fiat rispetta le persone? Ci sono ancora le libertà sindacali in fabbrica?
Alcuni elementi indicatori possono aiutarci a trovare una risposta. L’azienda si rapporta quotidianamente alle persone quasi esclusivamente in ordine alla loro funzionalità aziendale. È un po’ come il tarlo del sistema. Compatibilmente ad esso, oggi la Fiat prende in maggior considerazione le singole persone tentando di responsabilizzarle.
Ne fanno testo i circoli e le gare di qualità, i corsi professionali, l’orgoglio aziendale che investe gli stessi familiari del lavoratore, la possibilità di godere di benefici soddisfacenti nuovi bisogni, il ruolo diverso dal passato della gerarchia d’officina. Anche quando il singolo lavoratore non è in grado, da solo, di raggiungere obiettivi o superare ostacoli, la risposta collettiva e, a volte, associativa gli viene offerta dall’azienda.
Per realizzare tutto questo la Fiat si è dato un nuovo organigramma con una “politica del personale” più “laica” e più “razionale” che persegue un duplice obiettivo: più efficienza, con lo sforzo di abbassare il più possibile i costi e incrementare la produttività; superamento delle tensioni e delle conflittualità sindacali, a partire dalla singola linea di montaggio o dalla singola squadra.
Come primo risultato si è avuto un aumento di lavoro e un ridimensionamento della presenza sindacale. Oggi in Fiat si lavora come in tutte le altre aziende private medio-grandi e le sale relax non sono più affollate come prima dell’ottanta. I margini di produttività recuperati in questi ultimi anni sono la riprova indiscutibile che esistevano spazi consistenti per la prestazione lavorativa individuale. Gli stessi livelli di assenteismo hanno avuto una tale flessione da porre in discussione quanti predicavano garantismo a piene mani.
L’attenzione maggiore va comunque posta sulle scelte di fondo dell’azienda in ordine ai dipendenti: la selezione del personale, il suo addestramento e la sua formazione, il clima generale nei posti di lavoro, la distribuzione salariale unilaterale, nonostante la contrattazione collettiva.
Sono tutti elementi determinanti nel rapporto azienda-lavoratori. Da essi derivano alcune situazioni di lavoro che si coniugano sia con la sottomissione del lavoratore, sia con i suoi nuovi interessi.
Le ore di straordinario non si contano: a inizio turno, alla fine, di notte, di domenica. Di fatto esiste un turno di notte costituito da lavoratori volontari, non contrattato col sindacato. Gli operai che si pongono, come gli impiegati, su un terreno di collaborazione e coinvolgimento con la sorte aziendale, sono sempre più numerosi.
Nell’applicazione delle leggi e del contratto collettivo si tiene poco conto della condizione soggettiva del dipendente, trascurando così la sua persona e le sue legittime aspirazioni. Si utilizzano i contratti formazione – lavoro senza porre troppa attenzione alle reali potenzialità formative ed evolutive del giovane. Interventi con nuove tecnologie in posti dove il lavoro è più duro e dove c’è più conflittualità spontanea creano condizioni più pesanti a monte e a valle dell’innovazione. I comportamenti quotidiani dei lavoratori sono ispirati più a trarre vantaggi personali nell’oggi che a un cammino da fare insieme guardando lontano.
In questa situazione alcuni pensano che un atteggiamento innovatore del sindacato in azienda potrebbe favorire una sua presenza più alta e più incisiva. È possibile: con uomini nuovi, con radicali cambiamenti di mentalità, dandosi regole nuove e determinando i limiti di competenza. C’è da augurarselo, vista la distanza decennale che si è creata tra la Fiat e il sindacato. In effetti il sindacato, a tutti i livelli in questa situazione, è in parte disorientato, in parte stizzito e rigido su vecchie posizioni, in parte troppo arrendevole. Solo una minoranza è in ricerca di soluzioni positive all’interno della “compatibilità” al sistema.
I Consigli di fabbrica sono dequalificati sia perché non legittimati dai lavoratori, sia perché posti in difficoltà dall’azienda e dai suoi nuovi processi produttivi, sia perché desautorati dai limiti degli stessi delegati. In quest’incrocio di motivazioni l’azienda svolge un sottile e costante ruolo di regia.
Gli stessi strumenti sindacali come le assemblee, gli scioperi, il tesseramento, i volantini, le bacheche, pur rimanendo attraversano una profonda, inesorabile decadenza. Gli ultimi scioperi per la contrattazione aziendale lanciano ancora una volta un messaggio preoccupante che non tutti hanno voglia di raccogliere.
La classe operaia, dopo che ha perso quella “centralità” che le dava la possibilità di identificarsi con la totalità dei soggetti sociali e interpretarli, non può ora, in Fiat come altrove, non avere il coraggio di distinguere dagli altri poveri chi, in realtà, ha raggiunto una certa sicurezza e indipendenza, pur restando in una condizione subalterna.
Su questa subalternità varrebbe la pena fare una riflessione in più perché, credo, ci permetterebbe di riconfermarci, anche come credenti, in un filone di scelta degli ultimi.