10 giugno 2017 / Bergamo
TERRA E POPOLI. FUTURO PROSSIMO
Interventi e risonanze (15)
Se qualcuno pensa che siamo noi i benefattori degli africani, siamo davvero fuori strada, out. Sarebbe interessante fare un calcolo di tutto quello che negli ultimi 500 anni i paesi europei hanno depredato al Continente africano per costruire la nostra cosiddetta civiltà europea. C’è chi pensa che ormai siano cose passate: la tratta dei negri e la loro vendita nei mercati del nuovo mondo, via via fino al posto al sole che anche l’Italia reclamava per sé, come l’avevano l’Inghilterra, la Francia, il Belgio ecc…, ottenuto con i metodi spicci allora disponibili, compresi i gas tossici, oggi chiamati armi di distruzione di massa. Si calcola che almeno 100.000 libici e 300.000 etiopi vennero uccisi. E non mancarono campi di concentramento e di sterminio analoghi a quelli nazisti.
Se si potesse contabilizzare tutto questo non basterebbe la BCE per saldare un tale debito accumulato nei secoli.
Ma veniamo al presente. Perché non calcolare almeno dal 2000 in poi i beni economici che vengono deportati dal continente africano alla nostra amata Europa e ad altre parti del mondo sviluppato? In un recente documento, i vescovi del Mozambico ci dicono cose interessanti al riguardo ma senza alcuna ospitalità nei nostri media.
«Si calcola che, dal 2000 al 2013, 56 milioni di ettari di terra africana siano stati venduti o ceduti a stranieri. E questo indica come le imprese e i governi dei Paesi industrializzati cerchino in Africa la risposta alla crisi energetica e alimentare dei propri Paesi, piuttosto che contribuire alla soluzione dei problemi africani e dei mozambicani».
Da noi si dice che è la Cina che si muove in questo senso. Certamente. Ma il loro documento fa riferimento al G8 e alla Banca Mondiale per progetti di agribusiness su ampia scala da realizzare in Mozambico. Rispetto all’Africa essi denunciano «la fame smisurata di terra per fini legati all’agribusiness, all’estrazione e allo sfruttamento delle risorse minerarie, alla produzione di combustibili e alla realizzazione di megaprogetti le cui intenzioni, in molti casi, sono poco chiare».
L’agribusiness non ha lo scopo di rifornire la popolazione locale, ma i prodotti vengono spediti a mercati stranieri. Contestualmente viene distrutta l’economia su base familiare: «molti dei nostri fratelli contadini sono “invitati” (e obbligati) a passare da un’economia familiare all’impiego presso imprese straniere» per essere poi espulsi, dato l’alto utilizzo della tecnologia. Così succede che «il contadino è destinato a rimanere senza terra, senza lavoro, e senza cibo, che poi dovrà acquistare a prezzo di mercato». Il 70% degli abitanti in Mozambico vive in ambito rurale. Come dice papa Francesco: «Questa economia uccide».
Così si creano masse costrette a cercare altrove una speranza di vita. E si comprende, per chi ha voglia di capire, quanto sia artificiosa e falsa la distinzione tra chi fugge dalla guerra e quelli che sono alla fame e cercano un posto dove soddisfare bisogni vitali.
I vescovi pongono poi domande che toccano in pieno anche noi: «da dove vengono la siccità prolungata e le piene distruttive? Da dove viene l’assenza di acqua potabile nei campi e nelle città? Qual è l’origine delle nuove malattie respiratorie e cardiache? Qual è la relazione tra la distruzione delle foreste e le alterazioni climatiche? Tra la scarsità d’acqua e l’aumento del prezzo degli alimenti? Tra l’usufrutto della terra, e mega-progetti e la lotta alla povertà assoluta?».
Ecco la grande ipocrisia dei paesi occidentali, dell’Europa, che da un lato blindano le frontiere e costruiscono muri e dall’altro invadono, loro sì, i Paesi del Sud del mondo per continuare ad impadronirsi delle loro risorse, distruggendo le economie locali.
Quelli che dicono: «aiutiamoli a casa loro» mentono, sapendo di mentire. Sapendo che là si fanno gli affari propri a spese loro.
A tutto questo aggiungiamo il debito ecologico che i paesi sviluppati impongono anche ai popoli del sud, cioè il surriscaldamento climatico prodotto dai nostri sistemi di vita, di consumo e di produzione. Sono insostenibili per il pianeta, e le conseguenze sono pagate pesantemente dai paesi più poveri e impoveriti.
Quello che sta avvenendo è il trionfo di una disumanità ottusa e cieca (come dice Amitav Ghosh) e senza speranza. Si ammanta di politica, ma troppo spesso è chiacchiera vuota di umanità.
Roberto Fiorini