Ci scrivono


Maria Delfina Rossano
scrive a Maria Grazia Galimberti

 

Grazie, Maria Grazia!
Io cerco in me quel canto dell’anima di cui tu parli nel concludere il tuo profondo parlare nel n. 51 della rivista Pretioperai.
L’usare parole semplici, lasciare sgorgare il canto dell’anima è la via giusta per fare riflettere chi, senza saperlo, segue le bestie e il dragone di Apocalisse 13.
É questo il canto da fare risuonare nel percorrere la terra, la sola dimensione che ci rende compiutamente umani: cantare i canti del Signore in terra straniera ci fa vigilare come Giuditta, la sposa del Messia, quando Oloferne era ormai tutto dragone.
Intanto, poiché dobbiamo essere numerosi a cantare senza lasciarci abbattere, uniamo il tuo canto a quello di Gustavo Gutierres e di Vladimir Soloviev; quest’ultimo da Pietroburgo nel ’97 ci faceva presente un compito paradossale: come realizzare con forze limitate un’infinita dimensione morale.

La mia scoperta


Volevo vivere con più maturità la mia terra di Calabria: l’impegno per l’altro e l’opposizione al male nell’etica di Bonhoeffer mi stavano a cuore. Non sapevo che esistesse la rivista “Pretioperai”. Un giorno l’ho trovata nella semplice biblioteca di una delle casette di campagna vicino a Cosenza dove padre Pino Stancari, gesuita di Bologna, vive da più di venti anni con due confratelli, tenendo la lectio divina, incontrando tanta gente, coinvolgendo molti ad operare per i più emarginati. Tornata al mio paesello mi sono subito abbonata alla rivista perché già da molti anni vivevo della stessa speranza che i PO hanno portato nel mondo senza mai incontrarli collettivamente.

Il viaggio


Quando ho ricevuto la rivista che conteneva l’annuncio del convegno del 1995 a Salsomaggiore, ho sentito che dovevo partire nonostante la mia età con i suoi acciacchi: i padri di Cosenza mi hanno spiegato quale treno prendere e così una sera tardi ho intrapreso il viaggio in un vagone affollato di passeggeri da Reggio Calabria. Mi toccò il corridoio fra scatoloni pieni di dolci locali del Sud: era tempo di prime comunioni e la gente raggiungeva i parenti al Nord per festeggiare; pensarono che io fossi una nonnina affettuosa.
All’alba ero a Bologna e fui la prima a raggiungere la sede del convegno il cui tema centrale “Beato colui che resiste” mi ha fatto conoscere Beppe Socci, tutto scherzoso con la sua RESISTENZA / ESISTENZA e le altre R, Resa, Ricerca, Rinnovamento, Rivoluzione… radicate nel suo cuore.
Senza questa mia pazzia non avrei conosciuto don Beppe che poi ci ha lasciati per il cielo. Allora anche io ho pensato con don Sirio “è meglio essere pazzi del tutto” ed ho cercato di non mancare agli altri convegni ritrovandomi con voi al capannone di Viareggio e ultimamente a Strasburgo.
La provvidenza presenta la forza della Chiesa con confessori della fede che sono a un tempo solitari e collettivi perché il popolo di Dio ritrovi il cammino in un tessuto dai mille colori! Questo, forse, voleva dire don Sirio Politi ai tempi della comunità del Bicchio, quando scrisse “con noi verrà anche una ragazza, la sua presenza di donna sarà il segno di tutto l’universo”.
Nasceranno le comunità, il nuovo monacato, i preti sposati quanto più si scoprirà il divino che è in noi, nel cammino di fede collettivo.
L’immagine del vissuto di Strasburgo la vivo in me, ma ancora non saprei parlarne, so che mi ha riempito il cuore di speranza.

 

Maria Delfina Rossano

Giugno 2001


Share This