CHIESA DI TUTTI, CHIESA DEI POVERI
Terzo convegno / Roma, 9 maggio 2015


 

A 50 anni dalla Gaudium et Spes

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Intervento preparato per il terzo convegno “Chiesa di tutti chiesa dei poveri”, tenuto a Roma il 9 maggio 2015 da molte associazioni e riviste – tra cui Pretioperai. Mi era stato chiesto di soffermarmi sui temi del Giubileo e della Misericordia.

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In questi ultimi tre anni noi PO, nei nostri convegni annuali, abbiamo fatto un percorso simile a Chiesa di tutti Chiesa dei poveri, traendo ispirazione dalla Dei Verbum, Gaudium et Spes e Lumen gentium, in quest’ordine. Lo scorso anno, prendendo lo spunto dal salmo 37 ci siamo riuniti sotto il titolo “Abita la terra e vivi con fede. Rileggiamo oggi la Gaudium et Spes”. Il tema di quest’anno lo abbiamo così titolato: “In questo mondo a rischio: quale Chiesa?”. Ci domandiamo “Quale Chiesa?” a partire dalla drammatica situazione del nostro presente storico.

Il nostro mondo è a rischio, un rischio che non dipende dal fato, ma proprio dalle azioni umane che con il potere tecnologico a disposizione sono in grado di sconvolgere gli equilibri sui quali si regge la terra che ci ospita, e anche di far esplodere le disuguaglianze assurde, sempre più sfacciate. Come dice Ulrich Beck, sociologo tedesco recentemente scomparso: “Il contrasto – si potrebbe anche dire lo scontro – fra le crescenti aspettative globali di uguaglianza (diritti umani) e le crescenti disuguaglianze tanto globali quanto nazionali, accompagnate dalle conseguenze radicalmente disuguali del mutamento climatico da un lato, e dall’altro del consumo delle risorse, potrà ben presto spazzar via tutta l’impalcatura di premesse sulla disuguaglianza chiusa nei confini dello Stato nazionale, così come l’uragano Katrina ha spazzato via le case dei poveri di New Orleans”.

Edgdar Morin scriveva recentemente “Negli anni novanta s’impose in me l’idea che il vascello spaziale Terra, spinto da quattro motori incontrollati – la scienza, la tecnica, l’economia, il profitto – è trascinato verso molto probabili catastrofi a catena – laddove comunque il probabile non significa ineluttabile e non esclude la possibilità di un cambiamento di rotta”.

Ecco, noi dobbiamo agire sviluppando le possibilità di cambiare, nel senso della abitabilità del pianeta e un’abitabilità per tutti.

Il rapporto che la Chiesa deve avere con questo mondo e i suoi destini non le è estrinseco perché essa stessa è parte di questo mondo. Il suo essere è in funzione di un agire positivo volto all’umanizzazione e quindi alla salvezza storica dell’umanità.

 

E’ da questo punto di vista che intendo proporre qualche riflessione sul Giubileo straordinario della misericordia. E lo faccio a partire dal suo radicamento biblico indicandovi tre testi importanti e tra loro coordinati:

1) Lv 25, 8-12 (2). La sostanza del giubileo ebraico è costituita dal triplice comandamento: il riposo della terra, quindi la sospensione del lavoro su di essa, rimettere in libertà gli schiavi, restituzione delle case e dei terreni alienati in ragione della povertà. In sostanza impedire il latifondo, la concentrazione delle ricchezze allora disponibili.

2) Il secondo testo è di Is 61 1-2 “Lo spirito del Signore Dio è su di me, perché il Signore mi ha consacrato con l’unzione; mi ha mandato a portare il lieto annuncio ai miseri, a fasciare le piaghe dei cuori spezzati, a proclamare la libertà degli schiavi, la scarcerazione dei prigionieri, a promulgare l’anno di grazia del Signore, il giorno di vendetta del nostro Dio, per consolare tutti gli afflitti…”

3) Lc 4, 16-22 (3) Gesù legge lo stesso testo di Isaia, togliendo il riferimento della vendetta di Dio e aggiungendo “Oggi si è adempiuta questa scrittura che voi avete udita con i vostri orecchi”. Questa dichiarazione collocata all’inizio della vita pubblica di Gesù nella sinagoga di Nazareth rappresenta il manifesto della sua attività messianica,

 

Nei tre testi considerati c’è una parola che ricorre àphesis (versione dei settanta dall’ebraico deror) tradotto dalla vulgata con re-missio in Levitico (remissionem cunctis habitatoribus terrae tuae Lv 25,10). Per Isaia, invece, la parola latina utilizzata è indulgentia (praedicarem captivis indulgentiam) termine che mette in luce la disposizione soggettiva di chi la promuove. Nel testo di Luca àphesis ricorre due volte, tradotto dalla vulgata ancora con remissio (praedicare captivis remissionem et caecis visum dimittere confractos in remissionem, praedicare annum Domini acceptum et diem retributionis).

La categoria della remissio è il filo che unisce il giubileo ebraico e cristiano e Gesù è il soggetto che l’annuncia e l’instaura attraverso il suo dire e il suo agire, cioè attraverso la sua prassi messianica. Prassi che rimane doverosa per la Chiesa.

“Per quante siano diverse le accezioni della remissio nei testi sopra citati, esse rimandano allo stesso orizzonte semantico che può essere definito come contestazione del possesso e dello scambio e instaurazione della misericordia e della grazia. Il giubileo – sia quello ebraico che quello cristiano – introduce nella logica umana, che è la logica del determinismo – la logica divina che è la logica dell’evento e della grazia dove l’orizzonte escatologico, cioè ultimo, non è più il possedere, ma il donare, non condannare, ma l’accogliere e perdonare…

Il termine remissio… vuol dire «ri-messa», «ri-collocamento», «ri-costituzione», «re-integrazione» di una cosa o di un soggetto nella sua situazione originaria. Si tratta di un’accezione simbolica, dove non viene ancora precisato chi e che cosa viene «rimesso» o «ricollocato» al «posto giusto»: se «la terra», che viene riconsegnata a Dio come suo legittimo proprietario, riconoscendone il diritto al riposo (Shabbat) di un anno; se lo «schiavo», al quale viene riconsegnata la libertà; se «i debiti», i quali vengono condonati, o se «i peccati» i quali vengono perdonati. Possiamo affermare che la remissio o àphesis è la ricollocazione dell’umano nella sua situazione originaria che è la gratuità o grazia” (De Sante).

A me sembra che qui venga indicata una direzione e pure il fondamento di azione per un tempo segnato dal Ritorno delle le grandi piaghe per citare il titolo di un quaderno di Concilium pubblicato alla fine del millennio scorso.

 

Credo che oggi se si vuol parlare seriamente di giubileo, rifiutando la scissione tra spirituale e materiale non si possa prescindere dalla prima sfida che papa Francesco descrive nella sua Esortazione Evangelii Gaudium (52-60) che consiste nel dire no a un’economia dell’esclusione e dell’inequità, perché questa è un’economia che uccide, è un’economia omicida. E’ la dittatura di un’economia senza volto e priva di uno scopo veramente umano che ha tutti i connotati dell’idolatria.

Nell’AT due erano i peccati che suscitavano l’indignazione divina: l’idolatria che seduce e cattura i cuori svuotandoli di ogni etica e la seconda colpa era l’ingiustizia, cioè l’indifferenza o addirittura la violenza contro il prossimo, che magari pretende di nascondersi dietro il culto. Certo, la misericordia – la misericordia di Dio – non potrà mai essere intesa come uno sconto a un sistema di sfruttamento che opprime le categorie più povere, rappresentate nell’AT nelle figure dai forestieri, dagli orfani e dalle vedove. Scrive il card Kasper: “il messaggio anticotestamentario della misericordia non è solo un messaggio puramente spirituale, ma è un messaggio di vita e possiede così un’intrinseca ed essenziale dimensione concreta e sociale”.

 

Ora fermiamoci a riflettere su Misericordia.
Il tema è stato lanciato da Giovanni XXIII nel discorso di inaugurazione del Vaticano II: “la Chiesa si è” sempre “opposta” agli errori, “spesso li ha anche condannati con la massima severità. Ora tuttavia la sposa di Cristo preferisce usare la medicina della misericordia piuttosto che della severità”.

In realtà si trattava di far emergere un tema che è centrale per la rivelazione biblica, “un tema imperdonabilmente trascurato” (Kasper). Nei manuali sui quali siamo stati formati, la misericordia ha occupato un posto assolutamente marginale. Ne ha sofferto terribilmente l’immagine di Dio che nutriva la pastorale. “Pastoralmente fu una catastrofe“ (Kasper).

La misericordia è un concetto teologico centrale dell’intera Bibbia e influenza come pochi altri l’etica biblica.
Nell’AT i concetti di hesedh (amore, favore, grazia, bontà, benevolenza e misericordia) e rehem/rahamin (grembo materno, viscere, pietà) sono centrali.

Pensate al salmo 136 che col 135 la tradizione ebraica ha unito per costituire il cosiddetto Grande Hallel la solenne lode pasquale. Nel nostro salmo troviamo gli articoli del «credo» d’Israele: creazione, liberazione dall’Egitto, cammino nel deserto, dono della terra. E’ un inno litanico: un singolo guida la preghiera e il popolo risponde: “perché il suo amore (hesedh) è per sempre”. E’ come una eco alla rivelazione dell’Esodo: “Io sono colui che è presente” che vuol dire il suo esserci ora e in futuro. In linea con l’interpretazione del misterioso tetragramma YHWH che Martin Buber e Franz Rosenzweig traducono: “Io sarò qui come colui che sarò qui”.

“Eterno è suo amore per sempre” è la confessione della sua assoluta trascendenza che previene la creazione e attraversa tutta la storia della salvezza e nello stesso tempo esprime la fiducia che mai Dio si disinteresserà del suo popolo.

“L’essere di Dio è l’essere per il suo popolo, l’essere di Dio come proesistenza è il mistero mirabile della sua essenza. Su di ciò Israele può incondizionatamente confidare nella propria fede” (Wilkens)

Il salmo 136 chiude confessando l’apertura universale del suo hesedh a ogni vivente:
“Egli dà il cibo a ogni vivente, perché il suo amore è per sempre”.

 

Il NT segue ampiamente la concezione veterotestamentaria, ampliandola in Gesù. Nel NT il concetto di éleos compassione, pietà, misericordia è centrale.
Basti citare Luca nel quale ricorre il verbo splaignìzomai (splàngna : viscere) per indicare il provare compassione che viene utilizzato nel racconto della vedova di Nain, nella parabola del Samaritano e in quella del padre con i due figli.

 

Concludo con una sintesi di Kasper: “La misericordia è la rivelazione della trascendenza di Dio al di sopra di tutto l’umano e al di sopra di tutto l’umanamente calcolabile. Nella sua misericordia Dio si rivela come totalmente altro e paradossalmente, nello stesso tempo, come il totalmente a noi vicino” (Kasper)

Misericordia come tema teologico, prima che ecclesiologico.
Perché non succeda di nominare il nome di Dio invano.

Roberto Fiorini


(2) “Conterai sette settimane di anni, cioè sette volte sette anni; queste sette settimane di anni faranno un periodo di quarantanove anni. Al decimo giorno del settimo mese, farai echeggiare il suono del corno; nel giorno dell’espiazione farete echeggiare il corno per tutta la terra. Dichiarerete santo il cinquantesimo anno e proclamerete la liberazione nella terra per tutti i suoi abitanti. Sarà per voi un giubileo; ognuno di voi tornerà nella sua proprietà e nella sua famiglia. Il cinquantesimo anno sarà per voi un giubileo; non farete né semina né mietitura di quanto i campi produrranno da sé, né farete la vendemmia delle vigne non potate. Poiché è un giubileo: esso sarà per voi santo; potrete però mangiare il prodotto che daranno i campi”

(3)Lo Spirito del Signore è sopra di me; per questo mi ha consacrato con l’unzione e mi ha mandato a portare ai poveri il lieto annuncio, a proclamare ai prigionieri la liberazione e ai ciechi la vista; a rimettere in libertà gli oppressi,a proclamare l’anno di grazia del Signore”.


 

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