Editoriale (3)
Il 10 giugno scorso il mio caro Piero si è addormentato dolcemente tra le braccia del “Padre” dopo una lunga malattia vissuta con esemplare accettazione della Sua volontà.
Piero se n’è andato ma non a mani vuote, con sé ha portato un grosso bagaglio di talenti, ricevuti e restituiti moltiplicati.
Era un uomo di fede vissuta nella semplicità, di poche parole ma sempre appropriate, frutto di una vita interiore profonda, libera dal sacro, di grande rispetto e amore per l’uomo sul cui volto riconosceva il volto di Dio.
La sua vita è stata un dono, un servizio ai fratelli come lui privilegiava definire l’essere umano nella condivisione, nella solidarietà, nell’ascolto con umiltà ed empatia in ogni ambito: in famiglia, da prete, da operaio, nei rapporti sociali, da semplice uomo come lui desiderava essere. Era innato in lui il bisogno di dare una mano a chiunque avesse dei problemi, con un’attenzione particolare verso gli immigrati.
Viveva con molta partecipazione la precarietà della loro vita, alle volte con interventi impegnativi e coraggiosi; se ne faceva carico permettendo loro di risolvere le complicazioni dei primi tempi di inserimento in Italia: casa, lavoro, lingua, burocrazia…
In un caso è riuscito, tramite l’associazione “Insieme”, a evitare a un giovane tunisino l’espulsione dall’Italia, adottandolo da adulto, in modo da ricevere in seguito la nazionalità italiana. Questa pratica è costata molto a Piero in energie e spese, ma lui aveva un rapporto molto distaccato dal valore dei soldi, infatti diceva sempre di voler morire povero, come è stato. I soldi, secondo lui, non sono fatti per essere capitalizzati ma per servire ai bisogni delle persone e creare una società più giusta e più equa.
Ad un certo punto le nostre vite si sono incontrate in modo imprevisto e inaspettato. Era il 1963 e Piero seguiva con molto interesse i lavori conciliari, con grandi aspettative per una Chiesa più aperta e più povera. Anch’io condividevo questi sentimenti che erano pure i valori su cui si basava la mia vita religiosa. In quel periodo stavo affrontando una scelta personale importante e quindi incontrare una persona come Piero mi sembrava provvidenziale per avere i suggerimenti di cui avevo bisogno.
È iniziato così un rapporto molto bello, vissuto come un dono di Dio, legame che ci ha fatto crescere sia dal punto di vista umano che dal punto di vista spirituale. Ci siamo voluti molto bene nella consapevolezza che Dio è ”Amore” e che chi vive nell’amore è unito a Dio e Dio è presente in lui.
Questi sentimenti ci hanno accompagnati lungo tutto il percorso del nostro cammino insieme, dandoci anche molta serenità, pur nelle grosse difficoltà incontrate. Non è stato facile vivere lontani l’uno dall’altra 150 km, in due stati diversi (Italia e Svizzera) con la clandestinità molto dura da affrontare. Io abitavo, come tutt’ora, in un piccolo paese dalla mentalità religiosa piuttosto tradizionale per cui mi sono trovata spesso in situazioni di conflitto e di dissociazione.
È comunque stato per entrambi un percorso di vita arricchente, positivo ed equilibrante affettivamente. Per l’esperienza vissuta posso affermare che la donna non è una pietra d’inciampo nella vita del prete ma una parte complementare importante anche a vantaggio del suo impegno pastorale e relazionale. Forse anche nella Chiesa la donna meriterebbe più dignità e riconoscimento.
Ora Piero non è più tra noi nel “finito”, è immerso nell’Amore infinito di Dio e il nostro amore continua perché è più forte della morte. Io faticosamente, da quasi novantenne, vado avanti con questi sentimenti che ci hanno dato forza e coraggio in tutte le difficoltà che abbiamo incontrato, con la differenza che Piero non è più con me ma è custodito nel mio cuore. Voglio chiudere con una preghiera-poesia di Ada Negri che bene riflette la dolcezza del passaggio di Piero alla vera vita senza fine:
“Fammi uguale, Signore, a quelle foglie moribonde, che vedo oggi nel sole tremar dell’olmo sul più alto ramo. Tremano, sì, ma non di paura: è tanto limpido il sole e dolce il distaccarsi dal ramo, per ricongiungersi alla terra. S’accendono alla luce ultima, cuori pronti all’offerta; e l’agonia, per esse, ha la clemenza d’una mite aurora. Fa’ ch’io mi stacchi dal più alto ramo di mia vita così, senza lamento penetrata di te come del sole”.
Non posso non esprimere ai cari amici della Comunità del Carmine di Voghera in cui Piero svolgeva il suo impegno pastorale, un grazie infinito per l’amore, la disponibilità e la generosità con la quale hanno seguito Piero nei momenti ultimi della sua malattia e per il sostegno dell’amicizia che stanno dando a me. Grazie di cuore in unione di amicizia e di preghiera.
Prati Luciana
Brè, 9 ottobre 2021