Fraternità di Lessolo


 
È difficile trovare le parole giuste per esprimere quel che Renato è stato per me, per i miei cari e per la mia comunità. Le parole più belle non sarebbero mai abbastanza belle. Abbiamo trascorso insieme più di 40 anni, dal tempo della scuola, alla comunità di Banchette, gli anni del lavoro in fabbrica, le lotte, gli scioperi, la comunità di Lessolo.
Anni difficili per me, tanti errori, eppure lui con la sua delicatezza e pazienza ha saputo pian piano riportarmi sulla strada giusta, che avevo smarrito. Io capivo che di quell’uomo, che ho sempre visto come un padre e un fratello, potevo fidarmi ciecamente, e così ho fatto.
Avevo bisogno di esprimere quel che mi scoppiava dentro, (avevo 18-20 anni), però dovevo farlo con qualcuno che mi desse sicurezza, di cui potevo avere la certezza che fosse una persona RETTA – GIUSTA – UMILE. Ecco, tutte queste qualità le ho scoperte in RENATO.
Pian piano l’ho studiato bene, ho capito che valeva la pena credere a quel che mi diceva, ho capito che i suoi consigli erano disinteressati, sentivo che mi voleva bene come un padre e gli ho creduto e così ho passato tanti anni insieme a lui, condividendo momenti belli e anche tempi più bui.
Mi sono fidata di lui, gli ho fatto conoscere tanta umanità che nei suoi ambienti era un po’ difficile incontrare: ladri, rapinatori, zingari, poveri di tutti i tipi e lui, per questo, mi ha sempre detto GRAZIE. Gli raccontavo delle cose molto pesanti e, a volte, lo mettevo alla prova per vedere se se la cantava o se se la teneva per sé e ho scoperto che era assolutamente affidabile, voleva solo il mio bene, come fa ogni papà con la figlia.
Quindi, cancellati dalla mente tutti i dubbi che mi assalivano, mi sono lasciata guidare e lui non ha mai tradito la fiducia che gli avevo dato e così, pian piano, ha cambiato la mia vita. Mi sono appassionata alla comunità, alla gente con la quale vivevo, mi sono allevata con il loro aiuto un figlio, ho cercato di far compagnia e aiutare chi poteva averne bisogno.
Io avevo ricevuto tanto ed era giunta l’ora di ricambiare. Ho continuato, perché mi sentivo appoggiata da Renato, a voler bene ai più poveri, a chi non aveva niente e nessuno, a chi aveva preso la strada sbagliata. A Banchette, in comunità, abbiamo vissuto proprio come si vive in una famiglia allargata.
Quante volte Renato mi aiutava quando avevo il bambino piccolo: lo cambiava, andava a prenderlo al nido e intanto continuava a lavorare in fabbrica, senza mai mancare un giorno; mi ricordo che l’avevamo fatto delegato dei lavoratori perché lui sapeva parlare bene, non sbagliava, difendeva sempre i più deboli e sapeva far valere i diritti dei lavoratori davanti ai padroni.

Attorno alla comunità negli anni è girata tanta gente. Abbiamo vissuto anni con gente di ogni tipo: gente studiata, gente semplice senza studi, ma con tante altre belle qualità che nessuno aveva mai apprezzato. E invece Renato sapeva mettere in risalto le loro qualità. Anche quelli che per la gente non erano NESSUNO, con Renato sentivano di essere apprezzati e di valere qualcosa.
Quanti volti in tanti anni e ognuno con la sua storia: Grazia, Tony, Gianni, Corrado, Pietro, Vlady, Marzia, Cinzia, Fulvia, Deborah, Angelo, Sergio, Sincero, Franco, Pasqualina e centinaia di altri…e poi la stessa cosa in Fraternità a Lessolo.
Ogni tanto con Renato ci mettevamo lì a farli scorrere uno a uno…tanti ricordi belli. E poi la Betty con suo figlio: li avevamo recuperati sull’autostrada che facevano autostop e poi abbiamo fatto un pezzo di vita insieme. Anche per lei Renato è stato come un padre, il suo vero non l’ha mai avuto. Betty però era più selvatica di me, non si è mai arresa, fin quando l’han trovata morta fuori dalla porta di casa.
È passato un mare di gente; tanti sono morti, per overdose, per malattia, per incidenti. Io, da quando Renato è morto, lo penso in mezzo a loro, a ridere, scherzare, a brontolare come faceva sempre, attorno al nostro tavolo che lui aveva fatto, con quelle mani robuste, che sapevano lavorare e che davano l’ostia.
In questi ultimi anni lo vedevo davvero sofferente. Zoppicava, ma non mollava. Andava sempre avanti come un mulo. Però chi lo conosceva capiva che faceva tanta fatica. Sappiamo che sta bene , che dove è adesso è in buona compagnia. Di sicuro c’è Giuliano che gli è vicino, e poi ci sono tutti gli altri nostri amici.
Ci sarà nonna Vittoria che gli preparava sempre, proprio per lui, il caffè con la napoletana. C’è Michele, c’è Silvana, c’è Ornella, c’è Zanco, Zunino; e tutti gli han voluto un gran bene e anche lui a loro; e poi da qui noi sentiamo che lui e Giuliano ci guardano e ci dicono ”Andate avanti, non fermatevi!”.
E noi… ci crediamo.

Mariuccia


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