Ricordando Emilio Coslovi (5)
Su tua iniziativa, c’erano dei momenti durante l’anno in cui ci si sentiva per telefono al compleanno, qualche rimprovero perché non partecipavo più agli incontri del gruppo regionale – preannuncio di qualche tua velocissima visita.
Sento che questa tua iniziativa ora mancherà, forse perciò in questi primi giorni dalla tua morte ripeto il tuo nome soprattutto coricandomi o alzandomi dal letto.
Dove sei ora Emilio? Mi affiora un “povero Emilio” pensando al momento della tua morte … alla tua totale solitudine.
Non so interpretare la presenza di moltissima gente al tuo funerale – meno ancora l’alta presenza di preti. Godo a pensare che la presenza della gente – veramente tanta – significava un legame qualsiasi che esisteva tra loro e te… e questo mi consola perché significa che c’era un limite alla tua solitudine.
Dalla tristezza per il distacco si percepiva la profondità del rapporto. – forse c’era pietà, compassione – forse il legame era stabilito intorno alla domanda sul senso di una vita come la tua… uomo-preteoperaio-barbone per costituzione e per solidarietà.
Credo che la tua vita e la tua morte rappresenti una grossa domanda di senso sia per tutta la gente – sia per tutta la Chiesa di Trieste che non potrà pensare di essersi staccata da te con delle bellissime parole e una sentita liturgia – per questo abbiamo scritto qualcosa al tuo Vescovo – e così tutto è finito.
Il senso della tua vita e morte interroga anche noi pretioperai che sicuramente ti siamo stati vicini, amici, ma che forse abbiamo ringraziato Dio per la ragionevolezza ed avvedutezza delle nostre scelte – militanze – sia ecclesiali che politiche.
È chiaro che parlo per me in queste riflessioni. Di fronte a tante diversità – la tua, gli altri preti, la o le donne, i giovani, gli stranieri, i diversi ecc. – sento tutta la mia rigidità di giudizio, l’istinto di difesa, il tentativo di tutto ricondurre ad una sana – la mia – normalità.
Anche tu hai sognato e combattuto per ricondurre l’esistenza di molti ad un “unum” … ma quest’unum non era un dato intellettuale della tua testa, lo ritrovavi nella condizione di vita dei poveri e dei barboni … li volevi accolti in vite, in ambiti civili ed ecclesiali più consoni alla loro esistenza quotidiana … ma le vite di molti uomini ed ecclesiastici sono protese nella ricerca di senso ad altre latitudini…
Emilio, io so che tu invidiavi la nostra vita di comunità – credo che la vedevi e sentivi come un elemento sano nelle nostre vite – forse volevi dirci che in una famiglia, comunità sana e libera c’è meno spazio per forme narcisistiche di vita e più possibilità per l’attenzione e la condi-visione con gli altri.
Forse le poche cose che ho scritto erano meno tue e più domande mie – la tua vita ed amicizia però me le hanno richiamate – cercherò di non dimenticarle.
Ciao, Emilio!