Mini-antologia in vista di Bergamo 2018
1) Carlo Maria Martini


 

Introduzione al primo incontro
della prima cattedra dei non credenti1

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Ritengo necessaria una parola di introduzione al cammino abbastanza insolito che iniziamo questa sera. Che cosa intendiamo con i nostri incontri che vanno sotto il titolo Domande sulla fede?

Con l’espressione Domande sulla fede – o con quella un po’ provocatoria di Cattedra dei non credenti– intendiamo l’interrogazione o le interrogazioni che il credente fa a se stesso sulla conoscenza di Dio che egli possiede a partire dalla sua fede. Di rimbalzo, quindi, intendiamo anche la domanda o le domande che il non credente fa o può fare a se stesso sulla sua coscienza di non credere. Quando queste domande sono poste in maniera simultanea o parallela, ciascuno risulta stimolato dalla conoscenza o dalla coscienza dell’altro.

Non si tratta perciò né di un dibattito, né di considerazioni apologetiche, né di conferenze sulla fede. Faremo piuttosto una “esercitazione dello spirito”2, quasi un seminario di ricerca su di sé, sulle ragioni del credere o del non credere. Ci soffermeremo sulle ragioni di quelle cose che per tanti di noi sono decisive, riguardano l’orientamento globale della vita. Sono temi sui quali ci interroghiamo poco per negligenza o per timore; o forse ci interroghiamo, ma in maniera un poco ossessiva e disordinata. Vorremmo compiere, invece, un interrogarci ordinato e paziente: questo vorrebbe essere l’aiuto che ciascuno di noi dà a se stesso e ad altri, ponendosi lui stesso questo tipo di interpellanza.

Dove si fa tutto questo? Evidentemente, il confronto fra il credere e il non credere lo si può fare, di per sé, anche senza uscire da noi stessi. Io ritengo – ed è l’ipotesi di partenza – che ciascuno di noi abbia in sé un non credente e un credente, che si parlano dentro, si interrogano a vicenda, si rimandano conti­nuamente interrogazioni pungenti e inquietanti l’uno all’altro. Il non credente che è in me inquieta il credente che è in me e viceversa. L’appropriazione di questo dialogo interiore è impor­tante. Mediante esso ciascuno cresce nella coscienza di sé; la chiarezza e la sincerità di tale dialogo mi paiono sintomo di raggiunta maturità umana.

Mi sembra, dunque, opportuno e utile che i credenti erigano simbolicamente dentro di loro una cattedra, dove il non credente possa avere parola ed essere ascoltato; viceversa, chi non crede possa dare voce e ascolto al credente. Se, oltre a farlo ciascuno in se stesso, lo facciamo anche aiutandoci reciprocamente, potrebbe emergere un cammino molto utile.

Comprendete così il senso della espressione Cattedra dei non credenti: essa indica il dare cattedra, dare voce al non credente; e viceversa, poi, il dare voce alle riflessioni e ai cammini suscitati nel credente.

Ritengo che ai nostri tempi la presenza di non credenti, che con personale sincerità si dichiarano tali, come pure la presenza di credenti, che hanno la pazienza di voler rientrare in se stessi, possa essere molto utile agli uni e agli altri, perché stimola ciascuno di noi a compiere meglio il suo cammino verso l’auten­ticità. Compiere questo esercizio insieme, con assenza di difese e con radicale onestà, potrà risultare utile anche ad una società che ha paura di guardarsi dentro e che rischia di vivere nella Insincerità e nella scontentezza.

Carlo Maria Martini


1  C.M. Martini, Le cattedre dei non credenti, Bompiani (MI) 1915-1916, pp.5-7.

2  Non è difficile leggere dietro questa espressione una allusione al cammino degli Esercizi spirituali di sant’Ignazio di Loyola. Martini aveva talmente interiorizzato il cammino proposto dal libretto di Ignazio, che ne era quasi inconsciamente impregnato e se ne lasciava guidare nel profondo, come da una vena sotterranea. Il libro degli Esercizi “è una vera fonte di ispirazione, pur se non vi faccio riferimento esplicito, ma me ne nutro molto liberamente…” (Il soffio dello Spirito, oggi, in Carlo Maria Martini, Il Padre di tutti. Lettere, discorsi e interventi 1998, Milano-Bologna, Centro Ambrosiano – EDB, 1999, p. 184). D’altra parte, proprio al libretto degli Esercizi spiri­tuali di Sant’Ignazio il cardinale si riferirà in modo esplicito e ampio nella V sessione della Cattedra.


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