Voci dai Coordinamenti


 

«Come è possibile dire Dio oggi e come il nostro vissuto di PO ci permette di nominarlo. Quale mediazione mettiamo in atto. Quale spiritualità emerge».
Questa è l’ipotesi di ricerca che come PO della Lombardia stiamo portando avanti dal settembre 1989.
Dopo la fase di recupero, fatta attraverso la comunicazione scritta di 17 POL sulla base di una griglia di domande precedentemente stabilita, in questo momento stiamo portando avanti l’impegno a rielaborare collettivamente le testimonianze scambiate per riuscire ad evidenziare meglio, dopo l’inserimento nel lavoro operaio con le scelte concrete di vita e di prassi quotidiana che ne sono derivate, il processo di cambiamento e il perché di questo cambiamento nei tre poli individuati come autonomi (non separati), che di solito esprimiamo con tre domande:

1. quale figura di prete, di evangelizzatore
2. quale immagine di Dio, quale modello di Chiesa
3. quale prassi politica
emergono dal nostro inserimento / condivisione della condizione operaia di fabbrica.

Il tutto per arrivare a definire meglio una risposta collettiva all’ipotesi della ricerca, pur nel rispetto delle diverse tipologie esistenti tra i PO della Lombardia.
Attualmente siamo riusciti ad elaborare in modo collettivo le testimonianze solo attorno alla prima serie di domande. Ecco alcuni flash tratti dal documento:

«La motivazione fondamentale che permette all’io fenomenico (cioè il soggetto stesso) di agire per un prete tradizionale si riduce al dovere di portare le anime a Dio e di fare in maniera che le persone abbiano un rapporto con Dio che permetta loro di accettare la vita e le sue condizioni sociali come sua volontà, senza lasciarsi abbattere dalle difficoltà. Il metro per giudicare l’appartenenza alla religione cristiana è la frequenza al culto religioso. Il resto della vita è come una parte separata e di minore importanza e di cui ci si deve occupare perché in qualche modo inevitabile.
La realtà superiore a tutto è la vita spirituale.

Le motivazioni invece che spingono l’io fenomenico del POL sono in tutt’altra direzione. La prima e più importante è nella condivisione della vita dei lavoratori dipendenti, nell’assunzione della loro cultura, storia e obbiettivi, nell’impegno con le loro organizzazioni… di una reale inculturazione perciò e non solo di una presenza finalizzata ad obbiettivi.
All’interno di questo processo che investe sia la realtà del proprio lavoro che quella ecclesiale, un comune punto di vista e di riferimento del POL è la dimensione collettiva tipica della condizione operaia, dimensione che in quanto antitetica con la visione di cristianità ancora presente in larga misura nelle realtà ecclesiali tradizionali, radicalizza la distanza tra prete tradizionale e POL sul tema centrale del rapporto tra trascendenza e storia».

«L’interesse della vita del POL è legata agli avvenimenti concreti, alla situazione reale.
Diventano importanti le condizioni di vita, di lavoro, di famiglia di ciascuna persona e dei collettivi, perché è all’interno di queste situazioni che potrà esplodere l’esperienza di fede.
Nessuno di noi si sente missionario nel senso di portare le persone ad aderire a una visione della vita, ma nel senso di creare le condizioni di dialogo, di riflessione, di vita perché ciascuno sempre più profondamente prenda coscienza della sua vita e del senso della vita che sta conducendo.
Questa nuova impostazione obbliga ciascuno di noi a non essere al di sopra delle parti nei conflitti sociali, ma a prenderne parte attivamente sapendo che non si può essere neutrali, e che la condizione di vita ci colloca inesorabilmente da una parte o dall’altra».

«A livello di fede la condizione di lavoro dipendente ha fatto superare al POL una fede farisaica, legalista… per una fede più nuda e povera; libera dalla religione della paura, dal potere ecclesiastico, dalla schiavitù della legge e del tempio… Ha fatto prendere loro coscienza che non debbono portare una salvezza precostituita, ma che Dio vuole bene all’uomo e che la cosa più importante è cogliere come Dio ama e salva gli uomini.
Ha insegnato loro a cercare di far scaturire dalle vicende umane ciò che di “mistico” vi è mescolato dentro; a dare tempo per incontrare e riconoscere l’autorivelazione di Dio (crocefisso, creatore, liberatore…) nelle concrete situazioni di vita e nelle mediazioni politiche nelle quali siamo coinvolti. Ha fatto ritrovare loro una spiritualità (modalità di vivere la fede e la preghiera) che coniuga l’impegno con momenti di ascolto, silenzio, contemplazione dello Spirito presente nelle loro inquietudini e ricerche e in quelle dei loro compagni».

«A livello ecclesiale il POL è impegnato in una ricerca della presenza di Dio che si rivela nella vita e nella storia, ricerca attraverso l’analisi anche politica dei fatti e il loro confronto con la Parola di Dio. Questa ricerca viene fatta dal punto di vista dello sfruttamento e con l’ottica dei vinti.
Una ricerca di povertà non come dimensione etica (per salvarsi l’anima), ma come condizione necessaria per manifestare l’amore di Dio per gli uomini a partire dai poveri, e come disciplina di vita.
Una ricerca comunitaria che permetta di vivere con una Comunità Cristiana, credere, pregare, celebrare l’Eucarestia, lottare.
I POL tentano di reinventare il modo di essere preti dopo essere diventati un po più uomini e credenti».

Il gruppo dei
PRETIOPERAI LOMBARDI


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