Condizioni di lavoro


Fase precedente

 
Lavoro per 5 anni in conceria (‘76-’81): prima esperienza di lavoro, di impegno politico e sindacale.
Per successive crisi aziendali la conceria viene smembrata in tre laboratori separati; praticamente finisce ogni possibilità di impegno sindacale.
Nel frattempo con un gruppo di persone pensiamo e progettiamo una cooperativa di lavoro e di solidarietà.
Nell’ottobre ‘81 mi licenzio dalla conceria ed entro in cooperativa (questa cooperativa prevede nel suo statuto vari sbocchi operativi: pulizie a livello privato e a livello industriale, lavori di manutenzione edile, manutenzione in campo elettrico, giardinaggio, ecc.).
lo e un giovane del paese entriamo per le manutenzioni edili.
Nel volger di due anni la cooperativa viene meno; io con l’altro socio però continuiamo il lavoro, ci costituiamo come “società di fatto” e diventiamo artigiani.
Ci leghiamo per rapporti di lavoro con un consorzio di artigiani, pur conservando la nostra autonomia.
Iniziano così quattro anni di lavoro simpatico, creativo, totalmente autogestito, alle volte pesante, ma con molti aspetti di gratificazione non solo sul piano professionale, ma anche nel rapporto con le persone per le quali lavoriamo.
Nell’esperienza dell’artigiano però esiste un nodo: centrale e quasi assoluta diventa l’esperienza del lavoro, della professionalità. Il lavoro (nella sua fase di progettazione, nello svolgersi, nei rapporti economici e amministrativi) diventa totalizzante. L’artigiano vive e parla continuamente del suo lavoro; non gli resta spazio per altre attività.
Né io, né il mio socio però accettiamo questa logica ed un po’ alla volta il nostro essere artigiani diventa motivo di tensione.
Il colpo di grazia giunge nell’87: per 5 mesi lavoriamo nella ristrutturazione di un gruppo di case abbandonate in montagna. Il lavoro è superiore alle nostre forze; abbiamo poco appoggio tecnico da parte dell’architetto, dato che il lavoro è in un luogo isolato e di difficile accesso. Aumentano preoccupazioni e tensioni. Decidiamo: con luglio terminiamo lo stralcio di lavoro previsto e chiudiamo l’esperienza. Non faccio più il muratore (e mi dispiace); non faccio più l’artigiano (e sono contento).
 

Fase attuale

 
Trascorro due mesi beato sistemando la casa in cui abitiamo io e Gigi. Nel frattempo ho preso contatto con una cooperativa di un paese vicino che raccoglie indumenti e li lavora: cernita, taglio e diversificazione del pezzame per industrie, carrozzerie, tipografie e rivenditori.
Così dal 2 novembre ‘87 inizio il lavoro nella cooperativa “La strada”: molta precarietà, discreti conti in rosso, ma anche progetti di solidarietà verso persone in difficoltà.
Benché siano molte le difficoltà che incontrano le cooperative di autogestione, intravvedo delle prospettive interessanti sia sul piano del lavoro, come sul versante sociale ed ecologico.
Siamo già collegati con i gruppi che a Verona si adoperano per la difesa dell’ambiente; noi dovremmo diventare il braccio operativo per la raccolta differenziata dei rifiuti e per progetti di riciclaggio; il tutto è attualmente in fase di definizione e di concordato con il comune di Verona.
E’ un settore di lavoro molto interessante; ti costringe a qualificare la tua attività lavorativa e ti inserisce sempre più nella realtà sociale (scuole, quartieri ecc.) per programmi di informazione ed educazione delle persone.
Pur lavorando in un settore per molti versi considerato marginale, io percepisco che anche a livello personale sono sollecitato a riscoprire una qualità del vivere e del progettare che è per me assolutamente nuova e stimolante.
 

Concludo

 
Quando mi sono licenziato dalla conceria ed ho cambiato lavoro, i miei compagni mi hanno detto: “sasso che rugola non fa marogna”…
Forse ho cambiato troppi lavori… forse c’è un po’ di incostanza… ho però cercato di tener fede sempre a piccole cose: voglio vivere come la maggioranza degli uomini e delle donne, vivendo cioè del mio lavoro… voglio essere libero, voglio spazi di gratuità dove inserire il poco di ministero che faccio, voglio condividere con altri credenti senza sentirmi maestro un cammino di ricerca sulla fede, voglio celebrare con loro la festa, le gioie ed i dolori che la vita porta con sè e che nella ricerca di fede ho imparato a riconoscere come doni di Dio.

Corrado Brutti


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