Svolta epocale e segni di speranza (3)
Il grande storico Fernand Braudel, morto nel 1985, è stato uno dei principali esponenti della “École des Annales”, che studia le civiltà sul lungo periodo e si contrappone alla scuola della “storia degli avvenimenti”, che invece fonda lo studio della storia nel succedersi degli eventi quotidiani. Per spiegare il suo sguardo sulla storia era solito usare la metafora del mare: se si guarda alla superficie, esso è continuamente increspato, agitato da onde piccole e grandi e sembra che sia una realtà in continuo movimento. Più si scende nel profondo, invece, l’acqua appare calma e sempre più imperturbata. Solo grandi sconvolgimenti, come un terremoto, possono scuotere le profondità. Così è la storia, ci dice; non ci si deve lasciar impressionare dal succedersi degli avvenimenti perché solo sul lungo periodo si possono valutare i cambiamenti storici.
Ora la domanda in merito al tempo che stiamo vivendo è: siamo di fronte un’epoca di cambiamenti e quindi di modifiche che l’evolversi della storia ha sempre registrato; oppure ci troviamo nel mezzo di un cambiamento di epoca e ciò che sta accadendo è uno sconvolgimento che coinvolgerà le linee profonde della storia?
Lo storico legge i fatti; il politico ipotizza le linee di tendenza del futuro; il profeta vede ciò che accade e lo legge alla luce della Parola di Dio: “questa economia della rivelazione avviene con eventi e parole intimamente connessi, in modo che le opere compiute da Dio nella storia della salvezza, manifestano e rafforzano la dottrina e le realtà significate dalle parole, e le parole dichiarano le opere e il mistero in esse contenute” (DV 2). Lo storico e il profeta non sono in contrapposizione: due certezze non contrapposte li animano: la scienza storica per uno e la fede nella promessa di Dio per l’altro. Non si può però leggere la Parola di Dio senza fare i conti con gli eventi storici e la loro interpretazione: Dio ci ha sempre parlato con fatti e storie di uomini e donne letti alla luce delle sue promesse e non dei desideri degli uomini.
Pertanto, che cosa si può dire dell’oggi? Che luce proietta la Parola di Dio sulla realtà contemporanea? E’ lecito oggi parlare di cambio di epoca piuttosto che di epoca di cambi. Quali sono i segnali storici che ci permettono di sottoscrivere questa affermazione? Ne vorrei segnalare alcuni, non in ordine di importanza, perché “ adesso noi vediamo in modo confuso, come in uno specchio; allora invece vedremo faccia a faccia. Adesso conosco in modo imperfetto, ma allora conoscerò perfettamente, come anch’io sono conosciuto.” (1 cor. 13,12).
1) Nella civiltà occidentale sono evidenti i segni della fine del religioso così come è stato vissuto per due millenni. L’affermarsi della scienza, che ha avuto il suo inizio con l’illuminismo, ha cancellato l’idea di Dio come attore degli eventi e proprietario delle leggi della natura. Oggi l’uomo ha per certo che il sapere scientifico può permettergli di intervenire a modificare e indirizzare gli eventi, nel limite delle sue possibilità e conoscenze. Si può fare a meno della ipotesi Dio così come era stata pensata.
La certezza della conoscenza scientifica, per altro sempre in evoluzione, ha ormai impregnato la mentalità delle generazioni nella civiltà occidentale e le ha profondamente cambiate. Anche in Italia le nuove generazioni, le donne e i figli in particolare, sono lontani dalla visione religiosa della vita che era stata alla base delle generazioni del passato. E’ il fenomeno ampiamente diffuso della secolarizzazione.
A questo si aggiunga il fatto che ogni uomo vuole interpretare la sua vita con categorie personali e vuole decidere in base a valutazioni soggettive. Sul piano della visione della vita sono venuti meno tutti i riferimenti all’aldilà, al tema della ricompensa divina, delle scelte morali dettate da altri anche se continuano a restare forti radici di devozionalità e superstizione. La scienza dà il senso alla vita in una modalità che ognuno rende personale.
2) La civiltà occidentale viene profondamente sconvolta dal fenomeno delle immigrazioni che portano nuove visioni di vita e culture profondamente diverse. Gli europei invecchiano e fanno pochi figli: le generazioni future avranno un’impronta culturale radicalmente diversa. Il rimescolamento culturale sarà generale e profondo. Anche la visione religiosa non potrà non esserne sconvolta. I concetti del cristianesimo a cui siamo abituati, i dogmi della fede, sono costruiti sulla cultura ebraica modificata profondamente dai concetti filosofici dei greci. La religione futura sarà rimodellata dalle nuove culture. In queste nuove espressioni di religione troverà posto ancora il senso della fede nel Dio di Gesù?
3) Non appaiono all’orizzonte visioni alternative a capitalismo e consumismo: tutte le elaborazioni sono crollate di fronte al rullo schiacciante della legge del denaro. Nel passato c’era una classe operaia che si contrapponeva ai capitalisti: non esistono analisi politiche e sociali che forniscano un’analisi della storia odierna in questo senso. E tanto meno sembra emergere una forza politica, di classe, che possa trainare la storia senso del cambiamento.
Si aggiunga a questo il dilagare in tutto il mondo di un’unica ideologia che forma le menti con la pubblicità. L’interpretazione della vita è imposta subdolamente e la capacità critica delle masse è enormemente ridotta. Il tempo di lettura e riflessione personale è poco valorizzato anche dentro le istituzioni che per loro natura sono formative, come la scuola. Non potrà non incidere il fatto che l’uomo “connesso” è informato su tutto in tempo reale, ma non è capace di dare un senso profondo a tutte queste informazioni. Sommerso da fatti e eventi, diventa incapace di inquadrarli in una visione più generale che dia senso a tutto. E in particolare viene meno la capacità di giudizio personale e motivato: la soggettività, superficiale e che segue le mode, diventa il dio a cui tutto il ragionare viene sacrificato.
4) L’uomo di oggi, in molte delle sue manifestazioni, fa ancora riferimento al religioso, ma sotto il segno del devozionale e del sacro, contrapposto al santo che è per sua natura laico. Le attività delle chiese sono sempre di più punto di riferimento solo come espressione di una cultura, di una usanza della tradizione e sempre meno segno capace di far riflettere per trovare un senso che orienti le scelte dei credenti. Mi viene in mente la pagina del “Grande inquisitore” che Dostoevskij ci offre nei “Fratelli Karamanzov”. Gli uomini vogliono un dio che dia loro pane, sicurezza terrena e gloria: a chi dà questo sono disposti a chinarsi. Gesù ha dato invece ai credenti la libertà, che è faticosa e richiede una costante ricerca. Anche gli ebrei, usciti dalla prigione dell’Egitto, hanno a più riprese manifestato la voglia di barattare la libertà con le cipolle. E Mosè è stato contestato e accusato.
Il messaggio delle religioni non appare più attraente per le persone, non è più segno di salvezza: salvezza da che cosa, se i segni di speranza ormai vengono dalla scienza? Non attrae più perché propone il non- appetibile, è un insieme di concetti e pratiche che non attrae più l’uomo di oggi, anche quando il messaggio che esse veicolano viene decodificato (il che accade raramente).
Ci sono alcuni segnali di un’inversione di rotta, oggi offerti per alcune scelte di papa Francesco. Ma cosa può essere per una struttura religiosa arcaica così oliata e collaudata? E alla fine non troverà l’opposizione della gene comune che preferisce la tranquillità della tradizione?
Ci sono comunità di fedeli che vivono una fede che è altra cosa rispetto alla religione tradizionale, ma possono essere segno di inversione di rotta?
Vera strada di cambiamento è quella che Bonhoeffer chiamava del “cristianesimo non religioso”, che comporta la rilettura e la riformulazione dei concetti della fede in chiave appunto non religiosa. Ma la profondità di questa intuizione non è stata ancora elaborata in tutte le sue applicazioni e sarebbe importante sondare tutte le conseguenze nel campo della teoria e delle scelte operative che essa si porta dietro.
Segni di speranza?
Vedo segni di speranza nella condanna delle attività contro lo sfruttamento della terra ampiamente praticato: l’enciclica “Laudato sii” ne è un segno.
Vedo segni di speranza nella rilettura della Parola di Dio che in tutte le chiese viene fatta da gruppi di base, non più fermi alle espressioni dogmatiche e alle pratiche liturgiche canoniche.
Ma soprattutto mi pare di scorgere segni di speranza proprio nel fenomeno della diminuzione dell’incidenza della chiesa e delle parrocchie nella vita delle persone: paradossalmente il fenomeno della secolarizzazione, ampiamente in atto in tutto l’occidente, è segno di speranza. Solo la morte di questa visione della fede ridotta a religione, di questa struttura capillare di chiesa, può essere segno di speranza. La chiesa oggi è troppo spesso ridotta a pratiche istituzionali; è burocratica e lontana dalla vita e dai problemi delle persone; devozionalistica e ripiegata su se stessa; è centrata sulla sacramentalizzazione; attiva nel fare da supporto culturale alla società civile per le pratiche sociali quali matrimoni, funerali, battesimi e benedizioni varie di lapidi e inaugurazioni, sempre presente negli eventi sociali; è motivata nel fare supplenza alle deficienze dello stato sul piano sociale, piuttosto che essere una denuncia. La fine di questa presenza e il ritorno a piccole comunità di credenti, in minoranza, senza riferimenti culturali predefiniti, libere dal potere politico, possono essere un segno di speranza di un significato riscoperto della fede.
La parola del profeta Ezechiele può illuminare quello che sta accadendo:
Ezechiele 36,16-21: “Mi fu rivolta questa parola del Signore: «Figlio dell’uomo, la casa d’Israele, quando abitava la sua terra, la rese impura con la sua condotta e le sue azioni. Come l’impurità delle mestruazioni è stata la loro condotta davanti a me. Perciò ho riversato su di loro la mia ira per il sangue che avevano sparso nel paese e per gli idoli con i quali l’avevano contaminato. Li ho dispersi fra le nazioni e sono stati dispersi in altri territori: li ho giudicati secondo la loro condotta e le loro azioni. Giunsero fra le nazioni dove erano stati spinti e profanarono il mio nome santo, perché di loro si diceva: «Costoro sono il popolo del Signore e tuttavia sono stati scacciati dal suo paese». Ma io ho avuto riguardo del mio nome santo, che la casa d’Israele aveva profanato fra le nazioni presso le quali era giunta.”
E a queste parole di distruzione si aggiungono le parole di speranza:
Ezechiele 36,22-27: “Perciò annuncia alla casa d’Israele: Così dice il Signore Dio: Io agisco non per riguardo a voi, casa d’Israele, ma per amore del mio nome santo, che voi avete profanato fra le nazioni presso le quali siete giunti. Santificherò il mio nome grande, profanato fra le nazioni, profanato da voi in mezzo a loro. Allora le nazioni sapranno che io sono il Signore – oracolo del Signore Dio -, quando mostrerò la mia santità in voi davanti ai loro occhi. Vi prenderò dalle nazioni, vi radunerò da ogni terra e vi condurrò sul vostro suolo. Vi aspergerò con acqua pura e sarete purificati; io vi purificherò da tutte le vostre impurità e da tutti i vostri idoli, vi darò un cuore nuovo, metterò dentro di voi uno spirito nuovo, toglierò da voi il cuore di pietra e vi darò un cuore di carne. Porrò il mio spirito dentro di voi e vi farò vivere secondo le mie leggi e vi farò osservare e mettere in pratica le mie norme.”
L’incarnazione ci ricorda che la storia di Dio e quella dell’uomo sono ormai un’unica realtà. Gli interpreti ufficiali della divinità, la/le chiese, hanno perso il riferimento a Dio, proprio come la religione ebraica del tempo di Gesù: egli ha fatto della sua predicazione una lotta aperta alla religione ufficiale del suo tempo. Forse la storia di Dio ora passa attraverso la secolarizzazione e la riscoperta della soggettività dell’uomo di fronte a Dio.
La” lumen gentium” ci ricorda che il Regno di Dio è più grande della chiesa e il Regno di Dio è il mondo. Essa, la chiesa, è solo un segno che dovrebbe significare il Regno per tutto il mondo. Ma se la chiesa ha perso sapore di Regno, il sapore della “misericordia”, non è più segno, il suo ridimensionamento sarà opera di Dio: questa è la grande speranza nella storia e nella grandezza di Dio.
In merito alla mia situazione
Sono al margine di tutto: della chiesa perché non più utilizzabile in tutti i sensi; della società perché incapace di trovare movimenti e spinte che non mi appaiano quasi sempre velleitari. L’onda mi sommerge e forse mi travolgerà. Forse sono solo un piccolo segno per poca gente. Ormai navigo a vista guidato solo dal principio di responsabilità personale: che nessuna delle mie scelte possa nuocere a qualcuno o danneggiare il futuro, che io possa lasciare alla mia morte un mondo migliore.
PS: Ma non è forse anche volontà di onnipotenza quello di pensare che la mia (la nostra) presenza possa cambiare il corso della storia? non possiamo accogliere un fatalismo che ci suggerisce che tutto è stato detto e deciso e che non ci resta che adeguarci a quello che dovrà accadere? Dentro questa visione c’è ancora spazio per una fede in un Dio che dà senso alla storia e alle scelte degli uomini, comunque. E non potrebbe essere che l’opera di Dio procede a qualunque costo, indipendentemente dalle scelte degli uomini e anche nostre?