Voci dalla stiva
Le cronache nazionali delle ultime settimane sono state dense di notizie sul problema casa, sulle occupazioni abitative e sugli sgomberi dando spazio alla propaganda di chi specula su situazioni di disagio per alimentare la guerra tra poveri. Prima che questo possa accadere anche a Mantova è necessario fare chiarezza: il problema delle “case solo a questo o quel gruppo etnico/nazionale” è una invenzione politica.
Solo la città capoluogo ha una ricchezza di oltre 5000 case sfitte che negli ultimi anni sono aumentate a causa della forte speculazione edilizia che ha edificato interi quartieri rimasti vuoti e, in alcuni casi, mai completati. A questa offerta abnorme di case attualmente “sul mercato”, fanno da controcanto le ottocento richieste di un alloggio popolare da parte di cittadini italiani e immigrati. Proprio le case popolari rappresentano l’altro consistente pezzo del problema: nonostante Aler provi a tamponare la situazione con qualche decina di nuovi alloggi, l’edilizia popolare è in crisi. Per fortuna l’azienda lombarda per l’edilizia residenziale sembra avere operato una inversione di marcia che auspicavamo, ovvero la ricerca di fondi regionali per il recupero dello sfitto esistente anziché la svendita del proprio patrimonio. Questo al netto di gestioni “allegre” da parte degli amministratori pubblici (l’ex assessore regionale alla casa di Forza Italia è sotto processo per favoreggiamento e legami con la criminalità organizzata) e improbabili piani di alienazione che hanno provato a svendere ai privati intere palazzine pubbliche. Ci sono invece centinaia di alloggi popolari sfitti che avrebbero bisogno di pochi interventi di migliorìa o di lavori di ordinaria amministrazione per tornare ad essere disponibili per chi ne ha bisogno. Non dimentichiamo inoltre i problemi spesso legati al basso livello costruttivo di tanti di quegli immobili, del quale non emergono mai responsabilità. Intanto, mentre tutto questo viene taciuto, continua il tormentone su assegnazione “privilegiate”: basta però guardare con uno sguardo attento ai cognomi delle graduatorie pubbliche per l’assegnazione di queste case, a Mantova si può vedere che la retorica del “si danno le case prima agli stranieri” è una balla colossale.
Intorno a questa situazione socialmente drammatica c’è il complesso problema degli sfratti, che nel nostro territorio è arrivato a superare il migliaio di richieste in un anno, con circa duecento sfratti realmente eseguiti. Nel quadro complessivo non può essere dimenticata la tassazione legata alla casa, che pesa in modo spesso insostenibile sui piccoli proprietari, che nel mattone avevano investito i risparmi di una vita.
In tempi di crisi è facile vedere sciacalli politici che incitano alla guerra tra poveri per racimolare qualche voto in più, addossando la colpa del problema abitativo a nuclei famigliari immigrati contrapposti agli italiani. A guardare la realtà e i dati oggettivi, si scopre invece che la responsabilità di questa bomba sociale pronta ad esplodere è da cercare altrove: gli interessi dei palazzinari che da sempre vanno a braccetto con una modo degradato di fare politica hanno prodotto case private vuote e l’esaurimento del sistema pubblico di tutela sociale.
Si smetta perciò di costruire nuove case (e nuovi super/iper mercati) e si utilizzino quelle già costruite, ma sfitte e/o mai abitate per adibirle a residenze pubbliche a canone calmierato, requisendole se necessario. In questo modo ridurremmo il consumo di suolo, daremmo la possibilità ad un tetto a centinaia di famiglie e un senso a piani di lottizzazione che, nelle condizioni di degrado e abbandono in cui versano ora, di senso non ne hanno.